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lunedì 30 luglio 2007

The best cigarette (poesia di Billy Collins)

Da felice ex fumatore mi fa piacere tradurre questa poesia che non ha nulla di nostalgico per il fumo in quanto tale, non per il suo sapore o per l'appeal sociale, ma per il suo valore morale, curioso, che possiamo trovare ovunque se siamo sensibili come BC. Disclaimer: questa poesia non vale come scusa se mai ricominciaste a fumare...

The Best Cigarette

There are many that I miss
having sent my last one out a car window
sparking along the road one night, years ago.

The heralded one, of course:
after sex, the two glowing tips
now the lights of a single ship;
at the end of a long dinner
with more wine to come
and a smoke ring coasting into the chandelier;
or on a white beach,
holding one with fingers still wet from a swim.

How bittersweet these punctuations
of flame and gesture;
but the best were on those mornings
when I would have a little something going
in the typewriter,
the sun bright in the windows,
maybe some Berlioz on in the background.
I would go into the kitchen for coffee
and on the way back to the page,
curled in its roller,
I would light one up and feel
its dry rush mix with the dark taste of coffee.

Then I would be my own locomotive,
trailing behind me as I returned to work
little puffs of smoke,
indicators of progress,
signs of industry and thought,
the signal that told the nineteenth century
it was moving forward.
That was the best cigarette,
when I would steam into the study
full of vaporous hope
and stand there,
the big headlamp of my face
pointed down at all the words in parallel lines.

- Billy Collins


La sigaretta migliore

Ce ne sono molte che mi mancano
da quando ho gettato la mia ultima dal finestrino di un’auto
a sfavillare lungo la strada una notte, anni fa.

La più rinomata, ovviamente:
dopo il sesso, le due punte incandescenti
ora le luci di un’unica nave;
alla fine di un lungo pasto
con altro vino in arrivo
e un anello di fumo che costeggia il candeliere;
o su una bianca spiaggia,
tenendone una con le dita ancora bagnate dopo un tuffo.

Che dolceamaro quel punteggiare
fatto di fiamma e gestualità;
ma la migliore era in quelle mattinate
quando avevo qualcosina in corso
nella macchina da scrivere,
il sole luminoso alla finestra,
magari un po’ di Berlioz sullo sfondo.
Me ne andavo allora in cucina, per il caffè
e di ritorno alla pagina,
ripiegata nel rullo,
me ne accendevo una e sentivo
il suo colpo secco mischiarsi col gusto scuro del caffè.

A quel punto ero la locomotiva di me stesso,
e spargevo dietro di me, mentre tornavo al lavoro,
piccoli sbuffi di fumo,
sintomi di progresso,
segni di operosità e di pensiero,
il segnale che diceva al Diciannovesimo secolo
che stava andando avanti.
Quella era la sigaretta migliore,
quando entravo fumando nello studio
pieno di vaporosa speranza
e me ne stavo lì, in piedi,
il gran fanale del mio viso
rivolto in basso a tutte le parole in linee parallele.

Traduzione di Piero Vereni