2011/12: INFORMAZIONI PER CHI AVEVA 12 CFU E TUTTI GLI MP3 DELLE LEZIONI

domenica 13 aprile 2008

Descrizione etnografica

Spesso, al termine di un primo ciclo di lezioni, chiedo agli studenti di portarmi un breve esercizio di descrizione dal vivo che chiamiamo pomposamente "esercizio di etnografia". Poi ne prendo qualcuno e lo analizzo in classe. La cosa mi serve per rendere gli studenti un po' più consapevoli delle strategie retoriche dell'oggettività e di solito funziona. Quest'anno, Domenica Carosi, una mia studentesse dell'Università di Teramo, mi ha presentato un esercizio in cui l'oggetto descritto ero io. Ho trovato particolarmente interessante la mia oggettivazione, anche perchè non vi posso riversare alcun compiacimento narcisistico: l'oggetto "lezione universitaria" è completamente spogliato del suo contenuto semantico per essere rivoltato come un calzino-significante, tutt'altro che insignificante, mi pare.
Lo condivido anche sperando che faccia il paio con l'immagine da supersfigato che un'altra rappresentazione di me ha dato qualche tempo fa.


Descrizione etnografica del Prof. Vereni durante una lezione di antropologia culturale
12 Marzo 2008, Ore 15:44; aula 16. L’aula, con capienza massima di 280 persone, ha banchi uniti a dieci a dieci, divisi da un corridoio, e quattordici file per ogni ala. Le finestre sono coperte a tratti da tende blu. In fondo all’aula c’è una lavagna appesa al muro, ancora sporca di gesso, al di sotto della quale è posizionata una pedana con sopra una cattedra e una sedia girevole. Guardando la pedana dal corridoio che porta ai banchi si nota alla sua destra un piccolo tavolo con sopra un proiettore e alla sua sinistra una sedia e un mobile con due aperture. Al di sopra della lavagna c’è un telo che penzola da una custodia, di cui ignoro il nome, utilizzato per proiettare. Il professore, al nostro ingresso, è già seduto dietro la scrivania e legge un libro, forse è qualcosa che gli occorre per la lezione che si appresta a iniziare. Le sue cose sono disposte ordinatamente sulla scrivania: alla sua sinistra uno zainetto nero semi aperto, alla sua destra un cellulare e dei libri, di fronte a lui forse un agenda con sopra cavetto grigio e un libro che sfoglia velocemente. Noi alunni ci disponiamo sulle prime tre file di destra e di sinistra, come da richiesta del professore, i posti sono occupati in ordine sparso. A lezione si contano 19 persone, tra cui 3 ragazzi e 16 ragazze. Il professore è di media altezza, capelli corti neri brizzolati, barba rasa, corporatura esile, carnagione chiara, orecchino nella parte superiore dell’orecchio sinistro. Al polso ha un orologio con cinturino nero e il quadrante, che non riesco a vedere bene dalla mia posizione, forse rotondo. Al collo ha un laccio con un lettore MP3 blu legato e le cuffie di questo che si posano sul petto. Squilla il suo cellulare, parla per qualche minuto in modo confidenziale. Riaggancia, sfoglia velocemente un libro o forse un’agenda. Si alza, in questo modo posso osservare il suo abbigliamento che prima vedevo parzialmente a causa della cattedra. Indossa un completo giacca e pantaloni nero con sotto una camicia grigio scuro, una cravatta di colore scuro e delle scarpe nere forse in pelle. Si toglie la giacca, all’interno foderata di rosso. Si dirige alla finestra e apprezza ad alta voce il panorama. Torna di nuovo sulla pedana, inforca gli occhiali, prende tra le mani l’MP3 che gli penzola dal collo, lo attiva e comincia la lezione. Spiega velocemente qual è il programma che seguirà durante questa lezione, gesticola guardando il corridoio al di fuori della classe. Ora s’appoggia alla cattedra mentre la classe è intenta ad ascoltare le sue parole. Dalla porta, ancora aperta, si sentono le voci delle persone che sono al bar, qualcuno batte più volte una matita sul tavolo. Il professore scende dalla pedana, passeggia mentre parla, gesticolando con una mano e mettendo l’altra nella tasca dei pantaloni. Le voci provenienti dall’esterno dell’aula si fanno più insistenti, infastidiscono me e forse anche il professore che si dirige verso la porta e la chiude, mentre continua il suo discorso alzando il suo tono di voce per permetterci di ascoltarlo anche a distanza. Dopo aver chiuso la porta torna indietro, senza interrompere il discorso, toglie la mano destra dalla tasca e gesticola di nuovo, ma questa volta con entrambe le mani. Torna sulla pedana si piega sulla cattedra e sfoglia un libro; si tocca il viso. Il suo linguaggio è semplice a tratti complicato, quando usa termini specifici della materia, il tono è alto e la cadenza lenta ma decisa. Il movimento delle mani è deciso e spesso, mentre gesticola, lascia trasparire un timido sorriso che sembra esprimere di compiacimento di averci reso partecipi della sua conoscenza. Torna ad appoggiarsi alla cattedra per poi di nuovo abbandonarla e rimettere la mano destra in tasca. Questa volta con la mano sinistra tocca la fibbia di metallo della sua cinta nera. Mentre spiega le parti del libro che sta leggendo calca, con un’intonazione più marcata e lenta, le parole chiave. Indica una pagina e di nuovo nella classe si ode il voltare delle pagine, si ferma per sorseggiare dell’acqua e torna al suo discorso. Passeggia e torna a mettere la mano destra in tasca muovendo la sinistra; sarà forse mancino? Un annuncio dagli altoparlanti interrompe la lezione per chiamare il proprietario di un’auto parcheggiata male, il professore si ferma, beve dell’acqua. Chiede se la macchina è di qualcuno, ha in risposta un no. Continua la lezione. Qualcuno mastica in modo rumoroso una gomma, una ragazza scrive facendo rumore con il suo bracciale che graffia il banco, intanto il professore prende il libro tra le mani mette gli occhiali e si ferma per un attimo a far notare alla classe che è poco attenta. Richiama l’attenzione perché deve spiegare una frase “tosta”, che forse sta per poco comprensibile a una classe del primo anno di studi che non ha le conoscenze adatte in materia. Pone una domanda alla classe, dirigendosi verso la cattedra beve ancora un sorso d’acqua e tocca un’altra volta la fibbia della cinta. Scende dalla pedana avvicinandosi ai banchi e quasi trascinando i piedi. Fa qualche domanda come per fare un sondaggio, qualcuno alza timidamente la mano, scruta i visi di chi lo ascolta per cercare di capire se ciò di cui parla è chiaro. Il mio sguardo è distratto da alcune persone che passeggiano sul corridoio. Torno a occuparmi della lezione, la classe è silenziosa. Il suo modo di fare lezione è poco convenzionale, a cominciare dal modo di passeggiare tra gli alunni, per finire a modi di parlare tipicamente giovanili che forse usa per fissare meglio i concetti che espone. Pone una domanda, attende una risposta che arriva timidamente. Ho l’impressione che durante i suoi discorsi non ami essere interrotto, se non per suo volere con domande dirette. Torna a camminare e a muovere la mano destra, perché questa volta la sinistra è in tasca. Tira su le spalle sincronizzandone il movimento con quello della mano. Di nuovo una domanda, pronunciata ad alta voce. Si disseta poi fa un sospiro di soddisfazione e torna di nuovo a camminare davanti la pedana. Ora ha la mano sinistra in tasca, forse non è mancino! Tutti lo seguono con lo sguardo, si ferma e voltandosi verso la classe nota una certa stanchezza. Quindi decide di fare una pausa. Spegne l’mp3, toglie gli occhiali e passeggia in silenzio osservando la stanza.