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mercoledì 10 giugno 2009

La barca del capo e il feticismo delle merci


Per qualche settimana ha girato in radio la pubblicità di un operatore telefonico (non lo cito perché non lo ricordo, vodafon omnitel tim fanno tanta di quella pubblicità con gli stessi identici target che secondo me è un pezzo che è impossibile distinguerli). Ecco il dialogo che si sente

“Ciao direttore, hai visto la notizia su internet?”
“Certo, e ti ho già mandato una mail!”
“Ma sei già in ufficio?”
“No! Sono in barca!”
“Lavori dalla barca? Beato te!”

Giuro che non ho pensato (come invece ha fatto blimunda) che il “direttore” lo sia di qualche testata giornalistica, e pensavo più a un dirigente di qualche azienda. La battuta chiave è ovviamente l’ultima: “Lavori dalla barca? Beato te!”, una frase che mi pare sintetizzi in modo mirabile non tanto i nuovi mezzi di produzione, quanto i nuovi modi e rapporti di produzione.
Allora, lui è un subalterno che chiama il boss da casa, forse dalla strada (se fosse in ufficio non si sorprenderebbe di scoprire che il capo non è lì). Probabilmente ha un lavoro precario, un contratto a progetto, altrimenti non si sbatterebbe per essere già in pista prima ancora di arrivare in ufficio. Il capo lo snobba al punto che gli “consente” di dargli del tu, come si farebbe con un bimbetto. Se lo stimasse veramente gli darebbe del lei e lo chiamerebbe con il suo titolo (dottor Rossi, ingegner Bianchi) e almeno ricambierebbe il saluto invece di sottolineare la sua terribile efficienza di direttore.
Ora, questo sfigatissimo subalterno scopre che il capo “lavora dalla barca” e cosa fa? Non è che pensa
Guarda che mondo di merda, neppure i capi veri possono staccare mai, gli tocca starsene tutto il tempo a disposizione del lavoro, onnipresenti come un dio qualunque. Siamo proprio arrivati alla frutta se perfino chi comanda non ha più diritto all’otium. Sai che ti dico: mal comune mezzo gaudio…

No, il povero sottomesso è talmente sottomesso che non trova di meglio che invidiare questa condizione del capo, in una versione patetica del feticismo delle merci:
Ah! Se anch’io avessi quel cavolo di telefono del capo, potrei starmene in barca a lavorare, mica qui bloccato sul raccordo con l’auricolare che mi gracchia sul timpano e l’aria condizionata che non funziona!

Così, il derelitto, pur sapendo benissimo che non potrà mai permettersi la barca del capo (o forse proprio per quello), compensa la sua frustrazione aumentando la sua disponibilità, la sua reperibilità, il suo essere sempre online e contattabile e rintracciabile.
Il dramma di questa pubblicità è che è maledettamente vera: puntiamo tutti, come lemmings pronti al suicidio, verso il peggioramento della nostra vita grazie alla totale e costante rintracciabilità. “essere sempre online” è una terribile schiavitù del nostro tempo, cui ci sottoponiamo volentieri perché fa tanto figo.