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lunedì 15 giugno 2009

La versione di Piero (alias: Che palle con questi troll)


Racconto questa storia per far vedere quanto siamo lontani dalla comunicazione nonostante tutti i “mezzi di” per farla, e poi l’esempio serve anche ai miei studenti, con i quali insisto sempre sulla differenza tra autoidentificazione (quel che noi diciamo di essere) e categorizzazione esterna (quel che gli altri dicono che noi siamo).
Gianluca Nicoletti è un visionario della comunicazione che per qualche suo motivo non accetta di essere un teorico. Da un lato lo capisco, lui fa radio e ha un’attività intensa su Internet, ma a volte non sembra neppure accettare che quel che fa susciti forme di pensiero appena lontane dall’adesione incondizionata delle groupies che lo adorano.
Molto prima di altri, ha capito anni fa che la televisione stava morendo come canale privilegiato della comunicazione, si è buttato sui blog, poi su Second Life, da un anno circa ha aperto un account su Facebook che ha prodotto eventi off-line, idee, link con la sua trasmissione Melog 2.0, su Radio24. Per uno come me, che cerca di capire come funzionano i mass media, Nicoletti è un punto di riferimento imprescindibile: sta sempre all’erta, mica tutto gli riesce ma ha sempre voglia di mettersi in gioco, non dà nulla per scontato e questo gli consente di capire prima degli altri la direzione dello spirito dei tempi. Dato che però non è l’Unto del Signore, non è detto che le sue intuizioni siano sempre felici. L’ultima sua proposta si chiama Protesi vocale Perenne (PvP), un meccanismo attraverso cui è possibile registrare un messaggio via telefono e inviarlo direttamente a un archivio online, al quale possono accedere gli utenti della rete. Una specie di vocal network. Per ora il prototipo funziona solo con lui che trasmette e noi che ascoltiamo, ma l’intento (forse, ché su questo non mi pare ci sia chiarezza) potrebbe essere quello di aprirne l'uso a chiunque: chiami, dici il tuo pensiero, e quello diventa un file mp3 online, da fruire in streaming. Sempre se ho capito bene, il software che gestisce la cosa è un’applicazione di Facebook, ma esiste un stand alone incorporato nel blog di commento a tutta la faccenda, blog che si chiama GoleMxN (si legge Golem per-enne, dove Golem è il titolo della vecchia trasmissione di Nicoletti su RadioRai, per-enne significa anche “per Nicoletti”), dove potete sentire i pensieri di Nicoletti anche se non avete un account di Facebook.
Ho iniziato a seguire la cosa (come faccio con tutte le iniziative di Nicoletti) e ieri pomeriggio mi sono letto un po’ dei commenti dei suoi numerosi “amici” su Fb. Un commento di Gianluigi Colaiacomo mi è parso pertinente:

E' possibile avere un'indicizzazione automatica dei post? Per esempio facendo trascrivere automaticamente il post da un programma di riconoscimento vocale?
Dato che servirebbe solo per indicizzare, non sarebbe necessaria una grande accuratezza nella conversione da voce a testo.
In questo modo sarebbe facile ritrovare un post vecchio in base alle parole chiave che contiene. Ed eventualmente anche in base alle prime frasi che potrebbero essere fatte vedere accanto alla voce della lista.

La risposta di Nicoletti è stata perentoria:
la voce resta voce nessun tag

Al che Colaiacomo ha accondisceso:
ok, nessun tag, va bene.
non resta che buttarsi nello "stream" e seguire il flusso di coscienza.
e aspettare la protesi condivisa per mescolare i flussi. Sara' come un grosso fiume in cui si gettano gli affluenti...

A questo punto mi sono permesso di esprimere il mio parere:
A parte il tono pixellato che ricorda la voce del Golem, quel che vedo è una mappa borgesiana uno a uno. Se non si può taggare e "resta voce", ha perduto la sua connotazione "social" (o deve rimediare con il "vecchio mezzo" della scrittura, come facciamo in questi commenti). Per ora, Gianluca, se non ti posso taggare/rispondere a voce/conversare, sei diventato la Pizia, l'oracolo. Va bene, le tue provocazioni sono sempre intelligenti, c'è un sacco da pensare in quel che fai, come al solito. Al primo assaggio, mi pare la morte del social e il ritorno della magia della parola, per ora. Anche il richiamo alla "burinaggine" di Fb mi pare indicativo del progetto, chiaramente neo-elitario (non che la cosa mi scandalizzi, tutt'altro) ma forse è questo inseguire l'elite in un mezzo che d'elite non è che mi pare frustrante.

Mi ha risposto alle prime Colaiacomo:
@piero , si e no. Penso che non necessariamente si debba tornare al modello dell'oracolo. La metafora del fiume e degli affluenti che menzionavo prima, offre un'alternativa. Una partecipazione da parte degli ascoltatori all flusso principale attraverso contributi vocali da parte di tutti i possessori di protesi vocali. Con due possibili alternative: un blog proveniente da una specie di voice chat room, eventualmente moderata da un conduttore, oppure uno stream simile alla trasmissione radiofonica dove vengono sollecitati gli interventi. (…)

Per uno degli scherzi che fa Fb, non riuscivo a rispondere a questo post, e ho dovuto inviare a Colaiacomo una mail di Facebook con la mia posizione in proposito:
Gianluigi: per ora gli affluenti li vedo in secca, e se cominciasse a funzionare davvero la partecipazione, quale sarebbe la differenza tra queste conversazioni e il salotto di Marta Marzotto del venerdi sera? Flatus vocis in entrambi i casi. Per ora (ripeto, per ora, credo nella visionarietà di Gianluca, che ci ha smentito un sacco di volte e vede molto più acutamente di me, perlomeno) vedo solo il miraggio narcisista di una comunicazione "immediata", con venature oligarchico-elitarie. Oppure il delirio di mappare tutta la comunicazione orale, rendendola fruibile sulla rete. So che c'è un device che consente di scattare foto e mandarle online a intervalli regolari di tempo, uno se lo mette al collo e aggiorna il suo vlog e gli pare di essere vivo per questo motivo. Potrebbe essere il gloemXn un'espansione all'oralità di questo incubo? Basterebbe avere abbastanza batteria, e potremmo replicare sulla rete tutte le nostre conversazioni, riflessioni, retropensieri e reveries da autobus. Risultato: avremmo sulla rete una copia uno a uno della comunicazione umana, non indicizzabile (ipse dixit) e quindi esattamente uguale alla conversazione “NATURALE”, con la differenza di escludere la sequenza del tempo (potrei agganciarmi ad ascoltare quel che dicevi tre settimane fa) e quindi di aumentare esponenzialmente la quantità di informazione trasferita (che non aumenta all’infinito nella vita reale solo perché lo scorrere del tempo fa piazza pulita di quel che si è appena detto). Insomma, a me pare l’ennesimo tentativo di raggiungere la lingua perfetta, la lingua della comunicazione immediata, mito fondativo della massmediologia.

Gianluigi mi ha gentilmente risposto via mail, ma intanto Nicoletti stava postando per conto suo sulle cose che andavamo dicendo io e Colaiacomo:
A me tutto questo social ha un pò rotto le palle, ma non fateci caso sono un vecchio all' antica...Non mi pare che l' ipertaggazione stia portando a risultati esaltanti, rispetto a un anno fa Facebook è diventato labirintico e affastellato. La PvP come è ora non fa testo è solo una sperimentazione tecnica dell' applicazione, l' idea che seguo è quella di un medium istantaneo e semplificato di pubblicazione. Non trovo che nulla sia più facile e immediato che parlare, la voce ce la portiamo sempre con noi, tastiere e affino sono già un' interfaccia complessa rispetto al semplice parlare.
E subito in fila:
Qui parli e sei all' istante on line, a prova di incompetente digitale totale. Non è giusto che la smanettologia sia la scienza che stabilisce la gerarchia del pensiero in rete, occorre che si ripristino scale di valori oggettivi. Una frase pronunciata rivela identità e offre profondità. Esattamente l' opposto di chi in rete simula identità e profondità con pipparolesche profondità copincollate.
Qui ha inizio una pseudo-conversazione che riporto:
IO Gianluca, dire che "nulla è più immediato che parlare" manda a puttane 2500 anni di riflessioni sul linguaggio, che tutto gli puoi dire, ma non di essere "immediato", pena la contraddizione in termini. A meno che, per colpa delle tastiere, non mi sei diventato un nostalgico dei bei tempi della nonna, quando non avevamo altro che la voce per comunicare ed eravamo tutti analfabeti. ma comunicavamo più immediatamente? Ho i miei dubbi
NICOLETTI vediamo se faccio prima a dire e pubblicare io un pensiero a voce o tu a prendere il tuo palmare digitare e spedire un post....
non giocare con le parole, immediato qui significa chiaramente che pubblico on line in minor tempo e senza bisogno di apparati complessi (non per te ma per mia nonna si)
non è da tutti un blackberry a portata di mano o cose simili...
comunque non son qui a contrastare il cyberpassatismo dei nostalgici del loro presente
IO Non gioco con le parole, credo: anzi le prendo proprio sul serio. La fantasia della comunicazione veloce come segno di "verità" della medesima ci accompagna da Meucci in giù. Chi l'ha detto che pubblicarSI coincide con il COMUNICARE? Qualunque cazzone su un reality in onda 24 ore al giorno su Sky è molto più veloce di te o di me nel pubblicare quel che pensa, ma siamo sicuri che abbia qualcosa di sensato da dire?
Senza contare i blog con la telecamera sempre on. C'era una che ha fatto furore un paio d'anni fa, centinaia di migliaia di contatti. Embe? Questa immediatezza fa di lei una comunicatrice? Mi chiedo se posso rivolgere lo stesso tipo di dubbi alla tua protesi. Ripeto, per me la differenza è tra ESSERCI in quanto ESSERE VISTO/SENTITO ed ESSERCI in quanto AVERE UN SENSO DA DIRE
NICOLETTI: la verità non è data dalla velocità, mai detto (che palle con questi troll) alla verità sull' identità ci si avvicina ascoltando una voce che rivela genere, età, latitudine cultura e reale elaborazione del pensiero. La velocità è qui sinonimo di semplicità d' interfaccia, questo io sto con altri cercando di fare qui, chi ha mai detto che chiunque possa dire qualunque cosa? Questo è il testo per un servizio non è una nuova religione.

A questo punto io ho smesso di postare, la conversazione è proseguita con un intelligente post di Colaiacomo ma io, a questo punto, mi sono dato.
Qual è questo punto? E’ che per la prima volta da quanto sono in rete (vale a dire dai primi anni Novanta, tenendo conto delle pionieristiche uscite sulle BBS di McLink) vengo etichettato come troll. Ora un Internet troll è quel notorio cagacazzi che posta completamente off-topic (voi parlate del Milan e lui attacca con il rugby) oppure usa un tono indisponente senz’altro scopo che suscitare una reazione emotiva che lo giustificherà nella sua controreazione fatta di insulti.
Quindi, dal punto di vista della mia identità, la prospettiva mia e di Nicoletti erano completamente divergenti: io mi sono posto come un acuto analista, in grado di fornire il suo contributo critico a un progetto, con l’intento di favorire l’autoconsapevolezza del progetto stesso, per migliorarne, per quanto possibile, le finalità: un po’ come un allenatore che dice al suo atleta: guarda che metti la gamba qui, stai attento a come fai il passo così che le conseguenze potrebbero essere queste. Paternalista, certo, grilloparlantesco, ma non insultante, direi. Io, quindi, mi sentivo un allenatore di Nicoletti. Che invece mi ha visto come un hooligan che si era messo a fargli casino quando lui aveva ben altro cui pensare.
Come mai Nicoletti mi dà del troll? Pensavo di postare ben al cuore del suo oggetto, visto che parlavamo proprio del senso di un programma che consente di registrare immediatamente il proprio pensiero, e io mettevo in dubbio la legittimità dell’avverbio, e di certo non avevo usato un tono irritante.
È vero che poi Nicoletti deve averci in parte ripensato, dato che ha sintetizzato i miei commenti in un post del blog, ai quali risponde con una sintesi dei suoi post, ma resta che la sua prima reazione è stata quella di vedere in me un troll, un rompiscatole. È evidente che il suo progetto non è nella fase dell’elaborazione critica e pretende un’assoluta consonanza d’intenti, e quindi, di fatto, Nicoletti non stava comunicando attraverso Facebook, ma stava semplicemente esponendo il suo pensiero. Io, che mi sono messo a interpretarlo, a commentarlo e a criticarlo (che quindi ho frainteso la sua esigenza di esprimersi come un intento comunicativo), sono stato letto a tutta prima come un’interferenza, e catalogato in quanto tale. Piuttosto interessante il fatto che il disguido tra di noi sia stato dello stesso ordine concettuale della critica che rivolgo alla sua PvP: per come è concepita non serve a comunicare ma solo a esprimersi, e per me resta abissale la distanza tra queste due attività.
Bella lezione su uno dei principi di base della comunicazione: mai comunicare con chi sembra farlo ma in realtà sta facendo altro.