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martedì 30 giugno 2009

Pre-giudizi


Bernie Madoff è stato condannato a 150 anni di galera. Ben gli sta, sembrano dire i mass media anche il Italia, e senza meno questo è il sentimento americano dichiarato con maggior convinzione. Cos’ha fatto Madoff per meritarsi di morire in galera? Ha montato un sistema di piramidi finanziarie. Le piramidi finanziarie, dal punto di vista tecnico, sono sistemi di raccolta di denaro che attirano gli investitori perché offrono un interesse notevolmente superiore ai normali tassi bancari, dato che utilizzano gli investimenti degli ultimi arrivati per pagare gli interessi dovuti ai primi. Per qualche tempo, fin quando è ancora possibile invogliare qualcuno a “investire” i suoi soldi nella piramide, il sistema sembra funzionare, ma arriva sempre un punto fisico di collasso, al limite quando non ci sono più gonzi da circuire con i cui soldi pagare gli interessi di chi ha investito prima di loro. Dal punto di vista tecnico-finanziario, una piramide è facilmente riconoscibile (paga gli interessi dei vecchi creditori non con gli interessi sui debitori, ma con il capitale dei nuovi creditori) e quindi resta un mistero (più politico che finanziario) su come Madoff abbia potuto agire indisturbato per trent’anni, ma il mio punto è un altro e, visto che faccio l’antropologo, è un punto comparativo.
Nella primavera del 1997 scoppiò una bolla di piramidi finanziarie in Albania, che scatenò la cosiddetta “guerra civile” e un’ondata migratoria verso l’Italia di circa 12mila albanesi. Come forse qualcuno ricorderà, il terrore per l’invasione (ripeto: 12mila persone) si spense il 28 marzo, quando una corvetta militare italiana mandò a picco la nave albanese Kater I Rades uccidendo almeno una sessantina di albanesi. Non voglio neppure ricordare che giusto il giorno primo la parlamentare e già presidente della Camera Irene Pivetti aveva pronunciato la profetica frase “Buttateli a mare!”, dato che qui mi interessa far notare il diverso stile di descrizione della notizia da parte della stampa italiana. Nessuno, in questi giorni, ha detto una parola sulla dabbenaggine dei milioni di americani che si sono fatti fottere oltre 13 miliardi di dollari dalle piramidi di Madoff, nessuno di noi ha pensato a loro come dei gonzi da sbeffeggiare.
Bene, nel 1997, la prima reazione dei giornali italiani al crollo delle piramidi albanesi fu il dileggio, come posso dimostrare citando un passo dal mio Identità catodiche:
Quando l’interesse cresce, predomina un’immagine degli albanesi come “popolo folclorico”: “…noi andammo all’attacco di quello che, allora, veniva definito ‘il nobile popolo schipetaro’. C’era un re che si chiamava Zogu e che aveva sposato una contessina ungherese di nome Geraldine: un bel soggetto per un musical (…) Vittorio Emanuele III diventò sovrano anche di quelle serene popolazioni dedite alla pastorizia e che hanno dato al mondo Madre Teresa di Calcutta e Anna Oxa da Bari”, Corriere della Sera, Biagi, 5/3. Biagi ribadirà quest’icona tra l’agreste e il comico pochi giorni dopo: “Quando stoltamente andammo ad occupare quel povero Paese (…) trovammo un mondo arretrato e primitivo, una reggia da operetta e attorno brava gente che custodiva greggi o buttava reti”, Corriere della Sera, 18/3. Normale, viste le premesse, che quelli truffati siano descritti come “…gente che aveva creduto a un sogno: la moltiplicazione della ricchezza attraverso lo scambio di carta; parossistica rappresentazione di un capitalismo da film di Frank Capra”, Corriere della Sera, Cingolani, 2/3. Nessuno nota che quel concetto di capitalismo è lo stesso che pochi anni prima aveva nutrito un meccanismo finanziario del tutto simile, e cioè il sistema dei junk-bonds, i “titoli-spazzatura” utilizzati negli anni Ottanta da squali della Borsa come Michael Millken. Si preferisce descriverli in modo lapidario: “Gli albanesi sono dei pinocchi che credono nel Paese dei Balocchi”, il Gazzettino, Sgorlon, 15/3, o li si deride con una curiosa inversione di oggetto che già sposta l’attenzione da “loro” a “noi”: “…quei gonzacchioni che si son fatti accalappiare da degli pseudo finanzieri d’assalto – non poi molto diversamente da come noi stessi negli anni Cinquanta ci lasciammo infinocchiare dai vari Virgillito and company”, il Giornale, Riva, 2/3.
La domanda che pongo è semplice: perché gli americani, che avevano mille strumenti di investimento finanziario e avevano tutta l’informazione che volevano sono solo delle povere vittime, mentre gli albanesi, che all’epoca non avevano modo di investire i risparmi né le rimesse degli emigranti se non in queste forme di economia parallela, sono stati descritti come dei poveri allocchi? Sarà mica che la stampa italiana (che rispecchia i suoi lettori) un filino di pregiudizio ce l’ha?