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mercoledì 28 ottobre 2009

Viaggio in Pakistan per capire gli italiani

Avevo voglia di scriverlo comunque, ma visto che qualcuno me l’ha chiesto esplicitamente, vorrei tornare su una questione che ho sollevato nel mio post precedente, vale a dire lo strano caso del puttaniere di destra che ottiene ancora più consensi quando si viene a sapere che è un puttaniere (per questo sono convinto che in realtà Repubblica sia di proprietà di Berlusconi) e del puttaniere di sinistra che invece si sgretola non appena gli fanno tana.
Per capire la ragione di questa divergenza di conseguenze per un comportamento in buona sostanza simile, forse è il caso di fare un po’ di antropologia comparativa. Come fanno sempre gli antropologi, faremo un giro lungo. Andiamo in Pakistan, a Nord, nella regione dello Swat, e facciamo la conoscenza con i Pathan, che in Afghanistan sono noti come Pashtun e che oggi sono nell’occhio del ciclone militare per le conseguenze del loro appoggio alla guerriglia talebana, anzi, per il fatto che è tra i Pathan che prosperano i talebani, e lo Swat è di fatto una provincia pachistana indipendente retta dai talebani. Ma non voglio parlare di questa dimensione politica recente dei Pathan (chi fosse interessato trova qui un’utile intervista sul tema). Mi importa invece tornare ai vecchi Pathan che gli antropologi hanno scoperto alla fine degli anni Cinquanta, quando Fredrik Barth scrisse una monografia sulla loro organizzazione politica. Ancora più famosi, forse, i Pathan divennero circa un decennio dopo, quando Barth comparò l’organizzazione politica dei Pathan con quella di alcuni loro vicini, i Baluch, per dimostrare che, senza che questo suscitasse un particolare scandalo, un Pathan poteva diventare Baluch nel corso della sua vita (il movimento opposto era assai più difficile, come vedremo) dando così un colpo mortale a tutte le teorie naturaliste dell’appartenenza etnica. Avvicinandomi alla domanda da cui siamo partiti, io sostengo che in Italia ci sono Pathan e Baluch, e che sempre di più sono i Pathan che diventano Baluch, e questo spiega come mai Berlusconi è sugli scudi e Marrazzo è nella polvere. Per anticipare il mio argomento, Berlusconi è percepito come un sardan, vale a dire un capo Baluch, mentre Marrazzo era visto come un khan, un capo Pathan. Ecco come stanno le cose.
I Pathan e i Baluch sono difficilmente distinguibili se uno si sofferma sui tratti “etnici” o “culturali”: entrambi i gruppi parlano sostanzialmente le stesse lingue (in un’area comunemente plurilingue), sono rigidamente patrilineari (si è parenti solo attraverso la linea maschile) e considerano loro qualità peculiari il rispetto dell’ospitalità e la protezione (vale a dire segregazione) delle donne, pratiche culturali che garantiscono il loro onore di uomini. C’è però una caratteristica che li distingue, ed è la forma dell’organizzazione politica. I Pathan si organizzano attorno ai khan, che sono dei capi considerati quasi primi tra pari, personaggi cui ci si lega in un rapporto di reciproca considerazione e senza un particolare spirito di sottomissione. Un khan può chiedere l’appoggio degli Pathan che a lui fanno riferimento, ma sa che dovrà comunque ricambiare quest’appoggio politico con una serie di favori e garanzie per i suoi accoliti, che infatti continuano a farsi vanto della loro indipendenza individuale partecipando alla jirga, l’assemblea degli uomini. I Baluch, invece, si aggregano politicamente attorno ai sardan, che sono più vicini alla figura del patrono che non a quella del principe leader. I sardan acquisiscono potere dal numero di clientes che riescono a raccogliere, e quindi sono ben disposti ad acquisire nuovi arrivi, mentre un kahn Pathan, proprio perché sa che il suo entourage è molto oneroso in termini di richieste da soddisfare e piuttosto riottoso, tende a restringere il più possibile il numero di coloro con cui si allea. Come conseguenza, un Pathan che abbia bisogno di protezione politica e che non riesca a trovare un khan disposto ad allearsi con lui potrà rivolgersi a un sardan Baluch, entrando nella sua cerchia come cliente. Con questa semplice mossa politica, però, il Pathan cesserà di essere tale e inizierà ad essere riconosciuto come Baluch: non partecipando più alla jirga pathan, e soprattutto avendo rinunciato simbolicamente alla sua indipendenza mettendosi al servizio di un sardan, l’uomo in questione cessa ipso facto di essere considerato Pathan, e diventa Baluch.
Bene, sono sempre più convinto che, al di là dell’opposizione tra destra e sinistra, quel che ha dominato la politica italiana nel secondo dopoguerra e in modo determinante negli ultimi quindici anni è stata proprio l’opposizione tra il partito Pathan e il partito Baluch. Da un lato uomini (e donne, ovviamente) convinti che la politica sia una questione di partecipazione, dall’altro la convinzione invece che la politica sia una questione di delega. Per i Pathan nostrani quel che conta veramente è trovare un capo in grado di incarnare un’idea di libertà e dal quale ottenere una forma di organizzazione del lavoro collettivo, mentre i Baluch hanno sempre cercato qualcuno che gli risolvesse le cose, che si facesse carico dei loro problemi, che li aiutasse a non avere troppi pensieri. Se i capi di questi Pathan italiani spesso hanno peccato di orgoglio e della convinzione di “essere migliori”, i capi Baluch si caratterizzano per il loro paternalismo, per la condiscendenza con cui guardano ai difetti morali dei loro “fratelli inferiori”. Specularmente, i cittadini Pathan si aspettano dal loro capo lo stesso comportamento che pretendono da se stessi, mentre gli italiani Baluch praticano quel che io chiamo il “figliolismo”, il converso del paternalismo, per cui pretendono che il loro capo sia “più” di loro sotto tutti gli aspetti (più ricco, più potente, più bello) altrimenti verrebbe meno la sua figura di protettore paterno cui affidarsi totalmente.
Questo spiega le diverse sorti di Marrazzo e Berlusconi di fronte alla messa in scena delle loro esuberanze erotiche. Marrazzo è (anzi, era) concepito da chi l’ha votato come “uno di noi”, e “uno di noi” non va a trans, su. Invece Berlusconi è concepito dai suoi elettori come un essere di fatto superiore nel senso che abbiamo indicato, e un essere superiore, ovviamente, scopa tutte le donne che vede. Quindi, mentre il priapismo di Berlusconi ha confermato presso il suo elettorato il suo ruolo di sardan Baluch, di capo cioè in grado di prendersi cura del suo gregge, Marrazzo col trans ha messo in luce agli occhi inorriditi dell’elettorato un potere che pretende impunità (vado col trans e ci vado con la macchina blu) e questo potere senza responsabilità non si addice a un kahn Pathan, che invece deve essere “solo” uno come noi, vale a dire come noi ci rappresentiamo, quindi onesto, coerente, sempre pronto a metterci la faccia e mai incline all’inguacchio. Negando il suo ruolo presso quelli che l’avevano messo lì, Marrazzo si è giocato tutta la carriera politica.
Per provare a dire qualcosa di più generale da questo triste apologo, mi pare evidente che negli ultimi anni c’è stato un progressivo travaso di Pathan verso i Baluch, vale a dire di italiani che hanno smesso di credere che il loro capo dovesse essere un loro pari, e che hanno iniziato ad ammirare un capo di gran lunga superiore alla loro quotidiana mediocrità, ma ho il forte sospetto che, non avendo fatto alcuna rivoluzione popolare che li abbia forgiati come tali, i cittadini del nostro paese siano sempre stati, in maggioranza, dei Baluch.
Con l’aggravante che l’agguerrita minoranza Pathan, invece di fare i conti con questo fatto squisitamente politico e di approntare le mosse culturali che potrebbero un giorno farla diventare maggioranza, ha preso da diverso tempo ad accusare i Baluch del loro paese di non essere “veramente” italiani, di essere insomma qualcosa di cui un vero italiano (che non può che essere un Pathan, in quest’ottica) non può che vergognarsi e non può che rifuggire.
La triste morale di questa storia è che il paese reale (che è uno spazio geografico dove legittimamente convivono Pathan e Baluch) è quindi fratturato tra una maggioranza che accetta serenamente che la politica sia delegare al capo-padre le questioni importanti (tanto ci penserà lui, finalmente) e un’amareggiata minoranza che accusa la maggioranza di non far parte del paese.
Io, è appena il caso di chiarirlo, mi sento un Pathan, ma credo che i Baluch che votano il loro sardan Berlusconi siano italiani quanto me, non marziani venuti dallo spazio, o da Arcore, e vorrei che questo paese costruisse una sua fiera anima Pathan senza bisogno di demonizzare i Baluch. Viceversa, vorrei che il capo dei Baluch, ossessionato dal consenso e dai sondaggi, si rendesse conto una volta per tutte che può essere un buon capo-padre dei suoi senza per questo che i Pathan che gli si oppongono siano tutti una massa di gente in malafede: più semplicemente, si tratta di persone che hanno una concezione della politica molto diversa (e un filo più nobile, direi) della sua.