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domenica 24 dicembre 2017

Fascisti inconsapevoli (ma non per questo meno fascisti, anzi)

L’ultima trovata dei M5S, far mancare il numero legale al Senato per discutere lo ius soli, segna un punto di non ritorno nella politica del movimento. Fingere di essere post-, di non avere una linea di destra o di sinistra ma di pensare invece alla sostanza concreta dei problemi è uno schermo ideologico meschino, che si traduce inevitabilmente in politiche di destra. Non ci vuole molto a capire, vediamo se ci arrivano anche loro. Io faccio il professore, è mia responsabilità e mio compito provare a insegnare, per quanto dure siano le cervici dove cerco di trapiantare un pochino di conoscenza.
Sinistra e Destra, come prospettive politiche generali, si contrappongono per il diverso peso dato alla Giustizia Sociale, da un lato, e alle Libertà Individuali dall’altro. La Sinistra predilige la Giustizia Sociale, la Destra le Libertà Individuali. Le versioni moderate (centro-sinistra, centro-destra) prediligono il loro versante cercando di salvaguardare l’altro principio, mentre le versioni estreme prediligono il loro a discapito, o contro l’altro principio. Il fascismo è quella forma ignorante di privilegio della giustizia sociale (quindi originariamente “di sinistra”) che non si accorge del modo in cui delimita la “società” su cui si applicherebbe la Giustizia e finisce per applicare la Giustizia Sociale al “proprio popolo” contro la libertà degli Altri (popoli). In pratica, il fascismo vuole l’Eguaglianza, ma applicata non sulla contrapposizione orizzontale di “classe” (che i più poveri diventino più uguali ai più ricchi; che i più deboli abbiano giustizia e che questo li avvicini ai più potenti); bensì sulla contrapposizione verticale di “popolo”: il “mio popolo” deve essere privilegiato rispetto agli altri “popoli”. Il fascismo ha risolto questa cosa con il Nazionalismo, inventandosi un popolo italico (e poi una razza italica, sappiamo come è andata). Il M5S invece ha inventato un “popolo” contrapponendolo alla “casta” ma ha dovuto applicare comunque quel che le scienze sociali chiamano “nazionalismo metodologico”, delimitando cioè il popolo come “gli italiani perbene”. È quindi fisiologico di un movimento caratterizzato dalla mostruosa incompetenza di tutti i suoi quadri che la contrapposizione identitaria si fatta su linee culturali (italiani contro stranieri) e non sociali (poveri contro ricchi). Lo dico sempre al mio amico Francesco Tieri, musulmano italiano con pulsioni pentastellate, che non ce la farà mai a farsi cagare men che di striscio dal M5S, perché i pentastellati non riescono a pensarsi (dal profondo della loro ignoranza dei sistemi di aggregazione sociale) se non come “italiani normali, ergo stereotipici”, e mi sa che nello stereotipo di questa “italianità popolare” (una volta di chiamava qualunquismo) la religione musulmana proprio non c’è.
Insomma, il M5S (esattamente come il fascismo storico e come molte varianti dell’Anarchia) deve fare i conti con la sua incapacità di delimitare il campo di applicazione del “sociale” che accompagnerebbe la “giustizia”, e finisce per tradurre il tutto in “libertà della nazione individualmente definita”, cioè contrapposta ad Altre Nazioni.
Morale: l’ignoranza radicale dei dirigenti del movimento (che non sanno di applicare logiche politiche fasciste per pura mancanza di studio e riflessività) deve trovare una sua legittimazione nel rispecchiamento con la base: visto che noi, capi del movimento, non sappiamo nulla di quel di cui parliamo, voi, massa del movimento, siete autorizzati per sentirvi parte del movimento a parlare di qualunque cosa senza alcuna competenza. Più lo farete, e più sarete accettati come parte attiva del movimento.
Esempi perfetti di questo atteggiamento per cui “le mie opinioni” sono comunque degne di attenzione e considerazione sono alcuni ascoltatori di Radio3, (l’unica radio di servizio pubblico in  Italia) che si prendono la briga di chiamare Prima pagina per commentare, discettare, concionare. Senza avere la minima competenza per farlo. Stamattina c’era un distinto signore, che parlava un italiano del tutto dignitoso, e che si era preso la briga di fare il numero e mettersi in fila, per dire che, secondo lui, lo ius solis (sic [sic non vuol dire “mi dispiace”, cialtroni, vuol dire che ha detto “proprio così”, è latino, non è preso da Topolino], ebbene sì, ha detto almeno quattro volte ius solis, e già questo sarebbe dovuto bastare per togliergli la parola, una buona volta) non era una questione rilevante (il benaltrismo è un tipico argomento fascistoide) perché quel che conta sono gli strumenti di integrazione. Gli stranieri, dunque, secondo questo profondo pensatore di inizio del Terzo Millennio, devono essere riforniti di strumenti di integrazione sociale, come lavoro, istruzione, sanità eccetera. E citava i casi francese e britannico, per cui ci sono terze e quarte generazioni con la cittadinanza ma ridotte ai margini sociali e spinte anzi verso l’integralismo e il terrorismo da questa mancanza di integrazione.
Ora, io non so dove l’azzimato signore ha preso questa teoria, ma è evidente che, oltre a non sapere nulla di storia dell’immigrazione (per cui comparare i casi francese, britannico e italiano pensando che quel che vale per uno valga anche per gli altri, soggetti a condizioni storiche completamente diverse, è un’assurdità conoscitiva) non sa nulla neppure di logica essenziale, e non capisce che certe condizioni di esistenza possono essere necessarie per altre condizioni senza essere sufficienti. La cittadinanza non è una condizione sufficiente per l’integrazione sociale, ci vuole ben poco a dimostrarlo, e non servono le banlieu di Parigi, basta una qualunque baraccopoli (detta borgatina) di immigrati calabresi nella Roma degli anni Sessanta, o basterebbe guardare dentro i campi rom del bel paese, dove cittadini italiani (da 400 anni, come i rom abruzzesi), romeni e apolidi ex yugoslavi (vale a dire in condizioni di cittadinanza completamente diverse) subiscono le stesse identiche discriminazioni.
La cittadinanza, dunque, non è sufficiente per l’integrazione. E grazie al cavolo. Chi ha mai detto l’opposto non si sa. Ma la cittadinanza è una condizione necessaria pe l’integrazione, vale a dire che se ce l’hai non è detto che ti integri (vedi i terroristi delle periferie metropolitane inglesi e belghe) ma se non ce l’hai è sicuro che non ti integri. Guardatevi la composizione dei consigli municipali di una città come Londra, dove in alcuni quartieri i cittadini di (più o meno lontana) origine straniera ma passaporto UK costituiscono la larghissima maggioranza dei consiglieri municipali e dei cittadini attivi nella gestione della cosa pubblica. Avete presente che il sindaco di Londra Sadiq Khan è di origini pachistane? Bene, quando avremo un sindaco di Roma di origini romene allora mi berrò pure io la favola che “l’integrazione si fa altrimenti”.
Per ora, vi prego, voi che non sapete nulla di nulla di immigrazione, voi che non ha avete idea di quali siano i principi storici della cittadinanza, non parlate, state zitti, mettetevi un poco a studiare. Io sono sempre disponibile per ripetizioni (gratuite), consulenze, discussioni, tavole rotonde, quel che volete. Ricordatevi che insegno ogni semestre e le lezioni universitarie sono pubbliche e libere (si pagano le tasse universitarie solo per fare gli esami). Le mie lezioni sono tutte disponibili online da molti anni. Fatevi intaccare dalla cultura, vedrete che fa bene e smetterete di dire bestialità pretendendo di ottenere rispetto. Io vi rispetto come persone, ma le vostre opinioni mi fanno vomitare. Uno NON vale uno, c’è chi ne sa di più, e ha più voce in capitolo, e chi ne sa di meno, che deve essere abbastanza umile da scegliere una delle due strade possibili: accettare l’opinione di chi ne sa di più; oppure mettersi a studiare (sul serio, però!) e crearsi un proprio punto di vista.

So bene che tanti amici, conoscenti, studenti e contatti votano M5S convinti e compatti. E ho già raccontato di aver votato Raggi al ballottaggio romano per stroncare le velleità di quella vergogna cittadina detta “PD commissariato”. Ma è arrivato il momento di dichiararsi, qui non c’è spazio per il compromesso. Il compromesso si fa tra idee diverse, non tra il dato di fatto reale (ci sono centinaia di italiani di fatto che aspettano di veder riconosciuta questa banalità) e il vuoto penumatico di un’ideologia talmente tronfia da non accorgersi neppure di essere tale, una ideologia mostruosa perché fondata sull’ignoranza. Da oggi i tratterò i sostenitori del M5S come ho sempre trattato i fascisti e i leghisti: nemici politici schiavi della loro ignoranza più che malvagità, verso cui mi sento responsabile lavorando per una loro conversione alla conoscenza. Chiamatemi paternalista, chiamatemi professorino, chiamatemi come vi pare, ma le vostre Opinioni ignoranti saranno sempre più l’oggetto della critica delle mie Ragioni competenti.