Ho insegnato a Venezia, Lubiana, Roma, Napoli, Firenze, Cosenza e Teramo. Sono stato research assistant alla Queen's University of Belfast e prima ho vissuto per due anni in Grecia, per il mio dottorato. Ora insegno a Tor Vergata e nel campus romano del Trinity College di Hartford (CT). Penso che le scienze sociali servano a darci una mano, gli uni con gli altri, ad affrontare questa cosa complicata, tanto meravigliosa quanto terribile, che chiamano vita.
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martedì 21 novembre 2006
Ribadire il concetto
Ho postato stamattina sulla "necessità di Israele". Sono stato profetico. Non avevo ancora letto il pezzo di Renato Mannheimer sul Corriere di oggi. Secondo il sondaggio, pubblicato a pagina 16, 8 italiani su cento (che diventano 12 se si collocano a sinistra) concordano su questa frase "Sarebbe meglio che lo Stato di Israele non esistesse così i palestinesi avrebbero la loro terra e non ci sarebbero più problemi". Messa così, saremmo ancora nel campo delle opinioni. Ma è il grafico a torta che gli sta a fianco che cambia il senso di questo accordo. Solo un italiano su tre sa che il protettorato inglese venne diviso tra Israele e Palestina nel 48 e che la creazione dei due stati non fu accettata dalla coalizione dei paesi arabi che scatenarono la guerra contro Israele. 41 italiani su cento "non sanno" quel che successe. 18 sono convinti che i palestinesi fondarono uno stato che fu poi occupato dagli Israeliani (la prima occupazione è invece del 67) e 8 credono che gli arabi abbiano accettato la divisione nel 48, ma furono cacciati a forza da Israele. E poi mi vengono a dire che non c'è una correlazione tra antisionismo e antisemitismo. E' un classico caso di informazione stile british: i fatti (di cui non si sa nulla) rigorosamente separati dalle opinioni (fondate sulla totale ignoranza).