Ho insegnato a Venezia, Lubiana, Roma, Napoli, Firenze, Cosenza e Teramo. Sono stato research assistant alla Queen's University of Belfast e prima ho vissuto per due anni in Grecia, per il mio dottorato. Ora insegno a Tor Vergata e nel campus romano del Trinity College di Hartford (CT). Penso che le scienze sociali servano a darci una mano, gli uni con gli altri, ad affrontare questa cosa complicata, tanto meravigliosa quanto terribile, che chiamano vita.
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martedì 17 giugno 2008
Vacanza e nostalgia
A metà giugno finisce la radio e finisce la televisione. Si tratta di un rituale talmente assodato che neppure ci facciamo più caso, ma guardate i palinsesti e vedrete che strage di programmi si realizza nelle prime due settimane di giugno. C’è in particolar modo una categoria duramente colpita, ed è quella dei programmi “a striscia”, che occupano cioè una porzione stabile e quotidiana del palinsesto: Striscia la notizia, Affari tuoi, Viva Radio 2, Condor, Caterpillar e dozzine di altri titoli sono andati “in vacanza” alla fine della settimana scorsa o al termine di quella precedente. È vero che il secondo periodo di garanzia si è completato, ma questo non basta a giustificare una scelta che di fatto non ha equivalenti nel mondo del lavoro, e che trova l’unico vero corrispondente nella scuola. A metà giugno, cioè, i conduttori di questi programmi vanno “in vacanza”, e torneranno in video o in audio più o meno fra tre mesi, attorno a metà settembre (l’unica eccezione è il Fiorello di Viva Radio 2, che può imporre i tempi che vuole, e quest’anno “ha fatto sega” fino a febbraio).
Non c’è alcuna ragione intrinseca per questa periodizzazione del palinsesto, dato che i fruitori dei programmi radiofonici e televisivi continuano ancora per diverse settimane a fare la vita di sempre, fatta di lavoro, di ingorghi nel traffico, di spese al supermercato e di ritorni a casa. Le audience di I fatti vostri o di Caterpillar non muterebbero sostanzialmente tranne che per le prime due settimane di agosto, periodo in cui la concentrazione dei villeggianti è tale da modificare sensibilmente il quadro degli utenti radiotelevisivi. La prova che non vi sarebbe alcuna necessità di interrompere molti programmi ai primi di giugno è offerta dal fatto che poi quei programmi vengono rimpiazzati da cloni perfettamente identici (come il caso di Aria condizionata, che sostituisce durante l’estate Caterpillar ma con un formato identico fin nell’intonazione delle voci dei conduttori).
Allora, perché si celebra regolarmente, ogni giugno, il rito del “cari spettatori/ascoltatori, andiamo in vacanza, ci sentiamo/vediamo a settembre”? Io credo che una parte della risposta si debba cercare nella forza evocativa dei mass media cui accennava una citazione di La Cecla che riportavo qualche post fa. I media, proprio perché innescano un simulacro di presenza, attivano necessariamente un atteggiamento nostalgico, la saudade per un passato che si può anche non aver mai vissuto (su questo punto, un esempio classico: pensate a una limousine che passa in bianco e nero tra due ali di folla, l’uomo seduto sul sedile di dietro saluta con la mano ma poi si accascia di colpo, tra lo sgomento della donna che gli siede a fianco: potete ora “vedere” quell’uomo, e sareste in grado di riconoscerlo molto meglio di quanto non potreste riconoscere una fotografia di un vostro bisnonno, eppure cosa avete a che fare voi con John Kennedy?).
Quand’è l’ultima volta che avete avuto tre mesi di vacanza? Io devo tornare alla terza media, perché dall’estate successiva iniziai a fare le stagioni. Tutti voi, comunque, dovete tornare al tempo della scuola, dato che anche all’università si fanno almeno esami fino a metà luglio. I conduttori che vanno in vacanza con i nostri figli o i nostri fratelli minori sono una reminiscenza di quell’epoca. Luca Sofri (Rosario Fiorello, Cirri e Solibello e cento altri) che va in vacanza ai primi di giugno mi garantisce la nostalgica illusione che quel tempo della scuola sia ancora disponibile, che per qualcuno (e allora: perché non anch’io?) l’estate in toto sia un periodo di sospensione dagli impegni, dalle routine, dai “compiti” (notare il doppio senso).
Se Carlo Conti continuasse la sua striscia quotidiana (traduzione: continuasse a lavorare tutti i giorni) fino a fine luglio e poi ricomparisse ai primi di settembre, il suo lavoro suonerebbe maledettamente “normale”, così simile al nostro. Tanto simile al punto di rischiare di essere repellente. Per questo l’effetto “vacanza estiva” colpisce soprattutto i programmi a striscia, quelli cioè in cui la presenza dei conduttori è costante come il nostro obbligo di timbrare il cartellino, e puntuale come dobbiamo essere noi quando ci presentiamo in ufficio.
La radio e la televisione vanno in vacanza per far sì che noi si continui ad andare a lavorare. Un po’ più accaldati, anche un po’ più frustrati, forse. Ma con quel filo di nostalgia per i nostri anni giovanili che ci illanguidisca al punto da non avere più la voglia di ribellarci.