Chi mi legge sa che mi appassiono poco alle campagne elettorali. Anche a quelle nostrane, figuriamoci a quelle per cui neppure posso votare, come le prossime elezioni americane. Mi irrita, in particolare il piccolo provincialismo di alcuni giornali italiani, tutti protesi a dare il loro endorsement a questo o quello, come fossero il New York Times o come se della loro opinione fregasse qualcosa a quelli che poi votano al di là delle Alpi o dell’Oceano. Mi ricordano certi bimbi secchioni delle medie, tutti preoccupati di far sapere al professore di lettere come la pensavano, tanto per fargli vedere quanto erano bravi.
Quindi, ho seguito poco e male la campagna per le presidenziali americane, ma c’è stato un episodio che mi ha dato da pensare. La settimana scorsa i due contendenti si sono ritrovati ospiti della stessa cena di beneficenza. Ognuno ha avuto modo di parlare per una decina di minuti e, prima McCain e poi Obama, si sono lanciati una serie infinita di battute fulminanti in cui prendevano in giro l’avversario e se stessi, mentre il rivale rideva veramente di gusto alle battute evidentemente scritte con molta perizia dai rispettivi staff di ghost writers. Ne hanno parlato sia Luca Sofri (in un post che ha perso il link ai video su YouTube) sia Christian Rocca (in un post che invece rimanda ai video di Fox Tv, che vi avviso sono sponsorizzati, se volete vederli).
Il confronto è stato inevitabile. Ma non tra i due candidati americani, bensì tra loro e i nostri politici. Sicuramente Obama e McCain hanno condotto una campagna – tanto per trovare una definizione originale – “senza esclusione di colpi”, eppure in quel momento era evidente che potevano ridere assieme delle loro stesse idiosincrasie. In Italia non ho mai assistito a qualcosa di simile, e non riesco neppure a immaginarmelo. Certo, ci dicono che Bossi sia un grandissimo battutista, e Berlusconi è famoso per deliziare i suoi uditori con sapide barzellette, ma la distanza stratosferica con la politica americana è che i nostri politici possono, al massimo, ridere dell’avversario, ma mai ridere assieme a lui. Siamo troppo convinti che il nostro modo di vedere/sentire/pensare sia giusto e serio, per riderci sopra, e siamo troppo inclini a pensare che l’idiozia alberghi sempre e solo nello schieramento avversario.
Non credo che l’America sia un modello perfetto, tanto meno in politica. Ma è vero che gli Americani hanno un’evidente facilità di inserire una marcia leggera quando pensano a se stessi, e questo atteggiamento è particolarmente positivo perché permette a chi lo pratica di allontanarsi un poco da se stesso, di vedersi un poco “di lato”, e quindi di essere in grado di cambiare, quando è necessario almeno per la decenza. I politici italiani (e gli elettori, che sono ovviamente uguali a loro) hanno coltivato con molta meno cura la sottile arte dell’autoironia, e purtroppo si vede.