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mercoledì 25 giugno 2025

Donne di mezza età nei cimiteri

Mi capita spesso di avere sulle labbra questo endecasillabo.

E’ l’inizio di una poesia che non ho mai scritto. Sarebbe una canzone libera leopardiana secondo me, o secondo quella parte di me a cui viene in mente spesso.

Forse un paio di volte ci ho provato, a buttare giù qualcosa di sensato, ma non ne è uscito nulla di corrispondente al mio stato d’animo quando penso o sussurro l’endecasillabo.

Credo che il primo bagliore sia stato nel cimitero di Erice, un cimitero antico, con ex-antenati antichissimi, ma anche tombe recenti, ovviamente. E attorno, indaffarate come quando c’è un ospite nel tinello e loro facevano su e giù dalla cucina con il rosolio o un caffè, ecco queste donne di mezza età.

Stanno nei cimiteri, e si prendono cura dei loro morti con i modi spicci che erroneamente a volte attribuiamo ai maschi. I maschi sono di modi bruschi (vedi La Cecla), le donne sono invece spicce, quando devono prendersi cura dei loro morti e vanno al sodo: la scopa di saggina, l’innaffiatoio, la fontana d’acqua più vicina, il lumino che dura un anno che va comprato in quel negozio e non in quell’altro (dura di meno, il lumino, e noi siamo qui solo per l’estate, al massimo arriviamo ai Morti, noi donne di mezza età nei cimiteri, poi tocca tornare nella Città a svernare).

Perché mai “di mezza età” viene da dire? Statistica, intanto: sono spesso vedove, sopravvivono ai mariti con impenitente frequenza. E poi non possono essere vecchie, perché io mi sono fatto l’idea che l’uomo diventa vecchio quando chiede insistentemente l’attaccapanni al ristorante, invece la donna diventa vecchia quando non va più al cimitero, a prendersi cura dei suoi morti con i suoi modi spicci, come rassettasse il tavolo o il banco della cucina dopo pranzo: precisione senza smancerie. Quindi, se ne deduce, ci sono donne che non sono mai di mezz’età, e quelle sono proprio le tipiche che non ci vanno mai, nei cimiteri. Sono troppo giovani, hanno altro da fare, hanno il lavoro, i fidanzati loro, qualche figlio, ma non hanno tempo per queste cosa che sarebbe pulire una tomba, cambiare l’acqua ai fiori, addirittura sistemare una piantina. E poi, d’improvviso, diventano vecchie, e cominciano ad avere male alle gambe, o hanno la pressione alta, o l’osteoporosi, e non possono più andare al cimitero. “Più”, anche se non ci sono mai andate, perché non sono mai state donne di mezza età.

Sistemano i fiori con gusto essenziale, sono minimaliste le donne di mezza età dei cimiteri e soprattutto si riconoscono perché hanno il loro giro. Hanno consolidato il loro ruolo con le tombe dei genitori, e questo le ha fatte diventare di mezza età, anche se molte di loro erano in questo senso di mezza età già da giovani, perché andavano con la mamma, o la zia, a trovare i nonni e i bisnonni. Ora che i genitori devono essere accuditi nelle loro tombe, le donne di mezza età nei cimiteri fioriscono nella loro pienezza, si muovono con inaspettata destrezza tra le scale per portare il fiore alla prozia morta da quarant’anni, e la tomba primigenia a terra del bisnonno (di loro, che sono nonne da un pezzo, pur essendo ovviamente null’altro che di mezza età).

E poi, certo, si salutano tra loro, le donne di mezza età. Si conoscono quasi tutte, e senza troppi fronzoli si raccontano e si aggiornano dei rispettivi alberi genealogici, o dell’improvviso reclutamento di una nuova tra loro. Gli uomini, come me, si mettono spesso volenterosi al servizio e portano l’acqua negli innaffiatoi, addirittura caricandosene due alla volta, uno per mano, quando l’estate è più polverosa e c’è bisogno comunque di far lustrare il marmo.

Oppure, se sono soli, gli uomini capiscono che lì, per dare un saluto alla madre, anche loro – almeno mentre passano lo straccio sul marmo e sistemano i fiori di plastica perché sembrino un poco meno finti – devono diventare, anzi, devono essere, per quel brevissimo e infinito lasso di tempo, donne di mezza età, nei cimiteri.