Lezione numero 04 registrata il 18 novembre 2024
L’impatto dell’evoluzionismo e
la nascita della disciplina
La lezione si apre con una
riflessione sull’importanza della rivoluzione darwiniana, paragonata a
quella copernicana, nel ridefinire l’autocomprensione dell’Occidente. L’opera
di Charles Darwin obbliga le scienze umane a interrogarsi sul posto
dell’uomo nella natura, e in particolare sulle "stranezze" delle
altre culture, che resistono a spiegazioni unitarie e semplificate. La
diversità culturale, specie nelle pratiche religiose, appare come un enigma che
richiede un’indagine profonda.
Due proverbi in tensione
L’antropologia, come suggeriva Alberto
Cirese, si sviluppa nel terreno interstiziale tra due modi di pensare
comuni: “tutto il mondo è paese” e “paese che vai, usanza che trovi”.
Il primo sostiene un universalismo implicito; il secondo afferma una pluralità
irriducibile. Gli antropologi si muovono tra queste polarità cercando di
comprendere se l’Altro rappresenti una semplice variazione della nostra
umanità o una frattura ontologica.
L’evoluzionismo unilineare
A partire dal paradigma
darwiniano si afferma, nella seconda metà dell’Ottocento, una prospettiva evoluzionista
unilineare, secondo cui le culture non occidentali rappresenterebbero stadi
precedenti dello sviluppo umano. Autori come James Frazer (con The
Golden Bough, 1890) e Edward B. Tylor (Primitive Culture)
leggono la religione e la magia come tappe superabili verso la scienza.
In questa visione, magia, religione e scienza sono momenti successivi
dello sviluppo umano, dalla superstizione alla razionalità.
Magia, religione e scienza
secondo Frazer
Secondo Frazer, la magia è una scienza primitiva basata su analogie e contiguità (magia simpatica), mentre la religione emerge quando si riconosce l’inefficacia della magia e ci si affida a forze superiori. La scienza moderna, infine, sostituisce entrambe fondandosi su causalità verificabili. Questo schema, benché oggi superato, ha avuto un enorme impatto sulla storia dell’antropologia.
La critica irrazionalista:
Lucien Lévy-Bruhl
La prima grande critica
all’evoluzionismo razionalista arriva da Lucien Lévy-Bruhl, che nel 1923
propone una lettura irrazionalista delle culture “primitive”. Secondo lui, la “mentalità
primitiva” viola sistematicamente i principi della logica aristotelica
(identità, non contraddizione, terzo escluso), come mostra il celebre caso dei Bororo
brasiliani che affermano: “Noi siamo arara (pappagalli rossi)”.
L’apparente contraddizione logica è in realtà una metafora radicata nella
struttura simbolica e sociale del gruppo.
Linguaggio, metafora e
relativismo cognitivo
Questa riflessione apre al
riconoscimento che la metafora è costitutiva del pensiero umano. Il
libro Metaphors We Live By di George Lakoff e Mark Johnson
mostra come il linguaggio quotidiano sia strutturalmente metaforico. L’esempio
dei Bororo non dimostra irrazionalità, ma l’uso legittimo di un linguaggio
simbolico in cui il dire è già un fare. La metafora non è una devianza dal
reale, ma un suo modo di costituirsi.
La svolta funzionalista:
Bronislaw Malinowski
Un’alternativa al razionalismo
e all’irrazionalismo viene proposta da Bronislaw Malinowski, fondatore
dell’osservazione partecipante. Secondo il suo funzionalismo,
credenze e pratiche vanno comprese nella loro funzione attuale e non
come residui del passato. Malinowski interpreta la magia come iniezione di
ottimismo, utile ad affrontare l’incertezza, e la religione come
fondamento dell’ordine cosmico e sociale, un sistema di verità
indiscutibili che legittima ruoli, gerarchie e regole.
I sistemi chiusi e aperti di
Robin Horton
Il pensiero religioso viene
interpretato anche da Robin Horton come un sistema chiuso, che
spiega il mondo attraverso un set fisso di variabili, incapace di includere
elementi nuovi. Al contrario, la scienza occidentale sarebbe un sistema
aperto, capace di integrare nuove variabili esplicative. Il famoso esempio
della barzelletta dell’elefante nel treno e il caso etnografico di Evans-Pritchard
tra gli Azande illustrano come anche le prove contrarie possano essere
riassorbite all’interno di un sistema esplicativo chiuso, come quello della
stregoneria.
L’antropologia medica e
l’efficacia simbolica
La lezione si conclude con una
riflessione sull’antropologia medica, che mostra come la malattia non
sia solo un fatto biologico, ma anche costruzione culturale. L’esempio
dell’AIDS in Camerun illustra come l’epidemia venga letta all’interno di un
conflitto tra generazioni, dove gli anziani accusano i giovani di
insubordinazione e i giovani sospettano gli anziani di stregoneria. In entrambi
i casi, le rappresentazioni culturali influenzano i comportamenti reali,
rendendo indispensabile una lettura simbolica della malattia.
Il mito e il rito come
dispositivi fondamentali
Infine, si anticipa che le cosmologie si articolano attraverso miti e riti: il mito narra ciò che non è modificabile dall’uomo, mentre il rito agisce su ciò che può essere trasformato. Secondo Dario Sabbatucci, il mito fonda l’ordine del mondo, mentre il rito lo modifica performativamente. Si apre così alla lettura di Clifford Geertz, che verrà affrontata nella lezione successiva.