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domenica 11 ottobre 2020

Antropologia culturale Modulo A 03 del 9 ottobre 2020: è la differenza che fa la differenza


Abbiamo iniziato confermando che per gli studenti e le studentesse che prendono iscrizione al corso per quest’anno o che comunque portano il programma di quest’anno, per il modulo A la MONOGRAFIA sarà Oltraggi della memoria, di Lorenzo D’Orsi, Meltemi 2020. Si tratta di una monografia sulla questione della memoria politica in Turchia, e diventerà un modo per gli studenti di antropologia culturale per riflettere sul significato sociale del passato. La storia non è una sequenza oggettiva di eventi ma è vissuta sempre nel presente come forma di collegamento ad alcune identità, modi di essere, sistemi di valori.

Per il modulo B, la professoressa Casentini ha spiegato come ci saranno due monografie tra cui scegliere, a seconda che si prediliga il tema della MIGRAZIONE o quello del GENERE. Nel primo caso si studierà Shahram Khosravi, Io sono confine, Eleuthera, 2019, mentre per il genere la monografia da studiare sarà Alessandra Chiricosta, Un altro genere di forza, Iacobelli Editore, 2019. TUTTE le informazioni per il Modulo della prof. Casentini sono ora incluse nella cartella online del Modulo B.

Nel corso della lezione siamo partiti (dal minuto 11:45) da dove avevamo finito, e cioè la varietà culturale. La varietà culturale quindi, essendo legata alla nostra disposizione simbolica, è veramente enormemente vasta: nessun essere umano, da solo, può immaginare tutto l'immaginabile, ma sicuramente gli esseri umani nel corso della storia, dentro la varietà culturale (le diverse "immaginazioni") che li caratterizza, hanno immaginato COME SPECIE ben oltre l'immaginabile individuale. E una cosa evidente è che queste immaginazioni possono essere in contrasto, opposte da posto a posto, o da tempo a tempo. Pensate a come la pensiamo noi anziani all'utilizzo del social e l'uso che mediamente ne fate voi. Noi abbiamo Facebook come se fosse un salotto di casa, voi usate Instagram come un razzo spaziale per andarvene in giro per il mondo. Pensate ad esempio alle differenze sui gusti estetici.

Per avere un esempio di come possono essere veramente divergenti i gusti e i giudizi culturali, abbiamo visto insieme un breve video che ci racconta quella che ho definito "l'inevitabile tristezza giapponese di Julia Roberts. Il video è un inglese ma l'ho tradotto in consecutiva:

Cosa diavolo è OCHOBO?

https://youtu.be/A5kTiP4wDQU

Apprezzare Julia Roberts per quelli della mia generazione, vi assicuro, ci sembrava una questione del tutto "naturale", ma il valore estetico di Ochobo ci dimostra che così NON è, e che se la povera Julia fosse stata adattata da una famiglia di Tokio sarebbe stata la racchia del quartiere...

Un punto centrale di questa forma complessiva umana della diversità è che istituisce una importante differenza con la diversità comportamentale entro le specie animali. Nessun essere umano pratica TUTTE le tradizioni culturali, ognuno di noi finisce per praticarne alcune, e molti sentono di praticarne una e una sola, ma la IDOSINCRATICITÀ (vale a dire l’unicità esclusiva) della pratica non è mai specificante, cioè NON fa di quei praticanti un gruppo biologicamente separato da coloro che hanno pratiche diverse, proprio perché il nostro sapere è principalmente acquisito e trasmesso per vie non-biologiche. Mentre le api che smettessero di raccogliere polline e iniziassero a nutrirsi di altri insetti sarebbero condannate, per sopravvivere, a diventare un’altra specie, gli esseri umani hanno DENTRO la loro specie una varietà di comportamenti e di pratiche che diventa l’oggetto della nostra riflessione. Sotto il comportamento delle api possiamo cercare il fondamento comune dell’essere ape: studio api in tutto il mondo, guardo come si comportano e induttivamente cerco di ricavare cosa costituisca dal punto di vista comportamentale l’essenza dell’ape, l’apismo o l’apità dell’ape, per usare un lessico aristotelico. Ma con gli esseri umani NON possiamo lavorare allo stesso modo, dato che la loro umanità va vista all’inverso dell’apità, non come comunanza di pratiche (che non c’è) ma come forma della costruzione locale della conoscenza attraverso la comparazione delle differenze. Il video sull’Ochobo ci dice che non ci sono comportamenti prefissati per quanto riguarda l’attrazione dei maschi umani verso la forma delle labbra femminili, dato che in Giappone vige un canone che sembra opposto a quello dell’Occidente Euroamericano. Come minimo, Ochobo ci dice che per gli umani i modelli prefissati di azione (FIXED ACTION PATTERNS) vengono attivati in forme molto, molto più peculiari a seconda dei contesti, ed è quella peculiarità che esige attenzione e il nostro sforzo interpretativo per spiegarla. Invece, i criteri estetici grazie a cui la femmina dell’uccello del paradiso trova e seleziona il partner sono specie specifici (vale a dire unici per quella specie e totalmente uniformi all’interno della specie) e molto, molto rigidi, e questo vale per qualunque specie animale, tranne la nostra: mentre un leone africano e uno asiatico avranno gli stessi “gusti” (dettati proprio dall’interazione tra la dotazione genetica e l’ambiente in cui quel patrimonio genetico si trova ad attivarsi). L’antropologia culturale studia non tanto quel che c’è “sotto la diffenza” ma PROPRIO la DIFFERENZA. Come dice Clifford Geertz: è la differenza che fa la differenza.

Questo certo non sta a significare che dobbiamo rinunciare alle generalizzazioni o che l’antropologia culturale sia solo una scienza descrittiva. Significa piuttosto che il nostro apporto come studiosi e studiose è quello di prestare attenzione al senso locale di quella specifica pratica, e vedere sullo sfondo di quadri più ampli se pratiche diverse indicano tendenze comuni, e quali. Le regole del comportamento umano si devono quindi contenere a generalizzazioni molto generali, del tipo: “le scelte del partner sono spesso associate a principi estetici che valgono anche in altri ambiti della vita sociale, oltre a quello dell’attrazione sessuale”, ma senza poter generalizzare sui contenuti di quei principi, che dipendono dalla cultura locale.

Conclusa questa prima parte sulla VARIETÀ del culturale umano, abbiamo ripreso la questione dell'APPRENDIMENTO.

FORMALE vs INFORMALE (l'elaborazione del GUSTO, cenni di Pierre Bourdieu). Per questo aspetto, abbiamo visto come “sappiamo” un sacco di cose, su quale sia un cantante veramente da adorare e quali invece facciano “schifo”, oppure se vediamo un gruppo di persone di un certo ceto sociale è relativamente facile individuare l’eccezione che proviene da un’altra classe, e questo grazie a “competenze” specifiche che abbiamo ovviamente appreso, anche se fatichiamo a dire come e dove e da chi.

Sul SAPERE CORPOREO e SAPERE LINGUISTICO abbiamo riflettuto un po’ frettolosamente, ma possiamo sintetizzare il fatto che il sapere corporeo, in particolare quello della mano, le tecniche dell’artigianato e dei mestieri (“rubare con gli occhi”), si pongono quasi consapevolmente in contrapposizione al sapere linguistico (e non abbiamo avuto tempo di riflettere quanto questa contrapposizione sia anche “ideologica”, vale a dire utilizzabile con intenti politici, opponendo la “concretezza” alla “teoria”, il “saper fare” al “parlare vuoto”).

Sul sapere del corpo abbiamo visto qualche secondo da questo, video, che parla di Paolo Brandolisio, un "remèr" o "forcolaio" veneziano: https://youtu.be/mOkxTjtUT1s?t=116

E questo invece è un video (che non abbiamo fatto in tempo a vedere) sul "più veloce parlatore del mondo", come esempio esasperato di sapere linguistico (anche se in questo caso specifico diventa quasi corporeo...):

https://youtu.be/ExKCcndqK5c?t=41

Nell'ultima parte della lezione abbiamo toccato un'altra distinzione che gli antropologi NON fanno ma che considerano comunque essenziale dato che tutte le culture la fanno eccome: la GERARCHIA DEI SAPERI, la valutazione culturale di ciò che si sa in una scala gerarchica, e per esemplificare un poco abbiamo parlato dei vostri fidanzati e delle vostre fidanzate, facendo un piccolo test che, nonostante le resistenze di qualcuno espresse nella chat durante la lezione, ha confermato il fatto che tutte le culture istituiscono GERARCHIE DI VALORI, attribuendo più prestigio ai portatori di certe competenze e non di altre.

Ci siamo lasciati dicendo che la prossima lezione si aprirà con una riflessione su una delle cose più conturbanti del sapere culturale, e cioè il suo essere molto spesso subconscio: ci sono test che dimostrano che abbiamo delle regole in testa e che le applichiamo con estremo rigore, eppure se non si è passato un processo di istruzione formale di istruzione non abbiamo la minima idea di avere quelle regole e di applicarle.