Ricominciamo a pensare camminando e camminare pensandosabato 21 gennaio, alle ore 10.30
Si cammina, complessivamente, per 4,5 km, un'ora e mezza andando con molta calma, due ore tenendo conto dei momenti dedicati alla riflessione condivisa, guidata da Piero Vereni.
Sul sito di Kami potrete iscrivervi e prenotare così il libretto "L'altro" che verrà consegnato a tutti i partecipanti.
In una delle scene più famose di Matrix, Neo ha un incontro con la veggente, per capire se lui sia, veramente, l’Eletto. La scena è piena di cliché, santoni e cucchiaini piegati, ma quel che conta è il concetto, che è noto alle scienze sociali da molti decenni: se vuoi capire chi sei, devi fare i conti con l’Altro.
Il problema delle frasi fatte è che tendono a diventare frasi fatte. “L’io si definisce nell’incontro con l’altro” è una frase fatta e anche se dice una cosa importantissima, rischia ormai di dirlo in un modo sterile per il pensiero. Come possiamo, allora, parlare dell’Altro senza cadere nel luogo comune e recuperando la verità di questa frase?
Dobbiamo intanto riprendere in mano il filo della relazione con l’Altro, perché quella relazione è l’unica realtà esistente empiricamente, sul piano esperienziale e sul piano sociale. Come ci ha insegnato l’etnopsichiatria (George Devereux) e anche la fisica quantistica (Carlo Rovelli) quello di cui disponiamo veramente non sono oggetti, persone, cose e soggettività, ma piuttosto relazioni, rapporti, somiglianze e differenze.
L’identità, ontologicamente, non esiste (François Jullien) e quindi abbiamo bisogno di lavorare sulle relazioni, capire come funzionano, ser vogliamo davvero provare a capire qualcosa delle nostre vite, sia individuali sia concepite collettivamente come gruppi, classi, etnie, culture o nazioni.
Ludwig Wittgenstein diceva “non pensare, osserva” e noi vorremmo rileggere questo suggerimento in chiave pienamente relazionale: quando concepisci due enti (tu e l’Altro, come minimo) non pensarli, ma osserva lo spazio tra di loro, quello spazio che finora hai considerato vuoto, e osservane i piani di interazione, guarda come oscillano, si tendono e vibrano sollecitati dalla relazione tra l’io e l’altro. Il tuo oggetto di riflessione non siano le cose in sé, ma le forze di interazione tra le cose, e allora vedrai come la tua soggettività (l’io e il noi che pronunciamo) è costituita per forza nella rete di relazioni con gli altri.
Poi, si sa, l’antropologia è filosofia con la gente dentro, e allora non abbiamo altra strada se non raccontare questo cammino verso l’altro incrociandolo con le nostre esperienze.
Parleremo allora dei macedoni di Grecia, e del loro essere altri per definizione, nella politica dei Balcani. Vi si racconterà un poco di ulteriori “altri per eccellenza” nel nostro mondo, gli ebrei, i rom e i carcerati, e di come la loro definizione sia essenziale proprio per offrircene una di noi stessi. Se avremo ancora tempo, vedremo cosa significa fantasticare sull’Altro Migliore
e delle conseguenze che questo produce nella concezione di un Noi Peggiore. Spero di vedervi numerosi! Continuiamo il nostro percorso di riflessione antropologica per darci una mano.