Non so bene come sia successo, dato che quando ho cominciato
a pensare che “volevo fare l’antropologo” mi interessavano i popoli
mesoamericani, i Toltechi, gli Aztechi, i Maya e i loro successori
contemporanei. Poi, per diverse ragioni, in Messico non ci sono mai andato
(neanche per turismo), ma non ho perso l’interesse per qualcosa di esotico, e ho
fatto il dottorato con una ricerca in Macedonia (soprattutto sul
versante greco) e poi in Irlanda (al confine tra Repubblica e
Irlanda del Nord). Quando mi sono definitivamente stabilito a Roma ho
iniziato a interessarmi di temi di antropologia urbana, Roma è una
miniera (e anche una sentina, in questo senso) di idee, temi, storie.
Ho finito così, quasi senza rendermene conto, a lavorare con
temi teoricamente centrali ma letti dal punto di vista delle storie di
persone marginali: la genitorialità e il rapporto
intergenerazionale visto dal punto di vista degli immigrati bangladesi;
la concezione dello spazio urbano e le forme della socialità viste dal
punto di vista degli occupanti (italiani e stranieri) a scopo abitativo;
la secolarizzazione e il postsecolare in una città come Roma letta
dentro le rifrazioni multietniche e globalizzanti del pellegrinaggio al
(doppio) santuario del Divino Amore; la giustizia e la cittadinanza
viste da oltre le sbarre del carcere di Rebibbia.
Da tre anni, da quando Tor Vergata è presente al polo ex
Fienile, la collaborazione con l’Associazione 21 Luglio mi ha portato a conoscere un
poco la galassia rom, vale a dire lo spazio marginale per definizione. Grazie a loro sono diventato un membro di Reyn, la rete europea dei
giovani rom, e grazie a Reyn
Italia ho avuto modo di dare il mio modesto contributo conoscitivo a una “questione
sociale” in cui la quota di pre-giudizio è spropositatamente altra, più
che per ogni altro tema che io abbia affrontato nelle mie ricerche.
Sono quindi molto orgoglioso di essere stato convocato per
fare il bibliotecario per la Biblioteca vivente che presenterà otto
storie rom. Si è trattato di raccogliere le storie per trasformare il pregiudizio
in una opportunità di conoscenza reciproca, in un processo di personalizzazione
del rapporto che è prima di tutto umanizzazione. Definizione e Narrazione
sono due modi essenziali di conoscenza del mondo, il primo corrisponde
al Vocabolario, il quadro essenziale dei concetti che ci consente di orientarci
nel mondo, ma il secondo corrisponde alla Enciclopedia, all’approfondimento
come studio amorevole della cosa che si cerca di conoscere. In paesi come l’Italia
i rom sono sempre più oggetto di definizione, e sempre meno soggetto
di narrazione. Aprire una biblioteca vivente con loro è una vera opportunità di
reciproca conoscenza, di superamento del pregiudizio e del sospetto
(anche questi reciproci e spesso simmetrici). Vi chiedo, se siete al centro di Roma
domenica mattina o nella periferia di Torbellamonaca nel pomeriggio,
di fare un salto, venire a leggere uno o più di questi libri, ascoltare
storie che non vogliono essere esemplari o didascaliche, ma che possono aprire
una breccia nella disumanità delle rappresentazioni stereotipate,
per cominciare a produrre quell’ingrediente curioso e imprescindibile delle
nostre vite in relazione: l’umanità.
Qui trovate l'articolo di Carlo Stasolla sul sito del Fatto Quotidiano dove sono presentati gli otto libri viventi che potremo leggere.