Abbiamo raccontato la storia dei due archeologi per dimostrare che abbiamo incorporato alcune regole culturali (in questo caso regole fonologiche su come si pronunciano i suoi nasali in italiano) SENZA SAPERE che le abbiamo e che le sappiamo usare con estrema precisione. CHI è che sa quelle regole? I parlanti, certo, ma a che livello di CONSAPEVOLEZZA lo "sanno"? Molto basso, possiamo dire. E certo questo esempio è indicativo di come funzioni tanta parte dell'apprendimento culturale. Siamo a volte "culturati" dalla nostra cultura, ci pare del tutto inevitabile che le cose siano così, perché non concepiamo le ALTERNATIVE al nostro comportamento. Gli italiani monolingue non riescono a pensare che una nasale di fronte a una occlusiva velare si possa realizzare in maniera DIVERSA da come la realizzano loro. Estendete questa idea al modo in cui ci pone a distanza dagli altri (qual è la distanza di cortesia? E quale quella di distacco sprezzante?) oppure al modo in cui ci si debba salutare tra estranei, o al mondo in cui si considerano belle le labbra di una donna, o al modo in cui ci si debba comportare con i figli, o con i genitori, quale sia la giusta decisione da prendere in quel caso e quale invece sia completamente sbagliata, ed ecco che di colpo la cultura si appare per quel che è: uno strumento molto potente di controllo nella conformità. Non sto dicendo che la cultura sia la nostra gabbia, ma Franz Boas, che di diversità culturale decisamente se ne intendeva, parlava di "shackles of culture", cioè i ceppi, le catene che si mettevano ai piedi degli schiavi o dei prigionieri per contenerne in movimenti entro un raggio di azione limitato. Questo fa la cultura, e non c'è nulla di mostruoso o di eccessivamente drammatico in questo, perché lo DEVE fare, vista la nostra disposizione a collegare tutto con tutto. Se non avessimo quei ceppi la nostra vita sarebbe un inferno (come in effetti a volte è la vita dei bravi antropologi...). Diceva Boas:
Il pregio dell'antropologia è il suo potere di impressionarci con il valore relativo di tutte le forme di civiltà. Noi siamo troppo portati a considerare la nostra cultura come la meta ultima dell'evoluzione umana, privandoci così dei benefici ricavabili dagli insegnamenti altrui. Ciò che penso della vita è determinato da una domanda: come possiamo riconoscere le catene della tradizione? Perché, se riuscissimo a riconoscerle, potremmo anche spezzarle
La cultura è quindi un sapere appreso che fa di tutto per nascondersi in quanto appreso, e il lavoro dell'antropologo è anche e soprattutto portare a galla quel sapere sotterraneo o inconsapevole.
Per capire come questo lavoro di consapevolezza sia tutt'altro che confortante, abbiamo raccontato l'apologo del bruco e della formica (dal minuto 31:45), come esempio della complicatezza di agire SAPENDO di agire, osservandosi nel proprio agire. La CONSAPEVOLEZZA è una conseguenza della riflessività, dell'osservarsi mentre ci si confronta con l'Altro, questo oggetto primigenio della riflessione antropologica.
Piccola digressione su quanto il lavoro dell'antropologia sia stato efficace in questo senso e quanto invece sia stato zeppo di errori e di complicità con il potere. E per parlare della natura intrinsecamente "progressista" dell'antropologia.
Vediamo ora (42:00) se e quanto la cultura è CONDIVISA da parte di coloro che la POSSIEDONO. Condivisione e Possesso sono due termini economici, che hanno a che fare con la proprietà materiale. Ma la cultura è un oggetto materiale che può passare di mano come un campo di terra o un orologio?
SE FOSSE COSI' SAREBBE FORIERA DI DISTINZIONE netta tra gruppi ma invece sappiamo che le culture non sono divise in questo modo (anche se si raccontano così) e che "la roba" intera (the cultural stuff di F. Barth) sappiamo che viene usata per creare confini: DE-LIMITAZIONE e DE-FINIZIONE e etimologia dei termini. = Limes e Finis.
Le culture, insomma, si raccontano sempre più OMOGENEE internamente e più NETTAMENTE SEPARATE tra di loro di quanto non ci dimostri l'analisi empirica dell'etnografia. Abbiamo dimostrato questo punto centrale della riflessione antropologia con un piccolo racconto (49:40)
Il caso delle due signore a Venezia. Una signora è Veneziana "da sempre", e l'altra signora è invece una badante venuta una ventina d'anni da dall'Europa dell'Est. La signora veneziana ha inoltre un nipote (lei è la nonna, non la zia) che le vuole bene e la va a trovare. Ci siamo chiesti se sia possibile "misurare" le somiglianze e le differenze tra queste tre persone. Quale coppia si somiglia di più tra nonna-nipote e nonna-badante, per quanto riguarda pratiche di vita, immaginario, sistema di valori, gusti estetici eccetera? Nel raccontare la storia ho citato (senza nominarlo perché il nome mi sfuggiva) un antropologo che ha fatto una bella indagine sulle badanti: si chiama Francesco Vietti e il saggio si intitola Il paese delle badanti (Meltemi). Ci sono diversi studiosi che si occupano del lavoro domestico e del lavoro di cura nel mondo globalizzato e mi piace qui ricordare l'importante lavoro di ricerca coordinato dalla sociologa Sabrina Marchetti all'Università Ca' Foscari di Venezia.
Alla prova dei fatti, sappiamo che le culture sono MENO condivise all'interno e più condivise attraverso di quanto non pensiamo "istintivamente". Più o meno reddito, più o meno educazione, più o meno competenze ad hoc: chi ne sa di più tra gli elettricisti e gli idraulici?
Nessuno possiede TUTTA e SOLA la propria cultura.
(1:06) IL TEMPO e LA VARIAZIONE CULTURALE (la creazione storica dei contesti tradizionali)
il Tè inglese delle cinque a questo video.
Un altro esempio di cui abbiamo parlato è quello della nduja Calabrese (1:12:38).
La pasta al pomodoro napoletana del Cuoco galante (1799) è un'altra impressionante dimostrazione della finzione del primordialismo: a inizio Ottocento la pasta al pomodoro ancora non c'era, non era rappresentata in un libro di ricette napoletano.
QUINDI le culture non solo sono complicate al loro interno ora, ma LO SONO SEMPRE STATE
Abbiamo visto le Figure a pagina 8 della dispensa con gli ELEMENTI culturali e i CONFINI culturali
Questa ricostruzione post hoc di unità interna ci induce all'errore del PRIMORDIALISMO e dell'ANCESTRALITA', per cui una cosa è usata "da tempo immemore". In realtà una cosa diventa TRADIZIONALE non se è usata da sempre (nulla ha questa durata), né se è usata da tempo immemore (eh, trovarne cose così...) e neanche se quella cosa è stata "creata" da coloro che ora la usano orgogliosamente (il tè inglese, la nduja calabrese, non sono "ab ovo" né inglese né calabrese).
Le figure che vediamo (da 1:24:40) ci dimostrano un errore categoriale enorme, dato che l'illusione della condivisione omogenea e primigenia della cultura si può realizzare solo se poniamo "la nascita" delle culture in un momento "Prima del Tempo", prima del Divenire.
Questo errore di FUORIUSCITA DAL TEMPO e di presunzione che le cose siano sempre state così è un altro esempio di accettazione subconscia del culturale, dato che a livello razionale siamo tutti e tutte perfettamente consapevoli che le cose, non sono "sempre" state così, e che quel "si è sempre fatto così" è un giudizio fallace.
Siamo quindi indotti da questo tipo di pregiudizi cognitivi a considerare inossidabili categorizzazioni che esistono solo in quanto prospettiche, prodotte da una certa posizione classificatoria (con certe scatole di cui non consideriamo la costruzione storica), che sicuramente esiste, ma non ha necessariamente la priorità rispetto a prospettive alternative che raggruppano le cose e le persone in classi assai diverse. Le persone, insomma, si possono raggruppare per categorie o appartenenze in modi veramente fantasmagoricamente diversi, eppure il mondo in cui viviamo ci induce a privilegiare alcune categorie e a sottovalutarne altre.
Il video della TV Danese (che non si vede in questa registrazione per ragioni di copyright) è un esempio molto ben congegnato di questo fatto della realtà sociale che spesso tendiamo a dimenticare: ciascuno di noi appartiene a moltissime categorie, classi o raggruppamenti, e molto spesso l'Altro secondo una certa categoria può essere un Noi secondo un'altra categoria:
VIDEO TV DANESE
La parte finale della lezione è stata dedicata a un piccolo test di verifica su: la differenza tra cultura alta e cultura bassa; la nozione di tradizionale, quando un oggetto si possa considerare tradizionale; e in che senso la cultura è condivisa.