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martedì 5 ottobre 2021

Ma siamo sicuri che sia una cosa solo per umani? Perché non è la cultura, quel che ci fa umani, ma la nostra consapevolezza di avere una cultura (Lezione 01 del 04/10/2021 del modulo A di Antropologia culturale)

Lezione di apertura del modulo A di Antropologia culturale 2021/22, tenuta il 4 ottobre 2021.

Abbiamo iniziato, finalmente! E' tuttora un bel casotto gestire Teams, Zoom e le presenze, ma ce la faremo, lo sento dall’attenzione delle studentesse e degli studenti, dall’interesse che travalica la questione burocratica di “fare l’esame” ed esprime una bella e genuina passione per la conoscenza.

Abbiamo iniziato commentando un brano di Leonard Cohen, Anthem, che recita così: Ring the bell that still can ring / Forget your perfect offerings / There is a crack, a crack in everything / That's how the light gets in.

Una volta introdotta la vulnerabilità radicale del vivente, che deve accettare la propria permeabilità per partecipare dell'Essere, abbiamo cominciato a definire la CULTURA come SAPERE APPRESO. In prima istanza, l'abbiamo contrapposto al SAPERE INNATO e abbiamo definito quindi la

cultura = S(t) - S(i) = S(a)

Citando rapidamente il CLIFFORD GEERTZ di "L'impatto del concetto di cultura sul concetto di uomo" (vedi letture assegnate) abbiamo visto che gli umani nascono costitutivamente incompleti, non in grado cioè di abitare il mondo con i semplici strumenti della loro dotazione naturale, ma devono acquisire un sacco di strumenti culturali, di filtri cioè che consentono lo di interagire SIGNIFICATIVAMENTE con il mondo. Questa contrapposizione tra sapere innato e appreso non deve però fuorviarci, come se agli umani appartenesse solo il sapere appreso (cultura) e agli animali sono il sapere innato (istinto).

Abbiamo quindi iniziato a portare alcuni esempi di CULTURA ANIMALE, vale a dire di sapere appreso e trasmesso nel mondo animale (gli scimpanzé di JANE GOODALL; i babbuini di ROBERT SAPOLSKY; l'orso M49).

Una volta chiarito che il sapere appreso (la cultura, cioè) non è una prerogativa o appannaggio esclusivo degli umani, ci siamo dunque chiesti cosa allora costituisca la specificità del sapere culturale umano, e con l'aiuto di GERARD EDELMAN (Seconda natura), l'abbiamo individuata in due qualità:

1. la coscienza umana è riflessiva, riesce a pensare a sé stessa, diversamente dalla coscienza di tutti gli altri animali (tranne appunto qualche grande scimmia, che ha qualche abbozzo di questa coscienza di secondo livello) che invece sono solo consapevoli del mondo in una serie di sprazzi di "presente ricordato". Questa coscienza di sé, questa coscienza di essere coscienti ci proietta come animali in uno spazio inusitato, fatto, oltre che di PRESENTE, anche di PASSATO, FUTURO, e SÉ NOMINABILE e dunque ci sposta dall'oggettività del reale intrecciando nelle nostre vite, ad esempio, la consapevolezza della morte (che è la fine del futuro) anche quando siamo lontani da oggettive situazioni di pericolo.

2. Edelman è lo studioso che ha spiegato il meccanismo fisiologico grazie a cui questa secondo livello di coscienza è materialmente possibile, ma noi possiamo dare per provata questa spiegazione senza entrare nei dettagli del "darwinismo neuronale", il meccanismo per cui alcuni raggruppamenti di neuroni, una volta sottoposti a uno stimolo, attivano una retroazione positiva, rinforzando le loro connessioni e dunque la loro effettiva funzionalità. Il cervello, abbiamo detto, VIENE LETTERAMENTE CREATO dall'interrelazione tra stimoli ambientali e retroazione neuronale (su questo, abbiamo fatto un rapido excursus sul perché i cuccioli d'uomo nascono così prematuri)) Questa capacità dell'uomo di pensarsi cosciente, di vivere dunque oltre l'hic et nunc, dipende prima di tutto dal fatto che il sapere appreso dagli umani si incarna fisicamente nel nostro corpo e nel nostro cervello. La plasticità neuronale non è una metafora ma il senso della nostra umanità. Durante la vita si attivano miliardi di connessioni neuronali in conseguenza del lavoro di stimolo cui vengono indotte dalle nostre azioni e dal nostro pensiero e quindi il nostro essere "così" è prima di tutto una conseguenza di questa interazione costante tra corpo e ambiente.

Abbiamo concluso introducendo quello che sarà uno dei temi della prossima lezione, vale a dire la persistente differenza tra sapere innato e sapere appreso. Anche se cioè il sapere appreso tende rapidamente a incorporarsi, a diventare profondamente nostro (pensate a come sia difficile lasciare i movimenti del muscolo linguale e della bocca che associamo al nostro modo "spontaneo" di parlare, quando dobbiamo ad esempio imparare una seconda lingua in età adulta), il sapere appreso si differenzia da quello innato per la sua enorme rapidità di mutamento e per la sua fragilità di manutenzione, come vedremo iniziando a raccontare l'apologo del millepiedi e della formica. A mercoledì 6 ottobre!