Come diceva il buon Lévi-Strauss, un sacco di cose commestibili sembrano più "buone da pensare" che "buone da mangiare", e se lui pensava ai "selvaggi", oggi questa affermazione sembra valida per noi in modo ancora più evidente. Non c'è minuto del giorno in cui il sistema della comunicazione (dalla tv via satellite al vicino di casa, da Internet alla zia) non ci parli di cibo, di quanto è buono questo, quanto è cattivo quello; quanto quell'ingrediente faccia bene e quanto invece quell'altro sia mortifero.
Insomma, parlare di cibo sembra lo sport generale dell'Occidente sovrappeso, e qualcosa vorrà pur dire, no?
Un sottogenere lanciatissimo è quello del "cibo di strada", con un sacco di sfaccettature sociali e morali.
Ne parla Valeria Trupiano a Pietralata.
Mica per attirarvi, ma faccio notare che si finisce proprio con un assaggio di cibi di strada!
Ho insegnato a Venezia, Lubiana, Roma, Napoli, Firenze, Cosenza e Teramo. Sono stato research assistant alla Queen's University of Belfast e prima ho vissuto per due anni in Grecia, per il mio dottorato. Ora insegno a Tor Vergata e nel campus romano del Trinity College di Hartford (CT). Penso che le scienze sociali servano a darci una mano, gli uni con gli altri, ad affrontare questa cosa complicata, tanto meravigliosa quanto terribile, che chiamano vita.
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sabato 14 maggio 2016
Mangiare la strada (a Pietralata)
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Valeria Trupiano