2011/12: INFORMAZIONI PER CHI AVEVA 12 CFU E TUTTI GLI MP3 DELLE LEZIONI

domenica 21 novembre 2021

Ultimi aggiornamenti su ESONERI, ESAMI, TESINE per Antropologia culturale a Tor Vergata

 Eccomi qui, mi sa che ci sto prendendo gusto, visto che in pochi minuti posso sintetizzare notizie che devo replicare solitamente in centinaia di mail...





mercoledì 17 novembre 2021

Uno Scomodo evento in un quartiere scomodo


Giovedì 17 novembre
, alle ore 19, aperitivo di presentazione dell’ultimo numero editoriale di Scomodo, la rivista “dei giovani” che dopo Roma è decollata alle volte di Milano e Torino, per parlare, nello spirito del PEF – Polo ex Fienile, di Periferia, vale a dire di uno spazio centrale per capire la crisi della modernità e le effettive possibilità di ripresa (umana, prima ancora che economica).

"Le periferie delle città, per più di un secolo e mezzo, hanno costituito dei poli importanti di socialità e cultura, all'interno della città, costituendo di fatto un modello alternativo al "centro". Questo meccanismo, che rendeva città sempre più diseguali dei luoghi dove poter ragionare e vivere insieme, si è rotto. Come se le periferie avessero perso degli anticorpi contro l'acuirsi della marginalità di questi luoghi.

La redazione di Scomodo ne parla con Lorenzo Rossi Doria, responsabile della comunicazione del Sindacato Pensionati Italiani, per scoprire chi è stato al centro dello sviluppo sociale dei territori fuori dal centro, e cosa potrebbe dare una nuova linfa contro la marginalizzazione delle nuove periferie". 

 Per registrarsi all’evento, particolarmente rivolto agli studenti e alle studentesse di Tor Vergata e ai giovani del VI Municipio di Roma, seguite il link di eventbrite.

Parleremo in sicurezza, negli spazi all’aperto del PEF, se il tempo ce lo concede, e saremo accompagnati da un piccolo aperitivo per tenere viva la dimensione conviviale, imprescindibile per gli eventi che contribuiamo a organizzare al PEF!

Ci vediamo alle 19 in punto a largo Mengaroni, 29, a Torbellamonaca.

 

venerdì 12 novembre 2021

Notizie dal sottosuolo (dopo l'esonero di Antropologia culturale del 12 novembre)

 


Un po' di notizie a riguardo dell'esonero del 12 novembre 2021 e quel che ci gira intorno per gli studenti di Antropologia culturale:

1. Il test è andato bene

2. Mandate la tesina quanto prima!

3. Chi non ha fatto il test per ragioni tecniche mi scriva e verrà contattato per un retake.

4. Faremo comunque un nuovo esonero del Modulo A a dicembre.

5. Scaldate i motori perché al PEF Polo ex Fienile stiamo organizzando la festa di tesseramento del LaPE (entro fine novembre). 

LINK PER FARE L'ESONERO DI Antropologia culturale del 12 novembre 2021

 



ANNO 2021/2022 (QUEST’ANNO IN CORSO) Link per TEST UNICO MODULO A 2021/22

TEMPO REGOLARE

NOME TEST SU CLASSMARKER: “Antropologia culturale Modulo A 2021-22

36 domande in 45 minuti. IL LINK PER ACCEDERE AL TEST SARÀ VALIDO dalle 09:10 alle 09:15

https://www.classmarker.com/online-test/start/?quiz=rfm618c46975f255

 

ESTENSIONE CARIS

NOME TEST SU CLASSMARKER: “Antropologia culturale Modulo A 2021-22 ESTENSIONE CARIS”

36 domande in 60 minuti. IL LINK PER ACCEDERE AL TEST SARÀ VALIDO dalle 09:10 alle 09:15

https://www.classmarker.com/online-test/start/?quiz=e6v618d25a2c4d11

 

ANNO 2020/2021 (L’ANNO SCORSO)

MODULO A TEST1

TEMPO REGOLARE

Modulo A TEST1 (dispense e lezioni) NOME TEST: “TEST1 MODULO A”

16 domande 18 minuti. IL LINK PER ACCEDERE AL TEST SARÀ VALIDO dalle 09:10 alle 09:15

https://www.classmarker.com/online-test/start/?quiz=kmf60096086e2212

 

ESTENSIONE CARIS

Modulo A TEST1 (dispense e lezioni) NOME TEST: “TEST1 MODULO A CARIS EXTENDED”

16 domande 24 minutiIL LINK PER ACCEDERE AL TEST SARA' VALIDO  dalle 09:10 alle 09:15

https://www.classmarker.com/online-test/start/?quiz=rj66023ca508557c

 

ANNO 2020/2021 (L’ANNO SCORSO)

MODULO A TEST2

TEMPO REGOLARE

Modulo A TEST2 (oltraggi della memoria) NOME TEST: “Test Oltraggi della memoria”

15 domande 20 minuti. IL LINK PER ACCEDERE AL TEST SARA' VALIDO  dalle 09:45 alle 09:50

https://www.classmarker.com/online-test/start/?quiz=xqx5fc43adf265cc

 

ESTENSIONE CARIS

Modulo A TEST2 (oltraggi della memoria) NOME TEST: “Test Oltraggi della memoria CARIS EXTENDED”

15 domande 27 minuti. IL LINK PER ACCEDERE AL TEST SARA' VALIDO  dalle 09:45 alle 09:50

https://www.classmarker.com/online-test/start/?quiz=pgf5fc439c63d146

 

 

ANNO 2020/2021 (L’ANNO SCORSO)

MODULO B

TEMPO REGOLARE

MODULO B CASENTINI NOME TEST: “Antropologia culturale B prof. CASENTINI”

11 domande 15 minutiIL LINK PER ACCEDERE AL TEST SARA' VALIDO  dalle 10:30 alle 10:35

https://www.classmarker.com/online-test/start/?quiz=n7m60093ebb0a758

 

ESTENSIONE CARIS

MODULO B CASENTINI NOME TEST: “Antropologia culturale B prof. CASENTINI CARIS EXTENDED”

11 domande 20 minutiIL LINK PER ACCEDERE AL TEST SARA' VALIDO  dalle 10:30 alle 10:35

https://www.classmarker.com/online-test/start/?quiz=emv6023c32dbff15

 

giovedì 11 novembre 2021

ESONERO ANTROPOLOGIA CULTURALE del 12 novembre 2021

 


Possono partecipare all'esonero gli/le studenti/esse di quest'anno (in corso, fuori corso o futuri PF24) (2021/22) per il MODULO A, ma anche tutte e tutti quelli/e dell’anno scorso (2020/21) che ancora devono passare il Modulo A e/o il modulo B, compresi gli/le studenti/esse del PF24 iscritti/e nel 2021.

I PROGRAMMI dei due anni accademici sono diversi e quindi diversi sono i test di valutazione, per cui è importante non entrare nella pagina ClassMarker errata. Qui sotto trovate la lista di tutti i test, i cui link saranno disponibili sul blog dalle ore 06:00 del 12 novembre ma che saranno comunque attivi nelle ore indicate qui sotto, valide solo per venerdì 12 novembre:


STUDENT* “DI QUEST’ANNO”

1.     Link per TEST UNICO MODULO A 2021/22 TEMPO REGOLARE si accede tra le 9:10 e le 9:15.

2.     Link per TEST UNICO MODULO A 2021/22 CON ESTENSIONE CARIS si accede tra le 9:10 e le 9:15.


STUDENT* “DELL’ANNO SCORSO”

3.     Link per TEST1 MODULO A (parte generale) 2020/21 TEMPO REGOLARE si accede tra le 9:10 e le 9:15.

4.     Link per TEST1 MODULO A (parte generale) 2020/21 CON ESTENSIONE CARIS si accede tra le 9:10 e le 9:15.

5.     Link per TEST2 MODULO A (Oltraggi della memoria) 2020/21 TEMPO REGOLARE si accede tra le 9:45 e le 9:50.

6.     Link per TEST2 MODULO A (Oltraggi della memoria) 2020/21 CON ESTENSIONE CARIS si accede tra le 9:45 e le 9:50.

7.     Link per TEST UNICO MODULO B (programma prof. CASENTINI) 2020/21 TEMPO REGOLARE si accede tra le 10:30 e le 10:35.

8.     Link per TEST UNICO MODULO B (programma prof. CASENTINI) 2020/21 CON ESTENSIONE CARIS si accede tra le 10:30 e le 10:35.

 

 

COME PER LE SESSIONI PRECEDENTI, l'esame si svolge in presenza (previa presentazione del Green pass) nell'aula T12A della Macroarea di Lettere di Tor Vergata (via Columbia, 1), ma dato che è concepito come uno o più test online, e per accedere bisogna comunque entrare nella piattaforma ClassMarker, e che per avere i link si dovrà accedere al mio blog, di fatto gli iscritti e le iscritte potranno collegarsi ovunque siano, a patto che abbiano un device che consente l'accesso a internet (computer da tavolo, portatile, tablet, telefono). Io sarò comunque presente in T12A dalle 08.50, e al solito link TEAMS delle lezioni sono comunque raggiungibile dalle ore 09:00 circa dello stesso 12 novembre 2021 per chi avesse bisogno di parlarmi

 Tutti i candidati per poter accedere ai test dovranno leggere e sottoscrivere la seguente affermazione: 

Intendo fare il test in autonomia, senza l'aiuto di altri e senza fornire le mie risposte ad altri. Sono consapevole che il test è un passaggio necessario di verifica per la valutazione e non interferirò con le responsabilità didattiche del mio docente.

Bisogna rispondere scegliendo una delle due opzioni:

  • Mi assumo l’impegno morale di quanto scritto sopra e proseguo con il test
  • NON posso garantire la mia onestà e lascio il test per ripresentarmi quando potrò sostenerlo


 Per cortesia evitate pasticci, non fate il test in gruppo o in sequenza, non passatevi le risposte su whatsapp, evitate di entrare con un nome fittizio per vedere un po' di domande e rifare il test poi con il vostro nome: non avete il tempo materiale per queste bambinate e rendete il mio lavoro di insegnante un'umiliazione invece che un orgoglio. Ve lo chiedo come cortesia personale, e come forma di rispetto nei confronti di voi stessi.

Un ultimo consiglio: NON fate il test "certificato Caris" se NON avete il certificato Caris. Se pensate di averne diritto, contattate il Caris e fate in modo di essere registrati. NON posso verbalizzare test Caris se non siete certificati, se non ho cioè una certificazione oggettiva, quali che siano le vostre condizioni soggettive.

martedì 2 novembre 2021

L'ARTE COME LOCAL KNOWLEDGE (Lezione 11 del Modulo A registrata il 27 ottobre 2021)

 



Ho dedicato la prima parte a concludere il tema della RICERCA SUL CAMPO, mentre nella seconda parte ho discusso il saggio di Clifford Geertz L'arte come sistema culturale, uno di quei saggi in cui più diventa chiara la rilevanza della prospettiva antropologica in molti settori di studio.

Presentazione del progetto Extremely EUnited a Tor Vergata


Il progetto Extremely EUnited è finalizzato a contrastare l’estremismo e la radicalizzazione attraverso il dialogo interculturale e Interreligioso, coinvolgendo le istituzioni, le università e le associazioni nei Paesi Bassi, in Spagna, Belgio, Francia, Italia, Ungheria, Svezia, Estonia e Kosovo. 

 MERCOLEDI 3 NOVEMBRE alle ore 11:00 alcuni esponenti del progetto presenteranno (in lingua italiana) i risultati delle attività svolte nell'AULA 23B della Macroarea di Lettere di Tor Vergata. Nel corso dellincontro saranno presentati i video del progetto, ai quali seguirà il dibattito con gli studenti. TUTTI GLI STUDENTI E TUTTE LE STUDENTESSE di Tor Vergata sono invitati/e a essere presenti per condividere un importante momento di informazione e riflessione.

Per gli studenti di Antropologia culturale l'incontro è vivamente consigliato e la presenza verrà valutata positivamente come partecipazione attiva alle attività didattiche, che come sapete è uno dei criteri di valutazione finale. In modo particolare, dato che il MODULO B è dedicato all'Antropologia religiosa, la presenza varrà di fatto come frequenza e partecipazione anche e soprattutto per gli studenti che debbano superare quel modulo (ma resta vivamente consigliata anche per chi dovesse frequentare solo il modulo A). Sarà possibile essere presenti anche solo su TEAMS, a questo link:

https://tinyurl.com/ExtremelyEUnitedTEAMS

 

lunedì 1 novembre 2021

RACCOGLIER DATI SENZA DARLO A VEDERE: FIELDWORK (Lezione 10 del Modulo A registrata il 25 ottobre 2021)

 


I primi minuti sono stati dedicati a introdurre il tema della festa che il PEF – Polo Ex Fienile ha organizzato per il 31 ottobre e dedicata al ricordo dei morti. GIADA GIORGI, studentessa di Editoria e tra i leader del LaPE – Laboratorio di Pratiche Etnografiche nato come spinoff di Tor Vergata e oggi associazione culturale autonoma e presente sul territorio del VI Municipio.

[MINUTO 12:25] abbiamo iniziato a parlare della RICERCA SUL CAMPO con una lunghissima introduzione (di fatto gran parte della lezione) dedicata al modo in cui le discipline antropologiche raccolgono i loro DATI di ricerca. Diversamente dalla storica, che usa l’archivio, e dalla sociologa, che usa il questionario, l’antropologa ha il campo come spazio privilegiato di produzione dei dati.

Abbiamo detto quanto a volte sia difficile, nelle condizioni attuali della globalizzazione, distinguere tra campo e vita ordinaria: se per me era facile capire quand’ero “sul campo” in Macedonia greca o in Irlanda del Nord, assai più difficile è        capire quando “sto facendo campo” a Roma, dove la mia ricerca spesso si mischia alla didattica, e anche e soprattutto alla mia vita ordinaria.

[MINUTO 15:30] L’antropologia non lavora più solo con i dati che produce direttamente, ma deve imparare a maneggiare moli di dati sempre più ampie che si trovano già disponibili e devono piuttosto essere analizzate con la strumentazione tipica dell’antropologia (individuare il piano simbolico nel corpo di dati che sta indagando, indipendentemente da chi li abbia prodotti/raccolti.

[MINUTO 20:40] Se la cultura è quel sistema complesso di segni che abbiamo finora sommariamente definito, e se l’epistemologia della disciplina impone un approccio teorico di tipo ermeneutico, in concreto questo in cosa si risolve? Cosa succede veramente quando l’antropologa o l’antropologo deve condurre una ricerca mettendo a frutto la sua professionalità? Per che tipo di dati raccolti siamo pagati?

Partiamo da due video, che raccontano in modo simmetrico il doppio errore/pregiudizio della ricerca sul campo, che possiamo sintetizzare così:

1. Trovare cose che non ci sono, semplicemente perché ci viene spontaneo cercarle.

2. NON trovare cose che invece ci sono, perché siamo talmente intenti a cercare quel che dobbiamo cercare che non ci accorgiamo della nostra “sustained inattentional blindness” (DANIEL SIMONS).

Una volta apprese, le categorie funzionano al punto che ci possiamo ficcare dentro anche "cose" che in sé non hanno ragione di starci, come dimostra la bellissima poesia di Fosco Maraini, letta da Gigi Proietti [MINUTO 24:40] IL LONFO E' un testo "senza senso" ma riusciamo a capire tantissimo, proprio perché utilizziamo categorie che già abbiamo per ficcarci dentro quel nonsense. Anche le parole senza senso le ficchiamo dentro qualche categoria. Questa dimensione cognitiva è stata studiata dagli psicologi ma quasi solo per gli aspetti strettamente percettivi (forme e colori) ma dobbiamo capire vale a che per i giudizi morali o estetici: una volta elaborate, alcune categorie si radicano in profondità e le utilizziamo anche per includere aspetti del reale che non erano originariamente concepiti in quella categorizzazione (ROBERT SAPOLSKY lavora su questi temi, ma non ci sono traduzioni italiane delle sue riflessioni si questi temi, a parte il suo più semplice e divulgativo Perché le zebre non hanno l’ulcera). In particolare varrebbe la pena di leggersi le sue considrazioni sul DISGUSTO contenute nel sul Behave capitolo 15: Metaphors we kill by. Pp. 560-565).

Un altro modo di comprendere questa tendenza umana è l’antropomorfizzazione VIDEO triangoli e pallina su Peterson

Questa capacità di produrre senso, quando non è socialmente condivisa può produrre il "delirio", la fine della significazione come comunicazione. Ora, c'è una disputa tra filosofi del linguaggio per stabilire se il linguaggio sia prima COMUNICAZIONE (quindi presupponga l'altro) o sia ESPRESSIONE (per portare fuori quel che si ha dentro) e non intendo prendere posizione in proposito. Mi basta dire che il linguaggio è sempre tutte e due le cose, e quando perde la sua dimensione CONDIVISA diventa facilmente ALIENAZIONE.

Questo significa collegare la cultura come sistema categorizzante al POTERE di esercitare quella funzione. NON tutti hanno la stessa voce nello stabilire quale sia il senso di quell'aspetto culturale. Il tè è diventato comune in Inghilterra perché era una regina a consumarlo e le donne nobili l'hanno imitata, presto imitate dalle borghesi e giù nella scala sociale. Ci sono diverse teorie in questo senso (penso ad esempio alla Teoria della classe agiata di Veblen) ma quel che conta è che ci imitiamo tra gruppi e sottogruppi e spesso capita che siano quelli che dispongono le quantità maggiori di diverse forme di POTERE (economico, di prestigio, politico) a fare da modelli e a stabilire quali siano i "giusti" (dentro quella cultura) significati da attribuire a determinati segni.

Avere un quadro categoriale è quindi necessario, non possiamo farne a meno. Ma una volta che lo abbiamo incorporato, da un lato ci consente di non dubitare tutto il tempo per ogni cosa, ma dall'altro rischia di farci "perdere di vista" aspetti del reale che NON ABBIAMO NOTATO perché eravamo intenti a categorizzare altro,

[MINUTO 35:50]. Il gorilla invisibile e le sue conseguenze per il campo. Il video "Awareness test" serviva a farci capire questo punto.

In questa versione estesa, direttamente da DANIEL SIMONS, si può vedere confermata la tendenza molto profonda a perdere di vista aspetti importanti del contesto SE NON INTERFERISCONO con il compito che abbiamo da svolgere. Di fatto, il reale sembra concepito come un sistema di COMPITI e FUNZIONI, vale a dire come un’articolazione di “COSE DA FARE”, piuttosto che un sistema di cose delimitate e chiuse in sé (“COSE DA ESSERE”), al punto che solo le cose da fare rientrano nel nostro percepito ordinario, tagliando fuori anche variazioni sostanziali degli altri oggetti non coinvolti nel nostro compito di quello specifico momento.

[MINUTO 47:50] Il punto di partenza è non commettere l’errore di cercare solo quel che già si conosce, ed accettare il fatto che sul campo c’è un sacco di spazio per la SERENDIPITÀ, vale a dire quella strana qualità della vita umana, per cui cercando una cosa ne troviamo poi molte altre a cui non stavamo minimamente pensando. Un fenomeno simmetrico alla serendipità è invece quando vediamo nelle nuvole dei volti, o degli oggetti (pareidolia). Le immagini che vediamo NON sono nelle nuvole, (PAREIDOLIA significa immagine apparente) ma sono nelle categorie che abbiamo acquisito e dentro cui forziamo quel che vediamo.

[MINUTO 50:44] La ricerca sul campo, proprio per queste costrizioni di ordine cognitivo-culturale, deve sempre essere pronta a riconsiderare le sue DOMANDE DI RICERCA, come ho provato a raccontare con l’esempio del CARCERE come spazio di ricerca etnografica. [MINUTO 54:05] esempio della MACEDONIA GRECA e di come la ricerca sul campo possa modificare in profondità l’originaria domanda di ricerca.

[MINUTO 59:14] la questione dell’INTIMITÀ come strumento della ricerca sul campo. L’antropologo che fa ricerca sul campo si trova a dover considerare come strumento di lavoro quel che per altri studiosi dell’uomo spesso è considerato un ostacolo alla correttezza della ricerca, e cioè l’intimità con le persone dalle quali cerca di ottenere la materia prima del suo lavoro. Mentre un sociologo, uno storico, ma anche uno psicologo o uno psicoanalista valutano con estrema cautela l’eventualità di provare qualche forma di attaccamento emotivo per i propri interlocutori (o per i propri documenti), per l’antropologo questa condizione di contatto profondo non solo non viene esclusa, ma è anzi attivamente ricercata: solo grazie alla “confidenza” con i propri informatori, infatti, potrà sperare di fornire una rappresentazione adeguata del “punto di vista del nativo”. VERED AMIT-TALAI (1999, p. 2) riassume questa particolarità della ricerca etnografica in modo efficace:

Una delle peculiarità dell’osservazione partecipante [[MINUTO 1:01:24] DEFINIZIONE DI OSSERVAZIONE PARTECIPANTE]] intesa come ricerca etnografica è il modo in cui il/la ricercatore/trice e le sue personali relazioni fungono da vettori privilegiati per l’elicitazione dei dati e per la loro comprensione. Sicuramente non esiste altra forma di indagine scientifica in cui i rapporti di intimità e familiarità tra ricercatore e soggetto indagato siano considerati un così fondamentale strumento di indagine, invece che un effetto collaterale intrusivo o addirittura un impedimento alla ricerca.

A questa citazione possiamo contrapporre, con un pizzico di retorica contrastiva, la preoccupazione di una storica, ANNETTE WIEVIORKA che, ponendosi direttamente il problema della rilevanza del testimone nella ricostruzione storica, sembra preoccupata proprio di non perdere il passo con l’obiettivo fondamentale della sua disciplina:

Come costruire allora un discorso storico coerente se ad esso si contrappone costantemente un’altra verità, quella delle memorie individuali? Come fare appello alla riflessione, al pensiero, al rigore quando i sentimenti e le emozioni invadono la scena pubblica? (Wieviorka 1999).

Ovviamente, non pretendo che questa opposizione schematica sia sistematica (ci sono antropologi che si pongono il problema di come superare la “seduzione etnografica”, e ci sono storici del tutto convinti della necessità di un contatto più profondo con la questione “esperienziale” della ricerca) ma rimane il fatto che la tensione tra distanza critica e identificazione empatica con la fonte sembra spingere la storia verso la prima, e l’antropologia verso la seconda. In realtà, posta in questi termini ipersemplificanti, l’opposizione è del tutto artificiale e fuorviante (cfr. Dei 2005, pp. 41-42), dato che rischia di banalizzare lo spinoso problema dello statuto ontologico delle rappresentazioni (che sono i dati principali e dell’antropologo e dello storico). Ma in questa sede non voglio occuparmi del rapporto tra realtà, verità e scienze umane, quanto piuttosto di un tema collaterale, e cioè l’interazione tra produzione etnografica e rappresentazioni dell’identità.

[MINUTO 1:10:23] Il rapporto tra storia e memoria. Mentre gli storici sono interessati (e giustamente) alla ricostruzione dei fatti, gli antropologi cercando di ricostruire come quei fatti sono stati vissuti dai testimoni diretti e, ancor più, qual è il SENSO che la comunità di riferimento attribuisce agli eventi. Il caso del massacro delle Fosse Ardeatine e la ricostruzione che ne ha dato lo storico orale ALESSANDRO PORTELLI nel suo fondamentale L’ordine è già stato eseguito.

[MINUTO 1:19:39] Iniziamo ad affrontare finalmente i contenuti effettivi del saggio di Olivier de Sardan.

La ricerca antropologica si basa sul quattro forme di produzione dei dati, che tra loro interagiscono costantemente.

1. l’osservazione partecipante

2. i colloqui

3. le procedure di censimento

4. la raccolta di fonti scritte (nelle quali io includo qualunque forma di “scrittura” intesa come memoria extrasomatica, per cui tra le fonti “scritte” vanno considerati anche filmati su pellicola o su nastro magnetico e tutti i tipi di “file” audiovisivi oggi disponibili).

Vediamo per concludere questa lezione solo la prima, l’osservazione partecipante.

Lo strumento fondamentale del lavoro dell’antropologo nel produrre dati con questa forma è il TACCUINO. Secondo OLIVIER DE SARDAN (2007, p. 34), il taccuino “è il luogo dove si opera la conversione dell’osservazione partecipante in dati trattabili ulteriormente”. Il ricercatore, immerso nel contesto della sua ricerca, osserva, ascolta e interagisce costantemente e il taccuino degli appunti sedimenta i corpus che saranno poi trattati nella fase di elaborazione. Come lo storico ha gli archivi nei quali produce i suoi corpus, così l’antropologo ha il taccuino di campo, che gli consente di registrare quel che ritiene importante per conservarne una traccia. Non affronto in questa sede la questione dello statuto epistemologico di questi corpus, ma mi limito a osservare come l’antropologia culturale abbia da lungo tempo superato il paradigma rigidamente positivista secondo cui i dati sarebbero “pezzi di realtà”, pur mantenendo un sano approccio empirista che le consente di non cadere nella fallacia soggettivista per cui i dati altro non sarebbero che costruzioni idiosincratiche dell’osservatore (Olivier de Sardan 2009, p. 32). Insomma, il taccuino su cui registrare impressioni e annotazioni è uno strumento fondamentale per trasformare in dati le osservazioni.

Eppure l’osservazione partecipante non si limita a produrre dati su carta (o su file), dato che una parte rilevante del sapere degli antropologi si sedimenta attraverso l’IMPREGNAZIONE, cioè il meccanismo di familiarizzazione implicita, non acquisita per via formale, della cultura locale. LEONARDO PIASERE (2009, p. 75) la chiama “conoscenza incorporata dell’esperienza etnografica” e per esemplificarla racconta un curioso episodio accaduto durante un convegno che univa esperti di zingari e antropologi esperti di altri campi di ricerca. Alla battuta di un collega “zingarologo” risero solo gli antropologi esperti di zingari, perché

gli antropologi ‘generalisti’, pur conoscendo l’etnografia scritta degli zingari, dimostrarono di non sapere quando si ride in un accampamento zingaro. Nessuno di noi antropologi degli zingari ha mai spiegato ‘di che cosa ridono gli zingari’ e forse nessuno ha mai focalizzato la sua attenzione su questo, eppure la nostra pratica condivisa ci portò in quell’occasione, quasi per un meccanismo di stimolo-risposta, a ridere perché ‘sapevamo’ che in quelle situazioni dagli zingari si ride. Avevamo incorporato una conoscenza che non era stata travasata nei nostri scritti (Piasere 2009, p. 75).

Il punto teorico rilevante di questa dimensione della ricerca sul campo è l’esigenza, da parte del ricercatore sul campo, di superare il logocentrismo per riconoscere che tra le sue fonti di conoscenza molte sono di tipo extralingustico. Così riassume questo punto JUDITH OKELY:

Gli antropologi, immersi per prolungati periodi in un’altra cultura o nella propria in quanto osservatori partecipanti, imparano non solo attraverso l’orale o il trascritto, ma attraverso tutti i sensi, attraverso il movimento, attraverso i loro corpi e l’intero essere, in una pratica totale. Noi usiamo questa conoscenza per dare senso, letteralmente, al materiale annotato. Scrivere è ben più della ‘pura cerebralizzazione’ che qualcuno ha detto essere. Le note prese sul campo possono essere niente di più che un congegno che fa scattare memorie incorporate e quindi inconsce (Okely 1992, p. 76).

La prossima lezione ripartirà da qui, enucleando gli altri modi di produzione del dato etnografico.

 

TESTI CITATI SENZA LINK

Amit-Talai, Vered, 1999, “Introduction. Constructing the Field”, in Amit-Talai, Vered, a cura di, Constructing Field: Ethnographic Fieldwork in Contemporary World, Florence, KY, Routledge.

Dei, Fabio, 2005, "Introduzione. Poetiche e politiche del ricordo", in P. Clemente e F. Dei, a cura di, Poetiche e politiche del ricordo. Memoria pubblica delle stragi nazifascisce in Toscana, Roma, Carocci.

Okely, Judith, 1992, “Anthropology and Autobiography: Participatory Experience and Embodied Knowledge”, in J. Okely, H. Callaway (a cura di), Anthropology and Autobiography, ASA Monographs 29, London and New York, Routledge, pp. l-28.

Olivier de Sardan, Jean-Pierre, 2009, “La politica del campo. Sulla produzione di dati in antropologia”, in Francesca Cappelletto (a cura di), Vivere l’etnografia, Firenze, Seid, pp. 27-63.

Piasere, Leonardo, 2009, “L’etnografia come esperienza”, in Francesca Cappelletto (a cura di), Vivere l’etnografia, Firenze, Seid, pp. 65-95.

Wieviorka, Annette, 1999, L'era del testimone, trad. it. Milano, Raffaello Cortina editore.