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sabato 23 novembre 2019

Pregiudizio e racconto


Non so bene come sia successo, dato che quando ho cominciato a pensare che “volevo fare l’antropologo” mi interessavano i popoli mesoamericani, i Toltechi, gli Aztechi, i Maya e i loro successori contemporanei. Poi, per diverse ragioni, in Messico non ci sono mai andato (neanche per turismo), ma non ho perso l’interesse per qualcosa di esotico, e ho fatto il dottorato con una ricerca in Macedonia (soprattutto sul versante greco) e poi in Irlanda (al confine tra Repubblica e Irlanda del Nord). Quando mi sono definitivamente stabilito a Roma ho iniziato a interessarmi di temi di antropologia urbana, Roma è una miniera (e anche una sentina, in questo senso) di idee, temi, storie.
Ho finito così, quasi senza rendermene conto, a lavorare con temi teoricamente centrali ma letti dal punto di vista delle storie di persone marginali: la genitorialità e il rapporto intergenerazionale visto dal punto di vista degli immigrati bangladesi; la concezione dello spazio urbano e le forme della socialità viste dal punto di vista degli occupanti (italiani e stranieri) a scopo abitativo; la secolarizzazione e il postsecolare in una città come Roma letta dentro le rifrazioni multietniche e globalizzanti del pellegrinaggio al (doppio) santuario del Divino Amore; la giustizia e la cittadinanza viste da oltre le sbarre del carcere di Rebibbia.
Da tre anni, da quando Tor Vergata è presente al polo ex Fienile, la collaborazione con l’Associazione 21 Luglio mi ha portato a conoscere un poco la galassia rom, vale a dire lo spazio marginale per definizione. Grazie a loro sono diventato un membro di Reyn, la rete europea dei giovani rom, e grazie a Reyn Italia ho avuto modo di dare il mio modesto contributo conoscitivo a una “questione sociale” in cui la quota di pre-giudizio è spropositatamente altra, più che per ogni altro tema che io abbia affrontato nelle mie ricerche.
Sono quindi molto orgoglioso di essere stato convocato per fare il bibliotecario per la Biblioteca vivente che presenterà otto storie rom. Si è trattato di raccogliere le storie per trasformare il pregiudizio in una opportunità di conoscenza reciproca, in un processo di personalizzazione del rapporto che è prima di tutto umanizzazione. Definizione e Narrazione sono due modi essenziali di conoscenza del mondo, il primo corrisponde al Vocabolario, il quadro essenziale dei concetti che ci consente di orientarci nel mondo, ma il secondo corrisponde alla Enciclopedia, all’approfondimento come studio amorevole della cosa che si cerca di conoscere. In paesi come l’Italia i rom sono sempre più oggetto di definizione, e sempre meno soggetto di narrazione. Aprire una biblioteca vivente con loro è una vera opportunità di reciproca conoscenza, di superamento del pregiudizio e del sospetto (anche questi reciproci e spesso simmetrici). Vi chiedo, se siete al centro di Roma domenica mattina o nella periferia di Torbellamonaca nel pomeriggio, di fare un salto, venire a leggere uno o più di questi libri, ascoltare storie che non vogliono essere esemplari o didascaliche, ma che possono aprire una breccia nella disumanità delle rappresentazioni stereotipate, per cominciare a produrre quell’ingrediente curioso e imprescindibile delle nostre vite in relazione: l’umanità.
Qui trovate l'articolo di Carlo Stasolla sul sito del Fatto Quotidiano dove sono presentati gli otto libri viventi che potremo leggere.