Ci sarò. E' un momento importante di confronto tra "l'istituzione" e "l'antagonismo", per capire se ci possiamo parlare e capire. E magari se possiamo lavorare nella stessa direzione (che secondo me resta quella di produzione della cittadinanza). Ecco la locandina con l'invito. Molto ben accett@ student@ di ogni genere
Venerdì 20 maggio h. 18
@ Metropoliz (via Prenestina 913, Roma)
"Dentro e contro l'università-fabbrica della città: per una nuova (con)ricerca sul diritto all'abitare."
Un numero sempre crescente di ricercatrici e ricercatori, negli ultimi anni, ha iniziato ad approcciare la realtà dell'emergenza abitativa, e delle sue forme di autorganizzazione, da una prospettiva nuova. Anziché “patologizzare” gli occupanti come vittime tout-court, soggetti marginali a prescindere, o peggio criminalizzarne direttamente le condotte in quanto “illegali”, “migranti” e “abusivi”, molt* hanno privilegiato una prospettiva che mettesse in luce le biografie, spesso complesse e anche contraddittorie, di chi ha deciso di unirsi a percorsi di lotta organizzati per rispondere alla necessità di avere un tetto sopra la testa. Tanti altr* hanno anche scelto di descrivere le forme di organizzazione e vita meticcia che ne scaturiscono, e infine le conseguenze dei dispositivi giuridici elaborati a livello sia locale che nazionale allo scopo di sanzionare gli occupanti e scoraggiarne di nuovi (come accaduto in primis l'articolo 5 del Piano Casa), anziché andare a colpire le cause strutturali dell'emergenza stessa.
Questi progetti di ricerca vengono portati avanti nonostante l'orientamento apertamente neoliberista e avverso alla rappresentazione del conflitto sociale che sta prendendo piede dentro le Università, e favorito dal susseguirsi di riforme che hanno mercificato i saperi, accresciuto a dismisura il potere dei cosiddetti “baroni”, e reso sempre più precarie le sorti di chi si avvicina al mondo accademico, sia in termini di reddito che di prospettive di vita. E anche per chi ce la fa a ritagliarsi una posizione (sebbene temporanea) dentro gli atenei, i tagli rendono estremamente complesso portare avanti ricerche che richiedano un impegno lungo e dedito sul campo.
Ciononostante, tanti e tante stanno comunque portando avanti progetti sull'emergenza abitativa e la realtà delle occupazioni abitative a Roma in tutta Italia da diverse prospettive disciplinari e approcci metodologici, provando faticosamente ad imprimere un mutamento di paradigma, senza schemi predefiniti o appiattiti sulle opinioni di moda tanto nei media quanto nei dipartimenti, dove gli imperativi di “legalità” e “rigenerazione urbana” denunciano non solo un colpevole scollamento dalla palese realtà del fallimento delle politiche di austerità nella città, e dalle malversazioni istituzionalizzate prodotte da privatizzazioni, esternalizzazione dei servizi pubblici, alienazione e uso privatistico dei beni comuni. Lo scollamento è soprattutto dalle necessità e dai bisogni di migliaia (se non milioni) di persone che sperimentano nuove forme di marginalità ed espulsione a partire da condizioni soggettive profondamente distanti, dal ceto medio imprenditoriale impoverito sottoposto a pignoramenti, a rifugiati e richiedenti asilo esclusi dal sistema dell'accoglienza al collasso, e che si trovano nella necessità di provvedere dal basso ai propri bisogni di vita, pena la povertà assoluta e la strada.
Peggio ancora, certi orientamenti accademici hanno avallato le opinioni, e legittimato le azioni di chi, per interessi di capitalizzazione economica o politica, ha allungato le mani sulla città di Roma a colpi di gestione delle emergenze e colate di cemento, tratteggiando con decisione il fantasma di “nemici della città” nei poveri e in chi lotta per il diritto alla città allo scopo di tacere l'impatto devastante di decenni di politiche neoliberiste in territori già stremati dal susseguirsi di crisi economiche senza soluzione di continuità.
Prendere atto di questo contesto così difficile non significa comunque rassegnarsi ad adottare il punto di vista predominante, né tanto meno ad accettare individualmente in silenzio l'esclusione o l'emarginazione dai contesti universitari, accontentandosi di portare avanti ragionamenti che rimangano comunque “di nicchia”, e lontani da opportunità più ampie di divulgazione. Di fronte ad uno scenario così complesso, si aprono praterie per progetti di (con-)ricerca che abbiamo l'ambizione di costruire una narrazione partigiana nel suo essere dal basso e senza finte pretese di “oggettività”; nel suo voler raccontare nei suoi aspetti quotidiani e più profondi processi di autorganizzazione, lotte per recupero di diritto alla città, forme di vita e di riproduzione sociale meticcia e solidale che si ingenerano negli spazi occupati. Quegli stessi luoghi che, sebbene minacciati continuamente da attacchi e sgomberi, sono riusciti anche a diventare spazi di socialità, solidarietà e organizzazione in quegli stessi territori narrati solitamente solo tramite le retoriche del “degrado”, e le opportunità di strappare inversioni di tendenza nella gestione delle città che questi percorsi rappresentano. Tutti questi progetti, partendo da prospettive eterogenee, contribuiscono dunque a narrare come si possa invertire la tendenza nella gestione della città a partire da percorsi autonomi e dal basso, e socializzano saperi utili a contrastare sia i dispositivi repressivi mossi contro gli/le attivisti, sia quelli di controllo e sfruttamento quotidianamente dispiegati sulla pelle degli occupanti, in larga misura migranti.
Metropoliz, come città meticcia e solidale che ha riportato la pratica dell'autogestione nel cuore di Tor Sapienza, negli ultimi 7 anni di vita ha idato vita al MAAM e ideato ed ospitato moltissimi eventi culturali, sportivi e accademici. Ci sembra dunque il luogo più adatto per iniziare a discutere collettivamente di come uscire dall'isolamento individuale in cui il sistema universitario sta cercando di confinarci, provare a conoscerci, col fine ultimo di provare a immaginare forme nuove per mettere in connessione ricerche con approcci intersezionali ed interdisciplinari diversi, ma che hanno la capacità e l'ambizione di decostruire retoriche securitarie, razziste e criminalizzanti, per provare ad immaginare un nuovo modello di città, costruita in modo solidale e dal basso.
Partecipano:
Margherita Grazioli (School of Management - University of Leicester, UK)/ Carlotta Caciagli (Dipartimento di Scienze Politiche - Scuola Normale Superiore di Pisa)/ Elena Maranghi (Dipartimento di Urbanistica - Università La Sapienza, Roma)/ Chiara Davoli (Dipartimento di Scienze Sociali - Università La Sapienza, Roma)/ Alberto Violante (Dipartimento di Scienze Sociali - Università La Sapienza, Roma)/ Piero Vereni (Dipartimento di Storia, Patrimonio Culturale, Formazione, Società - Università degli Studi di Tor Vergata, Roma)/ Gennaro Avallone (Dipartimento di Scienze Politiche, Sociali e della Comunicazione - Università di Napoli)/ Andrea Aureli (antropologo)
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