Al voto come delega (sono io la soluzione, votatemi) e al voto come spettacolo (che fighi che siamo, votateci), questa volta la periferia romana (tutta Roma tranne i due municipi del centro, non a caso) ha risposto con il voto come richiesta di servizio. Non ho la minima idea di chi sia Virginia Raggi, ma l'ho votata perché credo che si voglia mettere di traverso a chi questa città l'ha (quasi) sempre controllata economicamente, vale a dire costruttori e palazzinari. L'attacco già partito contro Berdini mi pare una controprova. Fatto fuori il voto-spettacolo, il successo del M5s getta ora il panico in quel residuo di berlusconismo che pensava di aver trovato la chiave di volta del potere nello stile gradasso di chi la sa lunga, nell'arroganza becera dello specchietto per le allodole elettorali.
E' un voto che pretende una lettura di classe, almeno a Roma. Tutti quelli che non hanno servizi garantiti, lavoro sicuro, giustizia sociale, hanno votato M5S per dire che non ne possono più di delegare al ganzo di turno che lui sì risolve tutto, o di omaggiare il mammasantissima con l'impellicciata al seguito.
Mi sa che sul piano nazionale questo è pensiero che cominciano a farsi in molti. Non solo all'opposizione.
Ho insegnato a Venezia, Lubiana, Roma, Napoli, Firenze, Cosenza e Teramo. Sono stato research assistant alla Queen's University of Belfast e prima ho vissuto per due anni in Grecia, per il mio dottorato. Ora insegno a Tor Vergata e nel campus romano del Trinity College di Hartford (CT). Penso che le scienze sociali servano a darci una mano, gli uni con gli altri, ad affrontare questa cosa complicata, tanto meravigliosa quanto terribile, che chiamano vita.