È la mattina di Natale, abbiamo tutte e tutti di meglio da
fare, ma visto come è andato il post
di ieri vorrei provare a chiarire alcuni punti. Mi hanno scritto (anche in
privato) amici che non sentivo da
quarant’anni, e questo per me è significativo. Soprattutto se molti mi hanno rimproverato il tono, o almeno hanno
riconosciuto un tono sopra le righe.
Scrivere (e ancor peggio parlare) sotto impulso dello sdegno è pericolosissimo perché si
rischia di lasciare segni anche lì dove non si sarebbe voluto. Ma da dove è
venuto questo sdegno? Dal fatto che i 5S in Senato hanno fatto intenzionalmente mancare il numero
legale, dimostrando così di non essere (più?) quel che dichiarano, cioè duri e puri, onesti oltre ogni calcolo,
ma di essere diventati un partito qualunque,
disposti a muoversi nella direzione più conveniente,
non in quella più giusta. È un po’
come vedere don Chisciotte (o Jeeg Robot) che raccoglie i soldi della
pizza con gli amici e poi fa la cresta
sulla mancia, intascandone una parte: una cosa che proprio non ti aspetti da
uno come lui.
Sono di sinistra,
credo cioè che la lotta politica debba essere orientata prima di tutto ad
aumentare la giustizia sociale:
tutti dovrebbero avere le stesse opportunità, indipendentemente dai vantaggi o
dalle limitazioni della loro condizione di partenza. Per questo credo nella
scuola pubblica, nella sanità pubblica, nella limitazione politica della legge
di mercato, nella giustizia come impegno a punire prima di tutto chi ostacola
questo percorso di ricostituzione dell’eguaglianza. Non ho mai trovato i 5S
particolarmente attraenti quanto a proposte
politiche in questo senso, ma ho riconosciuto fin da subito il senso di giustizia sociale che lo
animava. A mio parere espresso in modo del tutto errato, con un’esasperazione del giustizialismo (“chiudeteli in prigione e buttate la chiave”, “destra
e sinistra tutti uguali”) che a me, che lavoro nel carcere di Rebibbia con regolarità da due anni e
mezzo, fa letteralmente orrore. Ma per lungo tempo ho sentito i 5S come “compagni che sbagliano”, in parte anche
giustamente esasperati da una dirigenza PD non sempre ottimale (ironia, eh!). Particolarmente indisponente per me nei 5S
è stato il metodo mafiosetto di delegittimazione
dell’interlocutore, che più di tutto ho visto applicato nei confronti di un puro vero come Pippo Civati, che non appena
ha provato ad articolare coi 5S un discorso come quello che sto facendo io
(cioè che il M5S pone in modo sbagliato una serie di problematiche verissime) è
stato sbeffeggiato, accusato di fare
il “cane
da riporto” e altre meschinità veramente vergognose se rivolte a un
politico sulla cui onesta e disponibilità a pagare di persona proprio non si
può discutere.
Insomma, ho sempre visto nel 5S un movimento radicalmente sbagliato ma il sintomo di una questione seria,
la questione della giustizia sociale nel nostro paese.
È questo che mi ha fatto andare fuori di matto, l’altro
ieri. Perché un partito che pretende di essere radicato in un senso assoluto di
giustizia, che dice a destra e sinistra che non fa tatticismi e calcoli
perché questo sarebbe violare il suo mandato, fa una porcata come quella di far saltare lo ius soli? Qualcuno ha sentito un’argomentazione ragionevole in
questo senso? Come questa primavera
con la questione delle ONG “taxi del Mediterraneo”
(gestita in modo neppure meschino, direttamente miserevole dall’imbarazzante Di Maio) e poi di nuovo a novembre, quando i parlamentari europei
del M5S hanno votato NO
alla riforma dell’assurdo regolamento di
Dublino sui rifugiati, per la terza
volta come antropologo (cioè come esperto dell’identità e della diversità)
mi sono trovato a gestire un messaggio profondamente fascista da parte della classe dirigente 5S. Un messaggio che dice:
pensiamo agli “italiani veri”, agli
italiani di razza italiana (non c’è
altro modo di spiegare il rifiuto dello ius soli se non dentro una logica razziale delle appartenenze) e
difendiamoli dagli Stranieri, dall’Alterità che è troppa e troppo
impegnativa da gestire civilmente.
Questo NON è quello che mi aspetto da un movimento che
continua dire di essere l’unico paladino
della Giustizia, è invece un discorso identitario
retaggio della destra estrema.
La mia provocazione
di ieri era rivolta soprattutto a quanti sono arrivati al 5S proprio sulla scia
di una storia di sinistra delusa, ma
portandosi dentro (e portando nel movimento) questo profondo e insoddisfatto senso di Giustizia
sociale. Guardate, amici, che siete entrati nel 5S vedendolo andare in una
certa direzione, vi vorrei avvisare
che ci deve essere stato qualche intoppo perché il percorso è proprio cambiato. Io dico che si poteva capire
dall’inizio, questa deriva fascista, ma poniamo pure il caso che non sia così,
che in principio le motivazioni ideali
fossero tali da attirare quanti hanno “fame e sete di giustizia”. Bene, amici e
amiche di quella storia, io ieri ho urlato
perché volevo fosse chiaro che, oggi, accettando
di stare dalla parte del 5S non si sta più dalla parte dei puri e duri, dalla parte di coloro che perseguono la loro battaglia
per la giustizia. Si sta dalla parte
di un partito nazionalista che
strizza l’occhio alla destra più becera,
al salvinismo e al fascismo dichiarato. Se continuate a dire che “tanto sono
tutti uguali” e che solo il Movimento ci salverà state mentendo a voi stessi, perché un movimento che per meschine ragioni
di convenienza rifiuta di essere
parte attiva nella sacrosanta
battaglia per lo ius soli è un movimento che ha perso l’anima, è diventato una cricca di affaristi politici che capitalizza la propria strategia lì
dove crede di prendere più voti. Questo, fascista o non fascista, mi fa più schifo di tutto.