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lunedì 25 dicembre 2017

Cinquestelle e fascismo (seconda prova)

È la mattina di Natale, abbiamo tutte e tutti di meglio da fare, ma visto come è andato il post di ieri vorrei provare a chiarire alcuni punti. Mi hanno scritto (anche in privato) amici che non sentivo da quarant’anni, e questo per me è significativo. Soprattutto se molti mi hanno rimproverato il tono, o almeno hanno riconosciuto un tono sopra le righe.
Scrivere (e ancor peggio parlare) sotto impulso dello sdegno è pericolosissimo perché si rischia di lasciare segni anche lì dove non si sarebbe voluto. Ma da dove è venuto questo sdegno? Dal fatto che i 5S in Senato hanno fatto intenzionalmente mancare il numero legale, dimostrando così di non essere (più?) quel che dichiarano, cioè duri e puri, onesti oltre ogni calcolo, ma di essere diventati un partito qualunque, disposti a muoversi nella direzione più conveniente, non in quella più giusta. È un po’ come vedere don Chisciotte (o Jeeg Robot) che raccoglie i soldi della pizza con gli amici e poi fa la cresta sulla mancia, intascandone una parte: una cosa che proprio non ti aspetti da uno come lui.
Sono di sinistra, credo cioè che la lotta politica debba essere orientata prima di tutto ad aumentare la giustizia sociale: tutti dovrebbero avere le stesse opportunità, indipendentemente dai vantaggi o dalle limitazioni della loro condizione di partenza. Per questo credo nella scuola pubblica, nella sanità pubblica, nella limitazione politica della legge di mercato, nella giustizia come impegno a punire prima di tutto chi ostacola questo percorso di ricostituzione dell’eguaglianza. Non ho mai trovato i 5S particolarmente attraenti quanto a proposte politiche in questo senso, ma ho riconosciuto fin da subito il senso di giustizia sociale che lo animava. A mio parere espresso in modo del tutto errato, con un’esasperazione del giustizialismo (“chiudeteli in prigione e buttate la chiave”, “destra e sinistra tutti uguali”) che a me, che lavoro nel carcere di Rebibbia con regolarità da due anni e mezzo, fa letteralmente orrore. Ma per lungo tempo ho sentito i 5S come “compagni che sbagliano”, in parte anche giustamente esasperati da una dirigenza PD non sempre ottimale (ironia, eh!). Particolarmente indisponente per me nei 5S è stato il metodo mafiosetto di delegittimazione dell’interlocutore, che più di tutto ho visto applicato nei confronti di un puro vero come Pippo Civati, che non appena ha provato ad articolare coi 5S un discorso come quello che sto facendo io (cioè che il M5S pone in modo sbagliato una serie di problematiche verissime) è stato sbeffeggiato, accusato di fare il “cane da riporto” e altre meschinità veramente vergognose se rivolte a un politico sulla cui onesta e disponibilità a pagare di persona proprio non si può discutere.
Insomma, ho sempre visto nel 5S un movimento radicalmente sbagliato ma il sintomo di una questione seria, la questione della giustizia sociale nel nostro paese.
È questo che mi ha fatto andare fuori di matto, l’altro ieri. Perché un partito che pretende di essere radicato in un senso assoluto di giustizia, che dice a destra e sinistra che non fa tatticismi e calcoli perché questo sarebbe violare il suo mandato, fa una porcata come quella di far saltare lo ius soli? Qualcuno ha sentito un’argomentazione ragionevole in questo senso? Come questa primavera con la questione delle ONG “taxi del Mediterraneo” (gestita in modo neppure meschino, direttamente miserevole dall’imbarazzante Di Maio) e poi di nuovo a novembre, quando i parlamentari europei del M5S hanno votato NO alla riforma dell’assurdo regolamento di Dublino sui rifugiati, per la terza volta come antropologo (cioè come esperto dell’identità e della diversità) mi sono trovato a gestire un messaggio profondamente fascista da parte della classe dirigente 5S. Un messaggio che dice: pensiamo agli “italiani veri”, agli italiani di razza italiana (non c’è altro modo di spiegare il rifiuto dello ius soli se non dentro una logica razziale delle appartenenze) e difendiamoli dagli Stranieri, dall’Alterità che è troppa e troppo impegnativa da gestire civilmente.
Questo NON è quello che mi aspetto da un movimento che continua dire di essere l’unico paladino della Giustizia, è invece un discorso identitario retaggio della destra estrema.
La mia provocazione di ieri era rivolta soprattutto a quanti sono arrivati al 5S proprio sulla scia di una storia di sinistra delusa, ma portandosi dentro (e portando nel movimento) questo profondo e insoddisfatto senso di Giustizia sociale. Guardate, amici, che siete entrati nel 5S vedendolo andare in una certa direzione, vi vorrei avvisare che ci deve essere stato qualche intoppo perché il percorso è proprio cambiato. Io dico che si poteva capire dall’inizio, questa deriva fascista, ma poniamo pure il caso che non sia così, che in principio le motivazioni ideali fossero tali da attirare quanti hanno “fame e sete di giustizia”. Bene, amici e amiche di quella storia, io ieri ho urlato perché volevo fosse chiaro che, oggi, accettando di stare dalla parte del 5S non si sta più dalla parte dei puri e duri, dalla parte di coloro che perseguono la loro battaglia per la giustizia. Si sta dalla parte di un partito nazionalista che strizza l’occhio alla destra più becera, al salvinismo e al fascismo dichiarato. Se continuate a dire che “tanto sono tutti uguali” e che solo il Movimento ci salverà state mentendo a voi stessi, perché un movimento che per meschine ragioni di convenienza rifiuta di essere parte attiva nella sacrosanta battaglia per lo ius soli è un movimento che ha perso l’anima, è diventato una cricca di affaristi politici che capitalizza la propria strategia lì dove crede di prendere più voti. Questo, fascista o non fascista, mi fa più schifo di tutto.