Questo
mi ha chiesto un’amica su Fb ieri, ed è stata per me un’illuminazione. In un intenso
scambio di commenti aveva posto una questione importante: sarà mica che su questo ius soli ci stiamo un po' incartando con le nostre questioni, da “intellettuali”, mentre a
loro la cosa interessa poco o nulla?
Invece a me pare che tra le popolazioni non di nazionalità italiana ci sia
poco interesse, forse anche poco necessità della cittadinanza. Di fatto, in un
lavoro di interfaccia mio diretto con tanti abitanti e vicini di casa, quello
che conosco di loro è il desiderio di tornarsene a casa loro dove stanno
costruendo case.
Io
parlo con le mamme Delle amiche di mio figlio, albanesi per lo più, e nessuna dà
la minima importanza allo ius soli. I loro figli studiano, i loro mariti
lavorano.
Quelli
più conservatori non legano con gli altri genitori e credo, ma ripeto forse
sbaglio, che a loro questa realtà non interessi affatto.
È un punto di vista importante, perché illumina ancor più la
strategia politica del MoVimento.
Partiamo dall’assicurazione auto. Se
avete un mezzo a motore, lo potete far circolare solo a patto che abbiate
stipulato una assicurazione obbligatoria,
la cosiddetta “responsabilità civile”.
Ora, ditemi, a chi interessa la
responsabilità civile? Quante persone tra i vostri conoscenti pensano che sia
sicuramente importante avere l’assicurazione, che è un bene sociale condiviso di cui ciascuno si accolla la propria parte e che è del tutto
logico che ci sia una legge che ne
regola il funzionamento?
Oppure, prendiamo l’istruzione obbligatoria fino ai 16 anni. Pensate a vostri figli quindicenni, ai figli dei vostri amici più o meno della loro età. Ora, ditemi, a chi, tra quei ragazzi, interessa il diritto di istruzione? Chi è che si è battuto nelle piazze per avere una scuola libera e gratuita? Quanti dei loro genitori (voi compresi) ringraziano lo Stato versandogli l’8 per mille come segno di gratitudine per l’esercizio di questo diritto?
Infine, prendiamo il diritto di voto. In Italia (e nel cosiddetto mondo avanzato) è in calo sistematico da qualche decennio. Prendete i vostri vicini, i vostri parenti, voi stessi. Ditemi, a chi interessa veramente il diritto di voto? Quanti se ne sbattono bellamente e non votano da anni? Quanti si sono battuti in piazza e portano fiori sulle tombe dei padri costituenti in segno di ringraziamento per poter esercitare questo diritto?
Riprendete ora la domanda della mia amica: “a quanti INTERESSA lo ius soli?”. È una domanda rivelatrice perché incorpora in un tema politico una motivazione di ordine economico, un calcolo, un tornaconto individuale, come se uno stato per funzionare bene dovesse limitarsi a OFFRIRE solo quei servizi per i quali c’è una DOMANDA sufficientemente amplia. Ora, che beni e servizi circolino secondo la legge della domanda e dell’offerta (se la domanda sale, l’offerta cresce fino al soddisfacimento, con il prezzo stabilito dal punto di equilibrio tra i due contraenti in un sistema di concorrenza) è una concezione del tutto economicista della vita politica, che non è detto corrisponda alle reali intenzioni morali di quel che la mia amica intendeva dire.
Eppure, l’ha detto.
Da qualche parte, in qualche modo, ha assimilato una “regola sociale” che dice, più o meno, che ogni cittadino è completamente solo e che può esercitare i suoi diritti come servizi forniti nel momento in cui ne fa richiesta. Questa concezione mercantilista e individualista dei diritti civili è possibile solo perché siamo sempre più immersi in quella che Karl Polanyi ha definito una “società di mercato”, vale a dire una società in cui sempre più spazi della vita associata sono regolati come se fossero spazi di mercato, vale a dire in cui lo spostamento di beni e servizi avviene, appunto, secondo la legge della domanda e della offerta. È lo stesso principio, se ci pensate, che porta alle manifestazioni per la “libertà vaccinale”. I fautori di questa libertà si sentono completamente da soli nel loro ruolo genitoriale, sono proprietari assoluti dei loro figli, non considerano l’educazione e la crescita della prole come un compito in alcun modo socializzabile, e quindi si sentono legittimati a reclamare un opt out dalle vaccinazioni non tanto perché sarebbero “pericolose” ma soprattutto perché violerebbero la loro insindacabile concezione securitaria della genitorialità: ai miei figli ci penso io, solo io so quel che è bene e male per loro, solo io, da solo/sola sono in grado di prendermi veramente cura di loro, quando e se vorrò un servizio entrerò nel mercato dei servizi e solleverò la domanda su quel particolare servizio (col che si spiega l’interessante correlazione USA tra novax e genitori che optano per l’istruzione domestica).
Questo modello di relazione esclude proprio il Soggetto Responsabile di stabilire gli obblighi come l’assicurazione, l’istruzione, il voto e la vaccinazione. Chi è questo soggetto? NON si può osservare fisicamente come invece si può osservare un genitore preoccupato, un cittadino indignato o un novax che protesta, dato che è una costruzione culturale, che chiamiamo SOCIETÀ. La società è un’entità prodotta dalle interazioni umane orientate al benessere di sé stessa, un ente reale ma non osservabile secondo le banali strategia dell’empirismo. È la Società che impone l’obbligo di assicurarsi, di votare, di istruire i figli e di vaccinarsi. Se ne sbatte della domanda e dell’offerta; la società, purtroppo o per fortuna, non pensa al tornaconto individuale ma pensa solo a sé stessa. E Lei come ente funziona molto meglio se le auto sono assicurate, se i bambini sono istruiti e vaccinati e se i cittadini vanno a votare. Non si chiede mai, la Società, “a chi interessa” se quel “chi” riguarda individui singoli, perché la Società gli individui singoli proprio non li vede, non li calcola proprio (di nuovo, decidete voi se purtroppo o per fortuna. Io, per parte mia dico che questo sguardo presbite della Società va tenuto debitamente sotto controllo, ma è necessario se non vogliamo ridiventare quel mondo hobbesiano da cui pensiamo di esserci liberati quando ci siamo messi assieme con altri esseri umani).
Questa concezione “sociale” della Società, per cui alcune cose sono state convenute di fatto contro il tornaconto immediato dei singoli, o almeno di alcuni di loro (che non vorrebbero pagare l’assicurazione, che temono che le maestre travino i loro piccoli, che sono preoccupati che i vaccini facciano male ai “loro” figli privati), la Società insomma produce un tipo di solidarietà che chiamiamo “organica”, perché dipende dalla posizione sociale relativa (io sono solidale con l’autista del tram perché lui mi porta al lavoro, e io gli pago lo stipendio con il mio biglietto, più o meno) e non “meccanica” (per cui invece sono per forza di cose solidale con tizio, perché è mio cugino e con caio perché è mio figlio). La solidarietà meccanica tipicamente si associa alle Comunità di piccola e piccolissima scala, non alle Società.
La crisi morale della nostra società è tale che il neoliberismo (che non è la cazzata disprezzata dal Foglio, è semplicemente il tentativo di applicare su campi sempre più estesi [salute, istruzione, affetti, abitazione] la ferrea legge della domanda e dell’offerta) è entrato a man bassa nella concezione della Politica. Il MoVimento ha completamente perduto il senso della solidarietà organica, della Società cioè, del fatto che come cittadino non ho solo diritti da rivendicare nel mercato dei servizi, ma anche doveri di interdipendenza. Se non voto lo ius soli, la motivazione NON può essere che “tanto a loro non interessa” esattamente come non posso giustificare il fatto che il mio vicino non è assicurato perché “tanto a lui non interessa”. Se lui non si assicura poi ne paghiamo le conseguenze TUTTI. Così, se “loro” non hanno la cittadinanza le conseguenze di questa esclusione sono a discapito di tutti, vale a dire della Società, che si impoverisce, si incanaglisce, si sfregola in gruppuscoli sempre più friabili di “noi” e “loro”.
Per gli adepti 5S questo discorso, semplicemente, è incomprensibile, perché, quando fanno i 5S, ragionano solo in termini di solidarietà meccanica e di Comunità. Loro esistono come corpo compatto (fateci caso a come il dissenso non ha spazio nei 5S, e viene sempre medicalizzato come un virus) un ingranaggio in cui ogni singolo pezzo si sente autorizzato (come tutti gli altri della loro comunità) ad agire spinto solo dalla molla individualista, e questo crea un senso di appartenenza pre-sociale molto forte. Naturalmente è tutta una finzione, non c’è nulla che unisca due appartenenti al M5S: non si rispettano a vicenda perché uno guida l’autobus e l’altro paga il biglietto. No, perché il link non può essere sociale, deve essere tutto pre-sociale: noi siamo Diversi, noi siamo Unicamente Diversi. Prendete un bel commento anonimo sul post di ieri:
Vereni la puoi pensare
malamente come ti esprimi verso il M5Stelle, i fatti sono che mentre i partiti
che ammiri muoiono noi cresciamo. Siamo il segno dei tempi che i tuoi partiti
non hanno previsto perche adagiati e impegnati a fare i bagordi con i soldi del
sociale. Neanche i tuoi studi e la tua esperienza ti possono far capire quanto
siamo indignati.
Sentite la voce
collettiva della tribù? “Noi
cresciamo”, “siamo il segno dei tempi” (ricorda la Lombardi che diceva al povero Bersani
durante le consultazioni del 2013: “noi siamo il popolo”). E poi questo
arrogarsi il monopolio dell’indignazione,
un sentimento piccino come pochi altri, dato che costa pochissimo (in impegno
sociale) e se ne ricava tantissimo (in autostima), ma comunque un sentimento
che de-finisce: noi siamo quelli indignati. Mica quelli che fanno questo o quello, che guidano
l’autobus o pagano il biglietto. No, noi siamo quelli che hanno un sentimento in mezzo alla pancia e
questo ci fa sentire uniti, anche se ognuno pensa solo ed esclusivamente ai
fatti suoi, ai figli suoi, ai vaccini suoi, a diritti suoi.
Quando hanno preso sottogamba la questione dello ius soli i 5S hanno confermato questo modo anti-sociale di pensarsi e di pensare la vita associata, hanno smascherato la loro concezione individualista e mercantile dei diritti e doveri, merci acquistabili sul mercato dei servizi e non prodotti sociali frutto della lotta politica.
Quando dico che i 5S sono ignoranti e fascisti questo sto dicendo. Che non si rendono minimamente conto di quel che cosa sono e di dove stanno andando. Non mi importano gli insulti gratuiti, ho altro da fare che definire me stesso sprezzando gli altri, per fortuna faccio un lavoro bellissimo e non ho grandi frustrazioni da sfogare lì fuori. Come cittadino e come intellettuale ho il DOVERE MORALE di fare due cose.
UNO: battermi per
i diritti e i doveri di chi non ha le
risorse per battersi per conto suo.
Non è giusto limitare il diritto alla piena cittadinanza solo a coloro che
hanno gli strumenti per entrare nel mercato dei servizi e sanno di dover
competere per ottenerlo, in una specie di darwinismo
sociale dei diritti, per cui otterrai solo quelli che “ti meriti” perché quei
diritti “ti intessano”. Chi ha più potere (di parola, come nel mio caso, di scelta,
come nel caso dei senatori 5S) deve assumersi quel potere come responsabilità sociale, non come privilegio individuale, e pretendere i diritti e i doveri per tutti, non solo per chi ne fa richiesta. Vi immagiate che mondo
sarebbe se andassero a scuola solo i figli dei genitori che ne fanno esplicita
richiesta?
DUE: dire le cose
come stanno, tanto più se non penso
ai 5S come “altri”, membri di un’altra tribù
contrapposta alla mia, ma li so come
amici, parenti, conoscenti,
persone del tutto normali che gran
parte del loro tempo fanno una vita normale.
Membri della stessa società cui
appartengo anche io, solo che loro se lo
sono dimenticato, che apparteniamo alla stessa società e questo implica doveri collettivi (tra cui assicurarsi, votare lo ius soli per includere tutti gli italiani con pieni diritti civili, istruire e vaccinare i figli che non son proprietà privata ma un bene sociale).
Se lo sono dimenticato ed è mio dovere (e veramente, lasciatemelo dire,
il mio fardello di intellettuale, ne
farei volentieri a meno, se non avessi un senso del vivere associato) ricordarglielo, tutte le volte che serve, per tutte
le volte che sarà necessario.