2011/12: INFORMAZIONI PER CHI AVEVA 12 CFU E TUTTI GLI MP3 DELLE LEZIONI

sabato 6 gennaio 2018

Il tempo del raccolto (le verifiche di antropologia culturale)

Non è facile (e non sono certo il solo nell'università italiana, né tantomeno a Tor Vergata), avere centinaia di studenti tutti ficcati nello stesso corso. Non è la brutale noia mestierante del professore che si scoccia a fare tanti esami, quella la lascio a chi ha più pelo sullo stomaco di me. Io, confesso, mi diverto ad insegnare, lo ritengo una delle parti più creative del mio lavoro, perché mi costringe a fare i conti con quanto il mio sapere è trasmissibile, e quindi sensato.
Quest’anno a Lettere di Tor Vergata è stata particolarmente dura, con un modulo A da oltre 360 iscritti e un B che ha raggiunto il centinaio. Si tratta di restare efficaci, spingere la carretta in modo che gli studenti non vedano il tutto come una piccola farsa, in cui io fingo di spiegare e loro fingono di capire, ci si annusa qualche minuto all'esame e non si fa male nessuno.
Dipende, credo, dalla mia disciplina, che o si impara come un modo di pensare, o non si impara affatto, per quanto si possano memorizzare e perfino riconoscere un sacco di termini esotici (subincisione penica, doppia cugina incrociata, couvade; io mi sono limitato a spiegare la seconda, questo semestre). E allora (e qui lo affermo a gran voce: NON lo farò mai più perché è stato un bagno di sangue) ho pensato di chiedere agli studenti di commentare online i post in cui riassumevo i contenuti delle diverse lezioni e ponevo loro una o più domande. Mi sono trovato con circa duecento rispondenti, per 13 post ciascuno. Visto che però non ero convinto del sistema di valutazione (che di fatto misurava la comprensione dei concetti, più che lo studio dei testi) ci ho messo sopra anche un orale obbligatorio, sulla mia monografia macedone. In pratica, se non fosse stato per il prezioso aiuto di Chiara Cacciotti, starei ancora a macinare punticini e segnetti sul foglio elettronico, che allo stato attuale compare così. Ho messo i nomi visibili solo nelle prime lettere, per ragioni di rispetto della privacy, “sì” significa che il post in questione è stato commentato; una casella vuota indica un post non commentato; i post 4, 12 e 14 erano valutati su una scala A/B/C; il voto proposto è riportato nell’ultima colonna; chi deve fare l’orale ancora non ha un voto proposto; se ci sono errori o mancanze (e ce ne saranno di sicuro) NIENTE PANICO e soprattutto non scrivetemi o telefonatemi: venite lunedì 8 gennaio all’esame oppure ai miei ricevimenti con le prove dei miei errori.
Hanno completato il percorso del modulo A 150 studenti, un’altra cinquantina è in chiusura, il resto passerà per le forche caudine degli scritti canonici. Mi sono chiesto più volte se non stessi facendo una cavolata, che non solo mi stava sovraccaricando di lavoro, ma che rischiava pure di sottrarre alle studentesse e agli studenti la doverosa responsabilità dello studio. Poi, leggendo i test, un po’ di sono riconfortato. Certo, qualche post qualcuno se l’è proprio scroccato alla grande, ma in generale sono contento di come è andata, e in alcuni casi le risposte mi hanno impressionato per sensibilità e profondità.

Ma se volete capire come è andato questo semestre, io vi consiglio di spendere dieci minuti a leggere il file di Alessia Pomposelli. Alessia è una mia studentessa legata in una rete (per me difficile da districare, con tutto che faccio l’antropologo) di zie, cugine, sorelle e amiche (c’è pure qualche uomo, ma ormai ho capito che in questo matriclan i maschi sono solo una minoranza dignitosa). Nonostante il lavoro e nonostante gli impegni di madre, si è presa il piacere intellettuale di rispondere a tutti i post del blog, e lo ha fatto in un modo che sintetizza quel che mi piace insegnare, quel che credo sia importante dell’antropologia culturale, vale a dire la sua trasportabilità, la capacità di portarla sempre con sé in giro come una app, utile per capire un po’ di più il mondo in cui siamo immersi, tutte e tutti.