Lezione numero 03 registrata il 15 novembre 2024
La lezione si apre richiamando
la pluralità delle forme religiose, partendo dalla constatazione che "la
religione" come istituzione naturale non esiste. Esiste invece una disposizione
religiosa, una tendenza universale degli esseri umani a interrogarsi su ciò che
trascende l’ovvietà del senso comune. In ogni cultura esistono pratiche,
linguaggi e sistemi simbolici che articolano la distinzione tra il visibile e
l’invisibile, tra l’umano e il meta-umano, senza necessariamente postulare una
trascendenza separata. Questa distinzione è più evidente nelle culture non
ancora soggette alla "trascendentalizzazione", cioè al processo
moderno che estromette il sacro dal mondo.
Sogno, morte e l’idea di anima
Due esperienze fondamentali che sembrano sollecitare la disposizione religiosa sono il sogno e la morte. Entrambe portano il soggetto umano a intuire l’esistenza di un principio vitale separabile dal corpo, cioè qualcosa che possiamo chiamare anima. Il sonno, simile alla morte ma temporaneo, e la morte, come evento definitivo, suggeriscono che vi sia "una parte che se ne va", che si può spostare, uscire, tornare. Questa intuizione non è il prodotto di una dimostrazione logica, ma di una forma di pensiero che Charles Sanders Peirce definirebbe "abduzione": se l’anima esistesse, spiegherebbe ciò che sto vivendo. L’anima, quindi, non è dedotta né indotta, ma proposta come ipotesi esplicativa.
La socializzazione
dell’intuizione religiosa
L’intuizione dell’anima, una
volta condivisa socialmente, diventa sistema di senso. Non si insegna tanto
quanto si trasmette, si condivide nella comunità. È in questa dinamica che
nascono forme culturali e narrative religiose più complesse. Gli antenati, ad
esempio, continuano a esistere come presenze semiotiche, garanzie di senso e
riferimento simbolico per il gruppo. In molte culture si parla ad alta voce ai
morti perché “sentano meglio”, come ricorda Maurice Bloch, a testimoniare una
realtà immanente, in cui il sacro non è esterno, ma intrecciato alla vita
quotidiana.
Critica a Marshall Sahlins e
alla separazione netta immanenza/trascendenza
La lezione critica la lettura
troppo netta che Marshall Sahlins fa tra culture immanenti e culture
trascendenti (a partire dall’epoca assiale). L’idea che solo le religioni
storiche abbiano introdotto la trascendenza è messa in dubbio: anche nelle
culture cosiddette primitive esistono forme di esternalizzazione e simbolizzazione
che assolvono a simili funzioni. La modernità, pur avendo formalmente rimosso
il sacro, continua a produrre nuove forme di bisogno di senso e trascendenza.
La religione come proiezione
del sociale in Durkheim
L’autore centrale della lezione
è Émile Durkheim, che interpreta la religione come proiezione della società: la
religione nasce dal bisogno del soggetto di oggettivare la propria appartenenza
a un ordine che lo precede e lo sostiene. Non si tratta, come spesso viene
frainteso, di una funzione politica di controllo, ma di una funzione morale e
simbolica, originaria. Le “forme elementari della vita religiosa” sono modi in
cui l’individuo esperisce il livello ulteriore del collettivo. La religione non
è, per Durkheim, lo strumento dei dominatori, ma una tensione strutturante tra
individuo e società.
La proposta di Jonathan Haidt:
religione e coesione sociale
Ampio spazio viene dedicato al TEDTalk dello psicologo sociale Jonathan Haidt, che recupera la lettura
durkheimiana per proporre una visione evolutiva e adattiva della religione. Per
Haidt, la religione è un dispositivo che consente la trascendenza della
soggettività individuale e l’ingresso in una dimensione collettiva. Questo
passaggio è adattivo: favorisce la coesione, la cooperazione e la sopravvivenza
del gruppo. L’esperienza religiosa è definita come esperienza diretta di un
livello superiore, percepita come immediata anche se culturalmente mediata.
Il problema della selezione di
gruppo e il ruolo della religione
La lezione affronta uno dei
nodi della sociobiologia contemporanea: la selezione di gruppo, concetto
rifiutato da autori come Richard Dawkins, che vedono la selezione
esclusivamente a livello individuale. Tuttavia, attraverso Haidt, si esplora la
possibilità che forme culturali di appartenenza (parentela, religione,
nazionalismo) creino somiglianze semiotiche tali da giustificare sacrifici
altruistici e strategie cooperative. In questo quadro, la religione fornisce codici
simbolici condivisi, essenziali per l’azione collettiva.
Cultura, parentela e
riconoscimento simbolico
Un’ulteriore articolazione del
tema riguarda la distinzione tra riconoscimento biologico (negli animali) e riconoscimento
simbolico (nell’uomo). La parentela, ad esempio, è una costruzione sociale che
produce somiglianze attraverso indicatori arbitrari (cibo, spazio, abiti,
emblemi). Questo consente la formazione di gruppi coesi e favorisce la
selezione di gruppo in senso culturale, laddove la biologia non offre
spiegazioni sufficienti.
La religione come esperienza
fenomenologica e spiritualità laica
Si recupera William James come
figura chiave nello studio della esperienza religiosa individuale, spesso
svincolata da istituzioni religiose. La disposizione religiosa è descritta come
una capacità umana di “uscire da sé”, condivisa in tutte le culture. Questo
porta a rileggere anche la funzione sociale del religioso: non alienazione o
oppio dei popoli, ma dispositivo fondamentale per trascendere la soggettività
ristretta e accedere a un senso condiviso.
Dalla trascendenza agostiniana
al soggetto moderno
Il confronto finale è con la
figura di Agostino, padre del soggetto moderno: nell’interiorità, Agostino
trova Dio, mentre nella modernità si scava nell’io e si trova il nulla. Questa
trasformazione genera una soggettività solitaria, incapace di riferirsi a un
senso collettivo o a un ordine ulteriore. Da qui, l’esigenza – per
l’antropologia delle religioni – di riflettere sul ruolo della trascendenza
condivisa, non come dogma, ma come struttura dell’umano.
Conclusione e rilancio
La lezione si chiude con il
riconoscimento che non si è riusciti a toccare molti temi previsti (mana,
totemismo, possessione…), ma ha aperto un orizzonte concettuale profondo,
ponendo le basi per le prossime riflessioni. L'obiettivo è chiarire come la religione
emerga come dispositivo simbolico originario e non semplicemente come prodotto
storico o politico. L'antropologia delle religioni, in questo senso, è anche
un'indagine sul limite tra il biologico e il culturale, tra il soggettivo e il
collettivo.