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domenica 20 aprile 2025

Trascendenza dell’individuo e fondazione simbolica del sociale – Lezione #03 di Antropologia del Modulo B di Antropologia culturale per Tor Vergata - Pietro Vereni


Lezione numero 03 registrata il 15 novembre 2024

Trascendenza dell’individuo e fondazione simbolica del sociale

 L’origine della disposizione religiosa

La lezione si apre richiamando la pluralità delle forme religiose, partendo dalla constatazione che "la religione" come istituzione naturale non esiste. Esiste invece una disposizione religiosa, una tendenza universale degli esseri umani a interrogarsi su ciò che trascende l’ovvietà del senso comune. In ogni cultura esistono pratiche, linguaggi e sistemi simbolici che articolano la distinzione tra il visibile e l’invisibile, tra l’umano e il meta-umano, senza necessariamente postulare una trascendenza separata. Questa distinzione è più evidente nelle culture non ancora soggette alla "trascendentalizzazione", cioè al processo moderno che estromette il sacro dal mondo.

Sogno, morte e l’idea di anima


Due esperienze fondamentali che sembrano sollecitare la disposizione religiosa sono il sogno e la morte. Entrambe portano il soggetto umano a intuire l’esistenza di un principio vitale separabile dal corpo, cioè qualcosa che possiamo chiamare anima. Il sonno, simile alla morte ma temporaneo, e la morte, come evento definitivo, suggeriscono che vi sia "una parte che se ne va", che si può spostare, uscire, tornare. Questa intuizione non è il prodotto di una dimostrazione logica, ma di una forma di pensiero che Charles Sanders Peirce definirebbe "abduzione": se l’anima esistesse, spiegherebbe ciò che sto vivendo. L’anima, quindi, non è dedotta né indotta, ma proposta come ipotesi esplicativa.

La socializzazione dell’intuizione religiosa

L’intuizione dell’anima, una volta condivisa socialmente, diventa sistema di senso. Non si insegna tanto quanto si trasmette, si condivide nella comunità. È in questa dinamica che nascono forme culturali e narrative religiose più complesse. Gli antenati, ad esempio, continuano a esistere come presenze semiotiche, garanzie di senso e riferimento simbolico per il gruppo. In molte culture si parla ad alta voce ai morti perché “sentano meglio”, come ricorda Maurice Bloch, a testimoniare una realtà immanente, in cui il sacro non è esterno, ma intrecciato alla vita quotidiana.

Critica a Marshall Sahlins e alla separazione netta immanenza/trascendenza

La lezione critica la lettura troppo netta che Marshall Sahlins fa tra culture immanenti e culture trascendenti (a partire dall’epoca assiale). L’idea che solo le religioni storiche abbiano introdotto la trascendenza è messa in dubbio: anche nelle culture cosiddette primitive esistono forme di esternalizzazione e simbolizzazione che assolvono a simili funzioni. La modernità, pur avendo formalmente rimosso il sacro, continua a produrre nuove forme di bisogno di senso e trascendenza.

La religione come proiezione del sociale in Durkheim

L’autore centrale della lezione è Émile Durkheim, che interpreta la religione come proiezione della società: la religione nasce dal bisogno del soggetto di oggettivare la propria appartenenza a un ordine che lo precede e lo sostiene. Non si tratta, come spesso viene frainteso, di una funzione politica di controllo, ma di una funzione morale e simbolica, originaria. Le “forme elementari della vita religiosa” sono modi in cui l’individuo esperisce il livello ulteriore del collettivo. La religione non è, per Durkheim, lo strumento dei dominatori, ma una tensione strutturante tra individuo e società.

La proposta di Jonathan Haidt: religione e coesione sociale

Ampio spazio viene dedicato al TEDTalk dello psicologo sociale Jonathan Haidt, che recupera la lettura durkheimiana per proporre una visione evolutiva e adattiva della religione. Per Haidt, la religione è un dispositivo che consente la trascendenza della soggettività individuale e l’ingresso in una dimensione collettiva. Questo passaggio è adattivo: favorisce la coesione, la cooperazione e la sopravvivenza del gruppo. L’esperienza religiosa è definita come esperienza diretta di un livello superiore, percepita come immediata anche se culturalmente mediata.

Il problema della selezione di gruppo e il ruolo della religione

La lezione affronta uno dei nodi della sociobiologia contemporanea: la selezione di gruppo, concetto rifiutato da autori come Richard Dawkins, che vedono la selezione esclusivamente a livello individuale. Tuttavia, attraverso Haidt, si esplora la possibilità che forme culturali di appartenenza (parentela, religione, nazionalismo) creino somiglianze semiotiche tali da giustificare sacrifici altruistici e strategie cooperative. In questo quadro, la religione fornisce codici simbolici condivisi, essenziali per l’azione collettiva.

Cultura, parentela e riconoscimento simbolico

Un’ulteriore articolazione del tema riguarda la distinzione tra riconoscimento biologico (negli animali) e riconoscimento simbolico (nell’uomo). La parentela, ad esempio, è una costruzione sociale che produce somiglianze attraverso indicatori arbitrari (cibo, spazio, abiti, emblemi). Questo consente la formazione di gruppi coesi e favorisce la selezione di gruppo in senso culturale, laddove la biologia non offre spiegazioni sufficienti.

La religione come esperienza fenomenologica e spiritualità laica

Si recupera William James come figura chiave nello studio della esperienza religiosa individuale, spesso svincolata da istituzioni religiose. La disposizione religiosa è descritta come una capacità umana di “uscire da sé”, condivisa in tutte le culture. Questo porta a rileggere anche la funzione sociale del religioso: non alienazione o oppio dei popoli, ma dispositivo fondamentale per trascendere la soggettività ristretta e accedere a un senso condiviso.

Dalla trascendenza agostiniana al soggetto moderno

Il confronto finale è con la figura di Agostino, padre del soggetto moderno: nell’interiorità, Agostino trova Dio, mentre nella modernità si scava nell’io e si trova il nulla. Questa trasformazione genera una soggettività solitaria, incapace di riferirsi a un senso collettivo o a un ordine ulteriore. Da qui, l’esigenza – per l’antropologia delle religioni – di riflettere sul ruolo della trascendenza condivisa, non come dogma, ma come struttura dell’umano.

Conclusione e rilancio

La lezione si chiude con il riconoscimento che non si è riusciti a toccare molti temi previsti (mana, totemismo, possessione…), ma ha aperto un orizzonte concettuale profondo, ponendo le basi per le prossime riflessioni. L'obiettivo è chiarire come la religione emerga come dispositivo simbolico originario e non semplicemente come prodotto storico o politico. L'antropologia delle religioni, in questo senso, è anche un'indagine sul limite tra il biologico e il culturale, tra il soggettivo e il collettivo.