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venerdì 16 maggio 2025

Il complesso di Caino: potere, gratitudine e la fine della trascendenza - Lezione #14 di Antropologia del Modulo B di Antropologia culturale per Tor Vergata - Pietro Vereni 18 dicembre 2024

 Perché siamo religiosi: potere, gratitudine e la fine della trascendenza

Lezione numero 14 registrata il 18 dicembre 2024

La lezione finale e la struttura del testo di Sahlins

La quattordicesima e ultima lezione del Modulo B si è concentrata sulla lettura e discussione dei primi due capitoli del libro di Marshall Sahlins, The New Science of the Enchanted Universe. Dopo aver chiarito la struttura quadripartita del libro — finitudine umana, immanenza, metapersonhood, e sistema politico cosmico — la lezione ha affrontato in modo dettagliato i primi due nuclei, partendo dal presupposto che l’uomo non è autosufficiente e che la sua esistenza è sempre interrelata a poteri metaumani.


La finitudine umana come base del religioso

Nel primo capitolo, Sahlins sostiene che l’essere umano si riconosce come essere finito, incapace di controllare pienamente il proprio destino. In questo senso, la religione emerge non solo come risposta alla paura e all’incertezza, ma anche come forma di gratitudine. Non è solo la sventura a suscitare il ricorso agli spiriti o agli dei, ma anche — e forse soprattutto — il successo. In questa chiave, Sahlins rovescia l’idea che la religione sia un semplice palliativo per l’angoscia, proponendo invece un'antropologia della riconoscenza.


Il complesso di Caino e la dimensione politica dell’invidia

Uno dei momenti più significativi della lezione è l’introduzione del “complesso di Caino”: l’idea che il successo altrui, soprattutto se percepito come immeritato o sproporzionato, può generare odio e desiderio di punizione. Questa dinamica viene estesa a fenomeni storici e politici globali: il risentimento verso popoli che, dopo secoli di persecuzioni, diventano prosperi e potenti. La religione, allora, non è solo un rifugio esistenziale, ma anche uno specchio delle tensioni sociali e politiche più profonde.


Gli ex voto: tra bisogno e ringraziamento

Collegandosi alla prossima uscita sul campo, si introduce il tema degli ex voto. Due le motivazioni principali che spingono a offrire un ex voto: la richiesta di aiuto in situazioni di crisi e la gratitudine per un beneficio ricevuto. L’economia del dono religiosa si muove tra queste due polarità, rafforzando l’idea che il divino sia coinvolto tanto nei fallimenti quanto nei successi. In questo senso, la religione si configura come un meccanismo relazionale e non solo simbolico.


L’immanenza come visione ontologica alternativa

Nel secondo capitolo, il concetto di immanenza diventa centrale. In molte culture tradizionali, gli spiriti, gli antenati, le divinità non abitano un “al di là”, ma sono presenze concrete nel mondo. Non esiste una netta distinzione tra naturale e soprannaturale, tra umano e divino. Tutto ciò che esiste è persona, e l’animismo è una teoria ontologica che riconosce volizione, carattere e agency a ogni essere.


Contro l’antropologia simbolista: oltre “credenza” e “mito”

Sahlins critica l’uso delle categorie occidentali di “credenza” e “mito”, che distorcono la comprensione delle religioni immanentiste. Secondo lui, parlare di "simbolismo" o di "finzione" per descrivere le pratiche religiose altrui è un errore metodologico. Piuttosto, queste pratiche devono essere comprese come esperienze concrete, analoghe al “pensiero veloce” di Daniel Kahneman: immediate, intuitive, non filtrate da una riflessione razionalistica, salvo che non si verifichino dissonanze cognitive.


Una scienza sociale che generalizza: il richiamo di Edmund Leach

Ritornando a Edmund Leach, Sahlins invoca un’antropologia capace di formulare enunciati generali, contro la deriva descrittiva “tra gli X, gli Y, gli Z”. La comparazione, se ben condotta, permette di cogliere regolarità strutturali — come il fatto che ogni sistema di parentela prevede relazioni di incorporazione (che costruiscono un “noi”) e relazioni di alleanza (che mettono in relazione più gruppi). Le prime sono legate alla sostanza condivisa, le seconde all’influenza mistica. È un invito a superare la “sindrome di Funes” che paralizza l’antropologia contemporanea.


Il rituale come invocazione di agency

Un punto teorico centrale è il ribaltamento del concetto di agency: nel mondo immanentista, non è l’umano a causare, ma sono i poteri spirituali a trasformare l’umano da potenza ad atto. Il rituale, dunque, è una strategia per coinvolgere i metaumani, e la “magia” è la tecnica operativa del mondo immanente. In questo quadro, non c’è distinzione tra tecnica e magia, tra politica e religione.


Vico contro Durkheim: due visioni della religione

Sahlins mette a confronto Vico e Durkheim: per il primo, Dio è un potere esterno assorbito nella società; per il secondo, Dio è la società stessa proiettata nell’oltremondo. Sahlins li considera due modelli ontologici: uno immanentista, l’altro trascendentalista. Il suo invito è a non confondere il secondo con la religione tout court. In questo senso, Geertz ha tentato una strada interpretativa che guarda alla religione come forza interna al mondo sociale, avvicinandosi alla posizione di Vico.


Secolarismo metodologico e deriva post-strutturalista

La lezione si conclude con una riflessione epistemologica. La cosiddetta “svolta linguistica” avrebbe potuto condurre l’antropologia verso una scienza abductiva, capace di formulare ipotesi generali. Invece, l’influenza di Foucault e del post-strutturalismo francese ha spinto verso la decostruzione del potere e l’abbandono dell’analisi della religione come forma concreta di conoscenza del mondo. L’antropologia ha così proiettato su altri popoli il suo secolarismo metodologico, fraintendendone profondamente l’ontologia religiosa.


Conclusione: la religione come forza nelle faccende quotidiane

Sahlins invita a considerare la religione non come ideologia, né come compensazione simbolica, ma come forza essenziale nelle faccende quotidiane. Le divinità sono presenti, non credute; i riti non sono drammaturgie ma strategie operative; il sacro non è oltre ma dentro il mondo. In questo senso, il suo progetto si avvicina alla cosiddetta svolta ontologica, pur rimanendo saldamente ancorato alla ragione. Riconoscere l’immanenza come forma di realtà e non come superstizione è, per Sahlins, la condizione necessaria per restituire dignità conoscitiva al religioso.