Chi continua a chiedere alla Chiesa cattolica di “stare al passo coi tempi” forse dovrebbe rivedere le proprie aspettative istituzionali. Capisco la buona fede di certi commentatori, e capisco anche che in un mondo dove tutto si vota, si rinnova e si twitta, l’idea che un’organizzazione millenaria resti fedele a un corpus dottrinale invece che a un algoritmo predittivo può risultare un tantino straniante. Ma è così. Lo è sempre stato.
Mi era già capitato di scriverlo,
con tono un po’ più serio, a proposito del modo in cui l’etnocentrismo
secolare guarda alla Chiesa come a una ONG lenta e ostinata che non riesce
a capire da che parte tira il vento. Oggi lo riprendo con un sorriso sulle
labbra e un ospite d’onore: Thomas
Sowell, economista afroamericano, conservatore scomodo e impresentabile
per i woke, che ha recentemente commentato con lucidità
il significato politico di certe prese di posizione ecclesiali.
Nel suo ultimo intervento Sowell difende l’idea che la missione
della Chiesa sia quella di custodire verità eterne, non di
riflettere le mode sociali del momento. Un pensiero a dir poco
rivoluzionario per chi vive immerso nel presente permanente e considera
reazionario tutto ciò che non cambia almeno due volte al giorno.
Sowell, tra l’altro, ci ricorda che le istituzioni rispondono a incentivi. E che quando questi incentivi diventano la popolarità a breve termine, la deriva è certa. Vale per i partiti, vale per i giornali, e vale anche per la Chiesa. Per questo non bisogna stupirsi se, dopo un papa “grillino” – diciamolo, con venia – si affaccia all’orizzonte un pontefice più ancorato alla dottrina. È un pendolo, non una frattura.
E se questo nuovo corso dovesse risultare indigesto ai filosofi nord-europei, ai vescovi progressisti, o ai giornalisti
post-cattolici, pazienza. La Chiesa non è il Partito Democratico,
non ha bisogno di raccogliere consensi al Family Day, né deve elaborare mozioni
sui diritti LGBTQ+ da presentare al sinodo come se fosse il congresso
dell’ANPI.
La Chiesa è un’istituzione religiosa. E come ogni
religione che si rispetti, sopravvive perché non si adatta troppo. Non ha
l'obbligo di essere moderna, ha il compito di essere vera.
Lo dice bene Sowell quando descrive il nuovo papa Leone
come uno che ha scelto di “sopportare ritorsioni” pur di non compromettere
l’identità spirituale della Chiesa. Un papa che, invece di rincorrere l’inclusività
come se fosse un hashtag, ha scelto di riaffermare la verità. Con tutti
i costi politici del caso.
Ora, se uno crede davvero che la verità non esista,
allora ha senso pretendere che la Chiesa si aggiorni a ogni cambio di stagione.
Ma se si ammette che esista un nucleo immutabile di senso – anche solo
come ipotesi culturale – allora si può anche tollerare che qualcuno, da duemila
anni a questa parte, provi ostinatamente a testimoniarlo.
E per quanto possa sembrare strano, è proprio questa
ostinazione che fa della Chiesa una delle poche agenzie morali non
ancora colonizzate dalla narrativa dominante.
Come direbbe Sowell: “Il compito della Chiesa è
confrontarsi con la realtà, non conformarsi alle visioni delle élite”.
Amen.