Antropologia culturale Modulo B Lezione 5 registrata il 18 novembre 2025
Ci sono momenti in cui il mondo fa una
cosa molto semplice: non collabora.
Non ti spiega cosa sta succedendo, non ti dice perché ti fa male, e soprattutto
non ti chiarisce se quello che stai vivendo sia giusto o sbagliato. Si limita a
succedere. Punto.
Geertz direbbe che è lì che iniziano i
problemi seri. Non i piccoli fastidi quotidiani – il treno in ritardo, il caffè
bruciato – ma le tre grandi seccature dell’esistenza: l’incomprensibile,
il dolore, l’indecidibile.
Tre modi eleganti per dire: “Non capisco”, “Sto male”, “Non so cosa dovrei
fare”.
Ora, l’essere umano medio, quando si trova
davanti a una di queste situazioni, non apre subito un manuale di filosofia
morale. Fa prima una cosa più istintiva: cerca una storia che tenga insieme
i pezzi. Una cornice. Un senso. Anche provvisorio, anche traballante,
purché consenta di restare in piedi.
La religione, dice Geertz, entra
esattamente qui. Non perché spieghi tutto – non lo fa quasi mai – ma perché impedisce
che il mondo si sbricioli del tutto. Prende l’evento opaco, doloroso o
moralmente ingestibile e lo infila dentro un quadro più grande. Così grande
che, alla fine, l’evento sembra stare al suo posto. O almeno non fluttua più
nel vuoto.
Non è magia nel senso ingenuo del termine.
È un’operazione cognitiva raffinata. Il caos non viene eliminato: viene messo
in forma.
E quella forma, attenzione, non è solo un’idea: è fatta di gesti, posture,
parole ripetute, silenzi condivisi. Cose che si fanno con il corpo, prima
ancora che con la testa.
Per questo i simboli religiosi non
funzionano se restano astratti. Devono diventare credibili, cioè
visibili, tangibili, praticabili. Devono “farsi carne”, come si direbbe in
ambienti ben frequentati. Il rito serve esattamente a questo: a trasformare una
spiegazione possibile in un’esperienza abitabile.
Alla fine, la religione non promette che
tutto avrà senso. Promette qualcosa di più modesto ma decisivo: che il
nonsenso non avrà l’ultima parola.
Che si possa continuare a stare nel mondo anche quando il mondo, per un po’,
sembra aver perso le istruzioni. Diciamolo: in certi momenti non è poco.
