Non aveva ancora elaborato la tecnica con cui lavora ultimamente, vale a dire ritratti bellissimi fatti usando come strumento di lavoro prima di tutto i polpastrelli delle dita, quegli stessi polpastrelli che lo identificano nel casellario giudiziario e che gli garantiscono un'identità praticamente imperitura (i pregiudicati sono fuori moda, hanno pochissimi problemi di identità visto che tanto un modo per costringerli dentro una forma rigida di identità lo troviamo sempre, per "loro").
All'epoca, quando l'ho conosciuto dicevo, Pietro faceva dei bianco e nero mozzafiato, ha sempre avuto una buona mano, ma questi ritratti polliciosi sono tecnicamente perturbanti, dato che prima di attraggono con la loro apparente solarità, e poi ti stordiscono quando capisci che il ritratto è costruito con il marchio identitario del polpastrello. Il mezzo insomma è l'infamia, il risultato invece è sempre solare, sensuale, anche buffo. Ah, sì, questo è Pietro Lofaro, del resto. Non sono un esperto d'arte, ma poche volte ho visto delle opere assomigliare così tanto al loro autore.
Venerdì 22 settembre si inaugura una sua mostra alla Biblioteca Guglielmo Marconi, in via Gerolamo Cardano 135, a Roma.
tel. 06 45460301 guglielmomarconi@bibliotechediroma.it
Pietro sarà lì, a darvi una polliciata in faccia su richiesta, a raccontarsi e raccontarvi. Io purtroppo non sono a Roma, ma la settimana prossima ci torno di sicuro e prendo un appuntamento con Pietro per portarci alcuni miei studenti. Fino al 5 ottobre, vale la pena farci un salto. Una ventina di quadri che lasciano il segno, veramente.