2018 0422 Caro amico musulmano italiano, fratello mio,
ho riflettuto a lungo sulle parole che ci siamo scambiati
rapidamente ieri pomeriggio, alla fine della bella giornata organizzata alla
Moschea di Centocelle, in via dei Frassini. Ti avevo detto che sono molto
preoccupato per l’eventualità che un accordo politico ora (o, come la vedo io,
in vista delle prossime elezioni, che salderanno in un’unica coalizione
elettorale i vincitori di oggi, separati da ragioni allora contingenti e ora
non più sussistenti) possa produrre seri problemi per tutti i cittadini
anomali, vale a dire stranieri, riottosi, senza casa, senza passaporto, senza la
giusta lingua o il giusto dio.
Ti ho detto, con franchezza, che a me, personalmente, la
questione tocca molto poco: sono riconoscibile come italiano, bianco, con una
solida istruzione cattolica (anche se non sono credente), per di più maschio,
dipendente pubblico garantito, non pago neppure il mutuo perché io e mia moglie
veniamo dalla media borghesia, ho il dottorato di ricerca, vale a dire il
massimo titolo di studio, ho una famiglia che fatico a volte a mantenere solo
perché gli standard che implicitamente ci siamo dati sono piuttosto elevati
(almeno per le mie origini comunque provinciali e operaie, che mi hanno
insegnato un’etica della morigeratezza). Insomma, per quel che riguarda me e i
miei più stretti cari, chi governa, governa. Diversa invece sarà la situazione
per molte delle persone con cui lavoro, le persone “che studio”: occupanti
abusivi, immigrati irregolari o in condizioni lavorative complicate, mamme
spesso straniere e sole, padri stranieri con le famiglie e migliaia di
chilometri, persone detenute, musulmani e altri credenti di fedi minoritarie nella
cattolicissima Italia.
Per tutti questi, pensavo, le condizioni di vita non
potranno che peggiorare se il Governo che si prospetta terrà fede alle promesse
elettorali, fatte di merito, giustizia senza sconti, rabbia finalmente sfogata,
prima Noi, vale a dire noi italiani, bianchi, cattolici, legati ai sani valori
di una volta.
Mi hai detto che non è detto. Che i musulmani si stanno già
muovendo, che avete già dei contatti nelle sfere politiche che contano, e un
interlocutore che partecipava al nostro scambio ha aggiunto che Salvini stesso
era stato in Marocco a invitare gli imprenditori italiani, che il giuramento
sul Vangelo era solo uno specchietto per le allodole. Ho fatto notare che la
propaganda può non essere creduta da chi la mette in atto, ma certamente lo è
da coloro cui si rivolge. Mi hai ribattuto che ci sarà posto per l’islam in
Italia, che non è detto che sia poi così male.
Ho capito di colpo, guardando alle nostre spalle, nella moschea divenuta un centro culturale, quei
ragazzi di seconda generazione, di famiglie bangladesi, marocchine, tunisine,
pachistane, che tra loro parlano italiano ma ancora provano a ricordarsi il
bengalese, l’arabo, l’urdu, e si sforzano di ricordarsi o di imparare come si
scrivono, quelle lingue di un tempo, ora appannate nella voce dei genitori. Ho
guardato quelle ragazze in jeans o con il velo indossato solo nello spazio di
preghiera, e ho pensato che sono nella situazione peggiore: non sono abbastanza
italiani, con quelle pelli olivastre, quei veli sul capo; e forse non sono
abbastanza musulmani per gli adulti delle loro “comunità”, con quegli abiti
troppo italiani, quelle preghiere recitate in arabo con accenti insoliti, quei
gusti musicali inopportuni, quel loro connettersi, parlare troppo italiano,
chattare.
Ho capito guardandoli e pensando alla loro condizione
giuridica che con il Governo che si preannuncia un certo Islam verrà tollerato.
Non certo l’Islam rigoglioso di differenze, pieno di contraddizioni,
pasticcione, riottoso, produttivo, creativo, ribelle, fiero della propria forza
razionale, grandioso nell’organizzare la vita quotidiana connettendola a quadri
di senso più ampli, in grado di scrivere poesie inebrianti, musiche veramente
divine, architetture commoventi, geometrie funamboliche, commistioni senza
ritegno in nome dell'unicità della Divinità, che accetta e riconosce la pluralità delle sue creature.
No, quell’Islam, che gronderebbe dalle vite delle seconde
generazioni (se solo li lasciassero fare e non li colpevolizzassero per il loro
continuo non essere “abbastanza”), quell’Islam che ancora li attrae come attrae
gli italiani che si convertono, che sentono il profumo di libertà dalle
gerarchie e la gestione individuale della spiritualità e della fede, quell’Islam
sarà spazzato via.
Ma ci sarà ben altro posto per l’Islam retrogrado,
fallocratico, oscurantista, ignorante, strumento di controllo e di oppressione.
Quell’Islam ligio al potere (maschile), ossequioso verso chi comanda (gli
italiani cattolici) perché preoccupato di tenere sotto controllo poliziesco “i suoi”,
la propria maledetta “comunità”. L’islam di destra, quello sempre pronto a
stare dalla parte del più forte, che sia Erdogan o qualche partito neoislamico di moda, ma ci va bene
anche Salvini, basta che ci lasci fare. Quell’Islam che controlla la verginità
delle sue figlie, ossessionato dal culto arabo dell’onore e dalla fissazione mediterranea
della vergogna. Quello sì, immagino, avrà spazio: tutto legge e ordine, si sa
chi comanda e si sa chi deve obbedire.
Non vedo legittimazione per altri Islam, con il Governo che
si prospetta. Vi aspetta una bella fila di barbuti oscurantisti, rispettosi con i padroni
e pronti a fare i padroni con la loro “comunità”, che metteranno in riga i
giovani irrequieti, i riottosi che credono che si possa stare in questo paese
con velleità artistiche, con spirito libertario, con creatività e passione, e
credono, poveri illusi, che l’Islam sia uno strumento di approfondimento
spirituale del loro Sé, un pungolo alla loro umana curiosità. No, quei
musulmani scomodi verranno rimandati “a casa loro” (anche se sono nati a
Torpignattara o all’Esquilino o a Torre Angela) e sostituiti con una bella
truppa di cittadini con la terza media, bene che vada con qualche diploma
triennale da meccanico, a riempire i posti nelle bancarelle dei mercati, a fare
lavoretti a basso costo, commercianti di cianfrusaglie e banane troppo mature. Le
donne a casa, mi raccomando, a tirar su figli ancora più miseri e ignoranti,
maldestri nell’uso della lingua italiana, sconfitti e feriti dagli spigoli delle
periferie orrende. Ci serviranno, alla fine, questi musulmani sottomessi, così non
avremo neppure più la scusa di dover accogliere nuovi stranieri per coprire i
lavori più umili, che nessun italiano vuol fare più. Ce li tireremo su in casa
questi italiani di seconda classe, che pregano in arabo, ma a parte questo sono
sottoproletari buoni come quelli di una volta.
Per piacere, amico mio, fratello musulmano italiano, non
lasciare che questo avvenga facendo di ogni erba un fascio, confondendo l’amico
che riconosce la potenziale bellezza della tua diversità religiosa con la pacca
sulla spalla di chi ha capito come sfruttarvi per i suoi schifosi interessi
nazionali e “popolari”.