La strada che
univa la savana al villaggio era
battuta e tenuta pulita dal formichiere.
Lo sciacallo (famoso per la sua ferocia
più che astuzia) e il bufalo (noto
per la sua ottusità piena di livore) decisero che era ora di andare al
villaggio e di prenderne possesso, e si accordarono per fare la strada assieme. Qualcuno diceva che non c’era nulla in comune tra i due, se non la
meta finale, ma altri sostenevano che in realtà sciacallo e bufalo avessero un antenato comune. Altri, addirittura,
prevedevano un’unione tra i due che
avrebbe portato alla nascita di una nuova
specie.
Durante la notte, lo sciacallo avanzò sul percorso e scavò una trappola, esattamente al
centro del sentiero, proprio lì dove
il formichiere sarebbe passato nel suo lavoro di battitura e di pulizia. Prima
dell’alba, lo sciacallo tornò indietro portando un po’ di colazione al bufalo,
che ancora dormiva della grossa.
Mettendosi all’opera di buon mattino, il formichiere teneva
pulito il sentiero da pietre, arbusti e insetti, di modo che i viandanti
diretti al villaggio potessero farlo nella maniera più agevole. Preso dalla cura con cui era solito fare il suo
lavoro, precipitò rovinosamente nella
trappola, scoprendo quindi la buca
che ora rendeva di fatto il sentiero impraticabile.
Avvicinandosi al villaggio, lo sciacallo e il bufalo si videro
la strada interrotta dalla buca in
cui, ammaccato, giaceva il formichiere.
– Ma come facciamo, ora? Iniziarono a lamentarsi.
– Avevamo progettato con grande cura questo viaggio, il
villaggio ormai era a portata di mano, è folle che tu, formichiere, ti intrometta
impedendo la legittima realizzazione
del nostro percorso.
Il formichiere, ammaccato, rimuginava sul suo zelo: se solo
fosse stato meno scrupoloso, se
avesse cercato con meno attenzione del solito di tenere la strada pulita, forse
avrebbe evitato la buca e non avrebbe
così ostacolato involontariamente lo sciacallo e il bufalo. Paradossi del
potere, pensò: certe volte ti danno un incarico
e lo persegui con tanto zelo da ottenere l’effetto opposto.
– Dai, togliti di mezzo o ti togliamo noi! Strepitò il
bufalo, imbufalito ancor più di
quanto non lo spingesse la sua naturale inclinazione.
La favola africana, come molte, si interrompe a questo punto, con un ultimo, incomprensibile
dettaglio (è tipico dei racconti esotici essere in gran parte incomprensibili per noi, esseri
superiori guidati dalla razionalità dell’azione causale e consequenziale). Gli abitanti del villaggio, saputa la storia,
si divisero in due fazioni: quelli
che biasimarono il formichiere per
essersi frapposto al cammino dello sciacallo e del bufalo (impedendo così al villaggio il cambiamento
auspicato), e quelli che lo lodarono
con pubblici peana per lo stesso identico motivo (salvando il villaggio dalla devastazione).
Tutti lì a discettare se il formichiere fosse o meno caduto necessariamente nella buca, se l’avesse
fatto apposta, se fosse stato calcolato, se avesse pensato alle conseguenze di quel gesto, e che cosa
sarebbe successo allora.
Ben pochi, però, si chiesero come mai ci fosse quella buca, chi
l’avesse messa proprio lì, al centro
del sentiero dove il formichiere non
poteva non passare, e quale ne fosse la finalità. L’ultimo a
farsi la domanda fu ovviamente il bufalo.
Ma dal bufalo nessuno si era mai aspettato un po’ di pensiero. Ci si accontentava
del suo sbuffare, come era naturale
per lui.