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martedì 29 aprile 2025

Il futuro nel collo di una bottiglia: un manoscritto ritrovato di Umberto Ec[col]o

 Avvertenza filologico-umoristica


Chi si diletta di bibliomania sa che il vero colpo di fortuna non avviene mai in una grande biblioteca, ma in una polverosa bottega d’antiquariato, tra polaroid rotte e spartiti di mazurke dimenticate. Così è stato anche stavolta. Un nostro zelante collaboratore — che preferisce restare anonimo per ragioni di decenza scientifica — ha recentemente rinvenuto, in una cartellina intitolata “Conférences italiennes”, un dattiloscritto firmato semplicemente “U.E.”.

Il manoscritto ritrovato

La grafia, lo stile, la macchina da scrivere (una Olivetti 22, in perfetto stato di semidecomposizione) e soprattutto il contenuto, ci portano a ritenere che si tratti di un frammento inedito di Umberto Eccolo, risalente agli anni Ottanta. Un testo che sembra anticipare con inquietante lucidità il futuro incipiente: il digitale che divora la realtà, la memoria che si affloscia come un soufflé, il corpo umano ridotto a dito che scorre su uno schermo.

Il caso — o forse una sapiente regia del destino — ha voluto che questo manoscritto emergesse proprio nei giorni in cui Il Foglio rilanciava l’articolo di Ross Douthat sul "collo di bottiglia" della modernità: pare quasi che Eccolo, dal suo altrove, abbia voluto rispondere in anticipo, sfidando il nostro ottuso presente con l’arma che conosceva meglio: l’ironia profetica.

Vi invitiamo dunque a leggere questo piccolo testamento apocrifo con spirito serio ma non serioso, ricordando che — come Eccolo non si stancava di ripetere — si può prevedere il futuro solo chi conosce davvero il passato. E che conoscere il passato significa, oggi più che mai, impararlo a memoria, muscolo dopo muscolo, respiro dopo respiro.


Sul futuro stretto come il collo di una bottiglia (inedito apocrifo di Umberto Ec[col]o)

Verrà un tempo in cui l’umanità, invece di incidere sulla pietra il ricordo dei suoi re, affiderà tutto alle sabbie mobili di pixel inconsistenti. Un tempo in cui i figli degli uomini non sapranno più recitare a memoria né le capitali dell’Asia né le poesie dell'infanzia, ma solo canzoncine smozzicate e il numero dei follower guadagnati nottetempo.

Le grandi narrazioni si dissolveranno nel turbinio di storie da quindici secondi; i saggi universitari verranno ridotti a didascalie di meme; i filosofi più letti saranno quelli che sapranno condensare l'ontologia in un Reel di 30 secondi.

E sarà un tempo in cui nessuno più si accoppierà, non per scarso ardore di carni, ma perché nessuno saprà più sostenere lo sguardo vivo di un altro essere umano senza l'ansia del filtro.

Le città diverranno teatri vuoti, i teatri diverranno server farm, e i server farm alimenteranno infinite illusioni di compagnia mentre la solitudine crescerà nelle case come muffa negli scantinati.

Gli uomini si illuderanno di vivere più esperienze, ma in realtà avranno viaggiato meno; si vanteranno di "conoscere il mondo", ma non avranno mai preso in braccio un neonato o aiutato un anziano ad attraversare la strada. La vita reale sembrerà un fardello: si preferirà il simulacro comodo, lo scorrimento infinito.

Allora, come in ogni epoca buia, il destino dell’umanità sarà affidato a pochi: i fanatici della vita incarnata, i sovversivi del corpo. Coloro che avranno saputo, come si faceva un tempo, imparare a memoria: i nomi dei re sassoni, le capitali delle isole dimenticate, le poesie di Pascoli, i versetti di Isaia.

Imparare by heart, con il cuore, ma soprattutto con il corpo: forgiando neuroni, tendini, e sinapsi come si forgiavano una volta le spade.

Solo chi saprà far scorrere la conoscenza attraverso la chimica viva dei muscoli e del respiro, e non attraverso il languore virtuale del polpastrello, riuscirà a sopravvivere all'imbuto dell’estinzione.

Poiché la cultura non è nelle cose apprese, ma nel modo in cui il corpo intero le custodisce, come il viandante che trasporta sulla schiena l'ultima scintilla del fuoco umano.


Nota marginale, in penna rossa:

"Imparare è un atto muscolare. Chi non fatica, chi non suda per sapere, non saprà mai nulla."