Lezione numero 12 registrata il 13 dicembre 2024
Cittadini per grazia ricevuta - Lezione #12 di
Antropologia del Modulo B di Antropologia culturale per Tor Vergata - Pietro
Vereni 13 dicembre 2024
Roma rurale e la transizione urbana post-unitaria
La lezione si apre con un ripasso del tema centrale: il rapporto
tra religione e città, con un focus specifico su Roma. Viene
delineato lo scenario urbano preunitario: una città medievale, con meno
di 200.000 abitanti, fortemente agricola, popolata da pecore, orti e vigne.
Questo paesaggio rurale impressionava i viaggiatori del Grand Tour e
costituiva lo sfondo della sua funzione religiosa millenaria. Il passaggio
improvviso, nel 1870, da capitale dell’ultima teocrazia occidentale a
capitale del giovane Stato italiano produce uno shock urbanistico,
in particolare nelle aree extra-mura, dove nascono quartieri popolari
disordinati e rapidi (soprattutto a sud-est, la futura "Roma est").
Il Grande Raccordo Anulare come simbolo di espansione e
trasformazione
Un'attenzione particolare viene riservata al Grande
Raccordo Anulare (GRA), inizialmente concepito negli anni ’40 per
facilitare il traffico nord-sud evitando Roma. Ma già negli anni ’60-’70 il GRA
assume il ruolo di infrastruttura urbana interna, con lo sviluppo di
quartieri al di fuori del suo perimetro. Viene spiegato come questo processo
trasformi il rapporto tra centro e periferia, e come la città inglobi
progressivamente spazi simbolici come il Santuario del Divino Amore,
inizialmente fuori porta, rendendolo parte integrante dell’area urbana.
Il Santuario del Divino Amore come dispositivo di
cittadinanza rituale
Al cuore della lezione vi è l’analisi del Santuario
del Divino Amore come rituale di cittadinanza morale. A partire
dagli anni ’30, il santuario assume una funzione di integrazione simbolica
per i migranti, soprattutto quelli provenienti dal centro-sud.
Partecipare al pellegrinaggio al santuario diventa un modo per
“diventare romani”: «la Madonna concedeva una sorta di passaporto di
cittadinanza romana a chi partecipava al suo culto».
Questa “vidimazione rituale” si basa su tre
elementi:
1.
Sofferenza esibita (fisica o
familiare)
2.
Pegno corporeo visibile (stampelle,
cicatrici, ex voto)
3.
Radicamento
territoriale
testimoniato dal pellegrinaggio
Le pareti del santuario diventano un vero “visibilio
del corpo fragile”, un accumulo di segni materiali della devozione e del
dolore. Il corpo devoto si espone come pegno di appartenenza urbana.
Il ruolo di Don Umberto Terenzi e la
processionalizzazione del culto
Negli anni ’30 il culto assume una nuova forma
istituzionale grazie a Don Umberto Terenzi, rettore del santuario. È lui
a “inventare” il pellegrinaggio notturno da Porta Capena (vicino
al Circo Massimo) fino al santuario, 14 km a piedi da mezzanotte all’alba.
Questo percorso è simbolicamente significativo: parte dal cuore di Roma e
unisce centro e periferia in un movimento rituale che conferma il possesso
simbolico dello spazio urbano da parte di chi lo attraversa. Il
pellegrinaggio, inizialmente individuale, assume le caratteristiche della processione,
perdendo parte della sua spontaneità ma guadagnando in forza identitaria
collettiva.
Migrazione, marginalità e sacralizzazione popolare
La lezione si sofferma sul vissuto dei migranti
interni, spesso poveri, analfabeti, costretti a vivere in baracche o
case autocostruite, privi di residenza legale a causa della legge contro
l’urbanesimo (1939–1961). In questo contesto, il santuario funge da “ufficio
informale di cittadinanza”, offrendo legittimità sociale e morale
laddove lo Stato esclude. Il culto del Divino Amore diventa una sorta di burocrazia
simbolica alternativa, in grado di integrare chi non ha documenti o
diritti.
La diffusione delle icone nei quartieri popolari
Numerosi migranti devoti realizzano repliche
dell’icona della Madonna del Divino Amore nei loro quartieri: da Tor
Bella Monaca a Quarticciolo, fino a Torrenova e Torre
Angela. Pietro racconta il caso di una signora che spese 5 milioni di lire
per far realizzare una replica in mosaico, trasferendo nel proprio quartiere il
potere simbolico acquisito nel pellegrinaggio. Queste icone creano micro-centri
di sacralità, strutturando la città secondo una mappa devozionale popolare.
L’inclusione degli immigrati stranieri
A partire dagli anni ’80, l’immigrazione diventa globale.
La presenza di stranieri cristiani, ortodossi e musulmani (oggi circa il
12% dei residenti) riconfigura il pellegrinaggio come spazio multilingue
e multietnico. Anche per gli immigrati extracomunitari, la partecipazione al
culto del Divino Amore diventa una forma di cittadinanza alternativa,
spesso più efficace dei permessi di soggiorno. La religione si dimostra
così più inclusiva dello Stato.
Giovanni Paolo II e il paradosso dell’intimità mediatica
La seconda parte della lezione introduce la figura di Giovanni
Paolo II come protagonista della trasformazione globale e mediatica del
cattolicesimo. L’autore spiega il “paradosso dell’intimità”: nei
media elettronici, la comunicazione appare immediata, ma è in realtà
iper-mediata. Il fedele ha l’illusione di prossimità col Papa, come se
fosse in un rapporto diretto: «mi sembrava che parlasse con me».
Questo effetto si ottiene attraverso:
- la
spettacolarizzazione della sofferenza (l’attentato del
1981, la malattia, la preghiera filmata)
- la centralità del
corpo visibile del Papa
- l’uso strategico
della televisione e delle immagini ad alta risoluzione
Il Papa come supereroe: eventi mediatici e partecipazione
Giovanni Paolo II istituisce gli eventi mediatici
religiosi, come le Giornate Mondiali della Gioventù, la prima delle
quali si tiene a Tor Vergata nel 2000. Il pubblico non è più solo
spettatore, ma protagonista: fa “ciao con la manina”, canta, agita
bandiere. Viene analizzata la logica della "ola", nata negli
anni ’80: un gesto apparentemente stupido ma efficace in video, concepito per l’audience
televisiva. Analogamente, i rituali religiosi vengono progettati per
essere ripresi, e il pubblico diventa parte dello spettacolo.
La confessione pubblica e il gesto del perdono
Particolare attenzione è data all’incontro con Ali Ağca, l’attentatore del
Papa, avvenuto sotto i riflettori e messo in scena come confessione pubblica.
In un sistema religioso in cui la confessione è l’unico sacramento segreto,
questa messa in scena assume una potenza comunicativa simbolica
straordinaria, rafforzando l'immagine del Papa come uomo del perdono
visibile.
Dalla territorializzazione all’universalismo
La lezione si chiude con la distinzione tra vecchio e
nuovo Santuario: il primo radicato nel territorio, il secondo globalizzato
e deterritorializzato, privo di riferimenti locali. Roma, da capitale del
cattolicesimo etnico, si trasforma in snodo della comunicazione globale.
In questo passaggio, Giovanni Paolo II diventa figura-chiave: «un figlio
della Polonia che è diventato vescovo di Roma e pastore del mondo».