Organizzazione della visita didattica
La lezione si apre con la discussione logistica relativa alla prevista uscita didattica al Santuario del Divino Amore, con problemi di trasporto pubblico legati a uno sciopero e la proposta di organizzarsi in gruppi di automuniti. Si sottolinea il desiderio di non sacrificare l'ultima settimana di lezione, dedicata all’analisi del libro di Sahlins, e si propone la creazione di un gruppo WhatsApp per coordinarsi.
Religione e spazio urbano: introduzione teorica
Il nucleo tematico della lezione si concentra sulla relazione
tra religione e città, in particolare Roma. Si sviluppa una
riflessione personale e teorica sul potere generativo della religione nello
spazio urbano: la religione è vista come agente di localizzazione,
capace di produrre e strutturare lo spazio. Allo stesso tempo, essa subisce e
risponde alle dinamiche della globalizzazione, concetto già trattato nel
primo modulo: la religione non è un elemento fisso, ma si muove, si reinventa,
circola con beni, idee, persone e immagini.
Il cattolicesimo romano tra localismo e cosmopolitismo
Attraverso l’esempio di Roma, viene mostrato come il cattolicesimo
romano svolga un doppio ruolo: radicamento locale (si pensi alle parrocchie,
derivate da para-oikia, “nei pressi della casa”) e proiezione globale,
soprattutto a partire dal pontificato di Giovanni Paolo II, che
globalizza la dimensione liturgica e comunicativa con i “media events”.
Roma, in quanto città cattolica, esemplifica una contraddizione fertile:
è locale e universale al contempo, centro simbolico ma anche mosaico di
micro-identità fortemente territorializzate (es. Tor Bella Monaca, Trastevere, Monti).
Roma come città dei pellegrini
Attraverso una lettura del libro di Christopher
Hibbert (Rome: The Biography of a City), si ricostruisce storicamente il
ritorno del papato a Roma (1378) e il ruolo del Rinascimento come
strategia del papato per riterritorializzarsi esteticamente e
politicamente. Si evidenzia l'uso del “mediorama” (Appadurai), cioè di
dispositivi estetici e simbolici (affreschi, facciate, urbanistica) per legittimare
il potere sacro come anche potere politico. Viene sottolineato il ruolo
strategico del pellegrinaggio come dispositivo economico e spirituale
che definisce la funzione urbana della città.
L’invenzione dell’Anno Santo e l’economia del terziario
Si analizza l’istituzione del Giubileo da parte di
Bonifacio VIII nel 1300, come risposta all’arrivo spontaneo di
pellegrini, riletto come gesto performativo e strategico. Il Giubileo è
spiegato nella sua radice ebraica (anno di remissione), poi reinterpretato come
rituale cattolico di indulgenza plenaria. Da qui, Roma diventa una città
basata sull'economia del pellegrinaggio: un’economia terziaria
centrata sull’estrazione della ricchezza dai “city users” (oggi diremmo
turisti). Si confronta Roma con Venezia, città mercantile, tecnologica e
industriale, sottolineando il ritardo sistemico della capitale in
termini di infrastrutture e modernizzazione amministrativa.
Fragilità istituzionale e gestione della marginalità
Roma viene presentata come una città post-industriale
prima dell’industrializzazione: fondata sull’accoglienza e la rendita
simbolica più che sulla produzione. Le istituzioni religiose
sopperiscono alle carenze delle istituzioni laiche, specialmente nella
gestione di marginalità vecchie (pellegrini) e nuove (rifugiati, migranti,
senza fissa dimora). Questa divisione funzionale tra stato e Chiesa è
ancora visibile nell’attuale sistema di welfare romano.
La processione come rituale territoriale
La processione viene distinta dal pellegrinaggio
come rito di conferma del possesso simbolico di uno spazio. Essa è
definita come “rituale territoriale” che segna i confini del proprio
territorio, spesso attraverso icone sacre portate fisicamente nello spazio
pubblico. La processione serve a comunicare l’appartenenza collettiva e
il diritto d’uso del territorio. Vengono citati esempi di rivalità locali
tra parrocchie e comunità, anche con connotazioni violente o sacrali (come la
bestemmia dell’altrui Madonna in contesti greci).
Il pellegrinaggio come rito trasformativo
In contrapposizione alla processione, il pellegrinaggio è descritto come un rito di trasformazione personale e collettiva, che implica un passaggio dallo spazio domestico a uno spazio “sacro” e ignoto, da attraversare con fede e fiducia. Qui interviene il concetto antropologico di ospitalità, come apertura rituale all’altro assoluto. L’ospitalità è intesa come istituzione morale e politica che consente il movimento del pellegrino attraverso spazi che non gli appartengono. Si sottolinea l'importanza delle reti infrastrutturali e culturali che rendono possibile l’esperienza di pellegrinaggio.
Il caso del Divino Amore: un pellegrinaggio
processionalizzato
Il cuore della lezione è dedicato all’analisi etnografica
e simbolica del Santuario del Divino Amore, letto come un esempio
paradigmatico di pellegrinaggio urbano che si è processionalizzato.
Il santuario nasce nel 1740 da un miracolo minore, ma viene
immediatamente accolto con entusiasmo dai romani, come se esistesse un
desiderio latente di avere “anche noi” una meta sacra da raggiungere. La
crescita urbana della città ha gradualmente trasformato lo spazio del santuario
in prolungamento dell’area urbana, rendendo il pellegrinaggio una forma
di identificazione cittadina: se partecipi, sei romano.
Pellegrinaggio del Divino Amore vs Santiago de Compostela
Viene operata una comparazione tra il Divino Amore
e il Camino de Santiago, per mostrare la differenza tra:
- pellegrinaggio individuale
e penitenziale (Santiago),
- pellegrinaggio collettivo
e festivo (Divino Amore).
Nel primo caso si tratta di spostamenti dalla periferia
al centro; nel secondo, al contrario, di spostamenti dalla città alla
campagna, rafforzando il legame identitario con la romanità. Inoltre, il
pellegrinaggio romano si svolge in date fisse, organizzate dalle madonnare
(donne organizzatrici di pellegrinaggi), e non è un’esperienza continua, ma
episodica e comunitaria.
Conclusione e tesi della lezione
La lezione si conclude con una tesi antropologica forte:
il pellegrinaggio del Divino Amore, nato come percorso verso il sacro, è
stato nel tempo riassorbito dalla città, trasformandosi in processione
cittadina che marca l’appartenenza alla romanità. Questo rituale consente
agli immigrati — ieri italiani, oggi stranieri — di essere simbolicamente
integrati nella città, e ai romani di ribadire un'identità collettiva che
li distingue dal mondo esterno. La romanità viene così rafforzata e
performata attraverso riti di attraversamento urbano, che tengono
insieme sacro, politico e sociale.