Bussa al mio studio una studentessa. Non è una ragazza, ma una donna adulta, lavora (fa un bellissimo lavoro, anzi) ma vuole ancora studiare. Ha preso 30 all’esonero scritto, e 30 ai due orali cui si è presentata (sì, diciamo che gli studenti che danno Antropologia culturale hanno un programma impegnativo da studiare). Ci eravamo accordati, per la “tesina” di fine modulo, su un tema da svolgere.
Contrita, è venuta a dirmi che non ce la fa a fare quel tema, e che vorrebbe cambiare argomento. Mi dice che ha problemi di salute, concordiamo il nuovo argomento (che ha scelto lei e che mi va benissimo) e prima di uscire, come nulla fosse, mi dice che ha un tumore al seno, e che dovrà essere operata a giorni.
Però si è presa la briga di venire a ricevimento per chiedermi il permesso di cambiare l’argomento della tesina. Non lo so se il mondo le è crollato addosso, se è disperata, se sta riconsiderando la lista delle sue priorità: io vedo solo una studentessa che è venuta a chiedermi il permesso di cambiare argomento della sua tesina, e non si è limitata a mandarmi una mail o a fare una telefonata, ma si è sbattuta fino a Tor Vergata per dirmelo a voce.
Siamo “amici” su Facebook con questa studentessa, ma non c’è social network che avrebbe reso possibile quel che sto sentendo dentro, dopo aver visto la sua faccia, dopo aver sentito la sua voce. E se mi avesse contattato su Facebook NON avrei potuto stringerle la mano forte, mentre le auguravo in bocca al lupo.
Ho insegnato a Venezia, Lubiana, Roma, Napoli, Firenze, Cosenza e Teramo. Sono stato research assistant alla Queen's University of Belfast e prima ho vissuto per due anni in Grecia, per il mio dottorato. Ora insegno a Tor Vergata e nel campus romano del Trinity College di Hartford (CT). Penso che le scienze sociali servano a darci una mano, gli uni con gli altri, ad affrontare questa cosa complicata, tanto meravigliosa quanto terribile, che chiamano vita.