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venerdì 7 giugno 2019

Lavorare a Fienile


Sono più di due anni che, come Tor Vergata, ci sbattiamo per il polo ex Fienile, cercando di farlo diventare uno spazio comune per il territorio, senza ridurlo a spazio esclusivo di un pugno di abitanti delle strade lì attorno, e senza farlo diventare una specie di avamposto dei Servizi sociali per il disagio delle periferie.

Da una parte ci rendiamo conto che “il territorio” ha diritto di esprimere le sue esigenze, di trovare spazi di espressione (artistica e ludica), ma crediamo anche che il Fienile abbia le potenzialità per diventare un posto più inclusivo, un hub per attività anche piccolo-borghesi (come la Scuola di politica) e decisamente culte (come certe presentazioni di libri), oppure aperto agli abitanti romani non di Tor Bella Monaca, di altri quartieri, di altri spazi.

Il dramma di Torbella, se possiamo dire così, è il suo assurdo orgoglio identitario. Non c’è nessuna ragione, veramente, nessuna, per essere “orgogliosi” di appartenere a Tor Bella Monaca. Attenzione, non fraintendete il senso: non è che pensiamo che, invece, venire da Talenti o Monti potrebbe legittimare altri orgogli identitari, figuriamoci. Siamo sempre più convinti che la vera sciagura della città di Roma è il suo coltivare micro-identità tutte tronfie: siano quelle della borghesia papalina arroccata nel Centro storico; del generone convertito alla pubblica amministrazione della periferia storica; del proletariato sottoproletariato angustiato dalla crisi e dalla cronica carenza di servizi nella periferia stremata a cavallo del GRA.

Se non fosse che c’è un sito bruttissimo che ne ha fatto un’orrida bandiera del “decoro”, vorremmo dire a gran voce che “Roma fa schifo”, tutta ripiegata in sé stessa, nei suoi quartieri (curati o anonimi, di destra e di sinistra, proletari e borghesi), miope, incapace di vedere quel che semplicemente le sta a fianco, sospettosa di chiunque venga appena un poco da fuori (da fuori del cerchio di vie che è “il mio territorio”), rancorosa verso i cafoni quando piccolo-borghese, e roca di sospetto populista quando sottoproletaria e stracciona. Quella “mamma Roma” da cui veramente scappava incazzato Remo Remotti (attenti, ragazzi, lui era pieno di rabbia, non confondete la sua invettiva con la patetica malinconia del remake di Cranio Randagio, vittima inconsapevole della stessa mentalità che aveva fatto andare ai matti Remotti), fatta soprattutto di «sto nel mio piccolo, e per quanto merdoso è “mio”, quindi non mi cagate il cazzo, ed è “piccolo”, quindi non mi angoscia quanto invece mi angoscia questo schifo di spappolamento urbano, di dispersione, di confusione».
Ecco, Tor Vergata al Fienile, con le attività del LaPE in particolare, ha cercato di combattere l’emarginazione che diventa auto-ghettizzazione, il gusto da Sinn Féin Amháin ("ourselves only / ourselves alone / solely us") che detestiamo da quando siamo tornati dall’Irlanda, vent’anni fa.

Litigando quando necessario, e rompendo anche qualche ponte che si era rivelato un muro refrattario, Tor Vergata va avanti col suo lavoro di raccordo, per fare del Fienile un posto di espressione locale e di intersezione cittadina, un posto pubblico nel senso compiuto della parola.
Continueremo a lavorare in sintonia con l’Associazione 21 Luglio e con l’Associazione Culturale Psicoanalisi Contro (con cui gestiamo il polo ex Fienile secondo il progetto del Comune che ce lo ha assegnato), ma anche con chiunque, privati cittadini, imprenditori e associazioni locali e territoriali, associazioni cittadine e nazionali, vogliono fare del polo ex Fienile uno spazio di condivisione, non identitario. Uno spazio in cui le diversità si confrontano, non competono ma collaborano, con un fine generale condiviso: produrre cittadinanza, consapevolezza, conoscenza, partecipazione trasversale interclassista, interlocale, interetnica. Perché crediamo che la politica è la capacità di articolare un discorso pubblico collettivo, finalizzato alla consapevolezza del vivere associato. Tutto il resto è guerra tra bande.

Sabato 8 giugno ci incontriamo per raccontarci quel che abbiamo fatto quest’anno e per aprire nuove piste di lavoro per l’estate e l’anno entrante. Si parla, come al solito ci sarà arte, musica e scienze sociali, ma offriamo anche un aperitivo. Vorrei che veniste se siete di Torbella, se non siete di Torbella, se siete cittadini romani e se non lo siete, se siete italiani e se non lo siete, se siete giovani e se siete anziani. Se vi interessa che questa città acquisti una forma, ecco, quello è il vero criterio sulla base di cui vi invito: venire a vedere, a partecipare a condividere un progetto di costruzione dello spazio pubblico nella città di Roma. Non ce ne sono tanti, di spazi come questo (un altro in costituzione, con altre risorse, potrebbe essere questo). È uno spazio ancora neonato, con un sacco di gelosie e ritrosie, ma se tutti, locali e non locali, ne prendiamo idealmente possesso, potrà diventare veramente un luogo speciale, un nucleo per pensare alla città di Roma in modo diverso e per farla funzionare diversamente.