2011/12: INFORMAZIONI PER CHI AVEVA 12 CFU E TUTTI GLI MP3 DELLE LEZIONI

mercoledì 17 ottobre 2018

Umano (quanto vi pare)

Inizia giovedì 18 ottobre al Macro Asilo una nuova avventura intellettuale e umana. Una volta al mese, artisti, studiosi, scienziati e performers incontreranno al Macro Asilo quanti vorranno esserci per riflettere, nella "stanza delle parole", sulla parola che mi è stata assegnata e che cercherò di sviluppare in tutte le sue molteplici sfaccettature.

La parola è UMANO, e come non pensare al saluto di Vittorio Arrigoni, "restiamo umani!", ma io ho subito pensato al fatto che umano, nella nostra lingua, incorpora il doppio senso di human e humane, di ciò che ci caratterizza "oggettivamente" come animali (contrapposto a "bovino", per esempio) e che insieme umanizza perché ci rende in grado di provare compassione, sentimenti per l'Altro.
Questa comprensenza di umano animale e umano morale nell'aggettivo UMANO mi è sembrata molto feconda ed è attorno a quella che voglio costruire gli incontri dei mesi a venire.

Abbiamo diverse opzioni di artisti, scienziati, filosofi, genetisti, antropologi che ci racconteranno la loro concezione dell'umano nei mesi del 2019, ma intanto per questi ultimi mesi dell'anno, i primi di apertura del Macro Asilo, il calendario è questo:
ottobre (18, ore 16) Introduco il tema da una prospettiva antropologica
novembre (21, ore 11) Franco Farinelli, uno dei più importanti geografi italiani, ci racconterà in quali condizioni lo spazio diventa spazio umano
dicembre (data da definire) Fabio Dei, antropologo italiano tra i più noti della sua generazione, ci parlerà dei limiti dell'umano, dello sconfinamento nella "disumanità".

Si tratta di un progetto per me molto complesso, perché da antropologo sono esperto (se proprio così si può dire) solo di un lato dell'umanità (quello culturale) ma riconosco che ci sono tanti modi in cui si possa declinare l'aggettivo e riconoscere prospettive diverse dalla mia. Etica e estetica, nelle mie intenzioni, non sono alternative, e vorrei che il progetto UMANO (che a sua volta fa parte di un più ampio progetto #Dizionario) rispondesse agli obietti del nuovo Macro, di riportare l'arte dentro la vita associata: "il museo si fa città" è lo slogan del Macro Asilo e, come antropologo, non potrei trovarlo più allettante per quel che io penso debba essere l'arte, e la vita associata. Si tratta di recuperare anche il vecchio "l'arte come vita, la vita come arte" ma sradicando questa concezione romantica dalle secche dell'individualismo creativo, portando invece a considerare l'arte come "sistema culturale", e gli spazi della vita associata imbevuti di quel sistema e della sue strutture anzi, costituiti da quella strutturazione artistica.

domenica 14 ottobre 2018

Il Punto di svolta (quello di Salvini è fascismo)


Caro Federico,
ti ho letto con attenzione e interesse in questi mesi, le tue riflessioni sulla situazione politica italiana sono state per me illuminanti, soprattutto nel farmi comprendere quanto la chiusura del nostro paese verso l’immigrazione e la diversità in generale sia stata accompagnata da tutti i governi dell’ultimo trentennio, destra e sinistra. Le tue testimonianze dirette sulla giunta Veltroni hanno dimostrato la profondità dell’antiziganismo come sentimento popolare coccolato dalle giunte romane, in quegli anni di sinistra dell’amministrazione capitolina.
Non c’è alcun rigurgito di fascismo, ci hai insegnato, e io ho ascoltato volentieri, con un senso di amarezza perché la “mia parte” non si rivelava certo migliore, come mi ero illuso, ma anche con un senso di sollievo, perché l’autoritarismo di certi capetti sfrontati e rissosi non doveva essere letto come un’anticipazione di ulteriori restrizioni della libertà di tutti, compresi noi italiani maschi borghesi intellettuali (la porzione di classe cui apparteniamo entrambi).
Ti chiedo se dopo la decisione del Ministro degli Interni di deportare tutti gli stranieri coinvolti nel “modello Riace” tu mantenga ancora con serenità quella posizione. Io credo che siamo a una svolta che si può configurare tecnicamente come svolta fascista, e sarei felice di sapere che ne pensi, in proposito, tenuto conto che nel mio immaginario configuri il mondo dei “non ostili ai 5S da sinistra”. Quelli che, provenendoci, hanno tanto in odio il PD da assumere volentieri alcuni dei tic linguistici del MoVimento (e allora il PD?).
L’arresto di Mimmo Lucano non mi ha stupito ed è, nella logica del legalismo ormai imperante in Italia, un atto dovuto. Abbiamo consegnato una ventina d’anni fa il campo della politica ai giudici e ai magistrati, che hanno altre unità di misura e le hanno imposte nello spazio della polis. Amen, è andata così e quindi è del tutto ovvio che il concetto stesso di disobbedienza civile (che è una nozione eminentemente politica) non possa trovare spazio nella gestione della cosa pubblica: se La Legge dice x, e tu fai una cosa in meno o in più di x, il legalismo dice che commetti un illecito o un reato, non c’è molto da aggiungere. Se provi ad articolare un discorso sul valore di x, sulla sua storia, sulle ragioni che hanno fatto sì che si giungesse a x, stai facendo un discorso politico sulla legge, e questo non è semplicemente più tollerabile per la maggior parte di chi ci governa e di chi è governato. Quindi, come si dice, “ci sta” che Lucano venisse arrestato, nel senso che a me la cosa fa orrore e la considero un’aberrazione folle del sistema politico italiano, ma è del tutto conseguente al clima generale.
In questa chiave, è paradossalmente comprensibile anche la “chiusura dei porti”, e il respingimento dei richiedenti asilo: se lo stato nazionale è quell’istituzione che demarca il potere che esercita con la nettezza dei suoi limiti confinari (fin qui comando io, oltre la linea comanda chi può) è comprensibile (certo non condivisibile per me, che conosco la storia di formazione di quegli strani oggetti simbolici detti confini) un atto di sovranismo: chi vuole dimostrare al suo elettorato di “essere al potere” avrà buone ragioni per marcare identitariamente i limiti del suo territorio, come un cane che fa territorial pissing con lo stesso intento di dire: uè ragazzi, fin qui comando io eh!
Ma Salvini imponendo la deportazione di tutti gli stranieri di Riace, cioè un caso riuscito di integrazione, ha fatto un’altra mossa, non rivolta a stabilire il dentro e il fuori, ma tutta interna, orientata a dire, a noi italiani, o con me, o contro di me, ed è questa la svolta fascista che credo di aver individuato.
Il Ministro degli Interni ha deciso di delegittimare il “modello Riace” in quanto tale, e l’ha smantellato interamente deportando tutti i cittadini stranieri (in gran parte riconosciuti come rifugiati) che vi avevano finora preso parte. Questo non è più legalismo, non è più sovranismo, ma è un’azione politica di vecchio stampo, un atto puramente politico fascista che definisce il senso della polis.
Lasciamo stare che “chi sbaglia paga” lo dica uno che sta pagando in comode rate, e lasciamo il fatto che “non si possono tollerare irregolarità nell’uso dei fondi pubblici” lo dica uno che ci ha fatto tollerare 49 milioni di irregolarità che lo riguardavano. Guardiamo la cosa in sé, e cioè che Salvini sta, con questo gesto, portando a compimento un atto fondamentale e tipico del “fascismo eterno” descritto da Umberto Eco, vale a dire l’individuazione di un nemico che costringe l’intero popolo a schierarsi, pro o contro. Di fronte a una decisione come quella di trasferire tutti gli stranieri da Riace, non ci sono vie di mezzo, non ci sono posizioni terziste, non esiste il “sì però” e neppure il “ma anche”. L’intento è tutto politico, e ricorda la strategia islamo-fascista della al-Qaeda di bin-Laden, il cui piano terrorista era soprattutto quello di costringere “i moderati” a decidere se stare dalla parte delle potenziali vittime del terrorismo o di quelle dei carnefici attivi.
Il piano, poi, è quello storico dei nazionalismi (di cui il fascismo è una degenerazione storica quasi inevitabile), la separazione aut-aut tra Patrioti e Traditori, per consentire al capo di turno di avere una presa immediata e totale sul Noi Patrioti grazie alla delimitazione chirurgica del Loro Traditori. Questo è fascismo nel senso più puro: la creazione di un discrimine che taglia in due la nazione tra chi è a favore e chi è contro, dissodando tutti i terzismi. Nessuno può restare veramente indifferente rispetto alla deportazione di Riace, perché esserlo si configura già come una postura favorevole alla deportazione (chemmefrega dei sti negri), mentre essere contrario a spostare uomini e donne stranieri integrati nel tessuto locale di una nazione diventa di fatto un’opposizione radicale e totale a questo Governo e ai suoi decisori, un atto di tradimento.
Io non avrei mai voluto definirmi anti-salviniano, è proprio una posizione idiota quella dell’anti-, proprio perché, per ragioni professionali come puoi ben capire, detesto essere definito interamente dal mio avversario. Mi piace pensare che io sono quel che mi piace, sono amante della libertà, della giustizia sociale, dell’eguaglianza delle opportunità per tutte e tutti, e il mio anti-fascismo è sempre stato una dimensione latente, poco attiva nel sentirmi cittadino. Ho sempre riconosciuto l’importanza storica dell’anti-fascismo, però, vale a dire di quegli uomini e di quelle donne che hanno veramente combattuto il fascismo quando era al potere, mentre un poco, ti dirò, mi irritava il rituale post-bellico dell’anti-fascismo quando diventava il cardine dell’identità politica di chi se ne faceva portatore.
Bene, di fronte a Riace io non posso non definirmi anti-Salviniano, radicalmente, totalmente, senza sconti. Come cittadino veneto, negli anni ottanta ho resistito con il mio anti-leghismo a tutti i tentativi di tirarmi dentro il gorgo melmoso dell’identitarismo localista, figuriamoci se cado ora, proprio io, esperto di nazionalismi e identità etniche, dalla padella del leghismo alla brace schifosa del “prima gli italiani”. Ho un corso di antropologia culturale con centinaia di studenti anche quest’anno, mi sa che la butto in politica.
E se Salvini ci costringe a prendere parte, sappia che io gli sto contro, e farò il mio dovere di cittadino e di intellettuale (tranquilli, i miei amici che hanno problemi con la parola intellettuale: non mi do un tono, è solo che dopo aver fatto il pasticcere, l’operaio in fabbrica, il barista e il portiere d’albergo, da diversi anni mi guadagno da vivere con il mio cervello e con il mio pensiero, tutto qui, rilassatevi, non me la tiro). Il mio dovere sarà quello di sollecitare chiunque, e chiedergli se è d’accordo o meno con la deportazione degli stranieri residenti a Riace, e quali sono le sue ragioni per la sua scelta.
È iniziata una battaglia, spero non siano i prodromi di una vera guerra civile, ma se sarà il caso io so già da che parte stare, e da quale parte proverò ad trascinare le persone che mi circondano.

martedì 2 ottobre 2018

Quatti quatti

Oggi, 2 ottobre, ho iniziato il corso di antropologia culturale 2018/19 (modulo A fino al 10 novembre, poi parte di fila il modulo B fino a Natale) a Tor Vergata. L'impatto dell'aula T12B (250 posti mi dicono) piena piena è stato piacevole, segno che ancora qualcosa da dire noi antropologi ce l'abbiamo. Ma vediamo chi regge il ritmo di questo corso, insegnato martedì, venerdì e sabato!
Nella colonna di destra di questo blog trovate i primi link, per gli appunti iniziali e soprattutto per il modulo di iscrizione. Quanti intendono fare l'esame in questo anno accademico 2018/19 sono vivamente pregati di compilare il modulo quanto prima (anche se non frequentano). Vi prende un minuto e mi risparmia un sacco di tempo  quando dovrò pensare alla valutazione.