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mercoledì 25 aprile 2007

En attendant Prodot?

In Italia prendiamo parte, oltre a quella per le politiche nostrane, a due altre campagne elettorali: la presidenziale americana e quella francese. Parlo di campagne in cui i mass media si schierano, come se i loro lettori fossero anche elettori. Francamente, l’interesse mi pare sproporzionato all’entità dell’evento, ma forse ha a che fare con il nostro inevitabile provincialismo. Stati Uniti e Francia sono di gran lunga i paesi a cui guardiamo quando pensiamo genericamente all’estero, ben più che la Gran Bretagna o la Germania.
Allora Prodi manda un video alla Segò, e Berlusconi fa le corna per Sarkò. Ohibò!
Quand’è che questo nostro Paese la smetterà di pulcinelleggiare, sempre e comunque, e diventerà un Paese che fa politica, invece di fare il tifo?

Mi a so veneto

Ricordo la prima volta che li vidi, gli adesivi con il leone di san Marco e la scritta “Mi a so veneto”. Erano appiccicati sui vetri dell’imbarcadero dell’Accademia, a Venezia. Ero in prima media, quindi poteva essere il 1974, e non capivo il senso di quella “a”, che forse mi suscitava qualche reminiscenza padovana e generalmente “campagnola” ma che non sentivo per nulla veneta. Poi comparvero gli annunci dei “corsi de lengoa veneta”, e già allora sentii quanto di costruito e artificioso c’era in quell’operazione. Solo molti anni dopo avrei letto di nation building, di processi di omogeneizzazione culturale e di “invenzione della tradizione”, ma il fatto che si parlasse di “lengoa veneta” mi suonava (senza aver ancora letto Meneghello), al più, ridicolo. Non perché avessi qualche pregiudizio a considerare lingua ciò che era un dialetto, ma perché sapevo, per storia familiare e semplice orecchio, che veneziano e padovano, vicentino e trevisano, bellunese e veronese (per non parlare del rovigotto, di come si parlava a Ceggia (Théia in vernacolo) e Campagna Lupia, o Salzano...) erano troppo diversi, veramente troppo, per poter essere frullati in una qualunque koinè linguistica.
Ora tutti a lamentarsi che il Veneto se ne va in pezzi. Ferdinando Camon sulla Stampa della settimana scorsa (riportato sul Foglio rosa di lunedì 23), ripreso oggi (per fortuna criticamente) da Ernesto Galli della Loggia sul Corriere, si strugge per il fatto che un Veneto senza più Treviso (o Borbiago, o Badoere, o Zero Branco, non so più) non sarebbe più “veramente” Veneto. Argomento che mi lascia perlomeno perplesso, tanto più se applicato a Cortina, che di veneto nulla mai ha avuto, se non i dominatori e i villeggianti, un po’ come dire che Cuba era statunitense perché ci andavano in vacanza i ricconi di Miami.
Il punto è che hanno liberato il mostro del localismo proprio in Veneto (su Wikipedia in “lengoa veneta” ne parlo un’altra volta), all’inizio degli anni Settanta (molto prima di Bossi e della Padania) e adesso ne pagano le conseguenze. Il Veneto non esisteva prima che si iniziasse a brandirlo come un martello, allora contro i teroni, e poi i neri e gli slavi. C’era Venezia, una volta, potenza imperiale che teneva le sue terre col ferro e col fuoco, e che riscuoteva le tasse e pretendeva intere foreste come tributo. Ora che ce l’hanno imposto a forza di “popolo veneto” e “cultura veneta” io trovo solo piacevole e giusto che sto cazzo di Veneto vada a farsi fottere. E con lui tutta la retorica dell’autonomia regionale, dei Governatori e della deregulescion.

lunedì 23 aprile 2007

Uomo dalla dura cervice

Non mi ero reso conto che l’abolizione del limbo, lungi dall’essere un amorevole atto per i famosi parvulos (in consonanza con il datore di lavoro che era un tenerone vero, e lo dico con sincero rispetto), era invece una mossa strategica di marketing: come faccio a vendere i piccoli “uccisi dall’aborto” se poi da morti li piazzo in un magazzino di seconda scelta come il limbo? Non avevano alternativa, dovevano abolire il centro residenziale di serie B, e fare in modo che i mass media ne parlassero intensamente, cosa che si è verificata.

Se qualcuno pensa che il mio sia un retropensiero malevolo, si veda quel che hanno detto gli “esperti vaticani” al CdS del 21 aprile: “...spiegano che l’abolizione del limbo non è un fatto solo teorico, bensì un «problema pastorale urgente», dato che il numero di bambini morti senza battesimo è in aumento, sia perché molti genitori non sono cattolici, sia perché molti piccoli sono «vittime di aborti»”.
Dunque,
a) visto che la battaglia, ora, è contro l’aborto, e
b) visto che il limbo ostacola oggettivamente questa battaglia (dato che ci fa fare la figura degli ipocriti che difendono i feti ma negano alle loro anime la beatitudine eterna), allora
c) aboliamo definitivamente il limbo.
Con il che si dimostra (suppongo involontariamente) da parte degli stessi tenutari della Verità astorica che la verità è un prodotto della storia e della politica del presente.

De te fabula narratur

Giuro che, da quando l’ho messo per iscritto su questo sito, ho smesso di comprarlo. Ora cedo solo, e non sempre, a quello rosa del lunedì, che in realtà è una compilation del meglio uscito in edicola nella settimana (si trova perfino roba di Repubblica!) e quindi non è, propriamente, il Foglio se non fosse per il fondo dell’immarcescibile direttore.
Giuliano Ferrara ‘sta settimana ci ha preparato un piatto dei suoi, succulenti. Ecco l’incipit: “L’abrogazione mediante pillola del ciclo mestruale è parte di un pacchetto della contemporaneità offerto in saldo commerciale alle donne in nome del primato universale del corpo desacralizzato...” e via sproloquiando. Non si capisce perchè un maschio di mezza età debba preoccuparsi delle femmine di età fertile, ma ognuno ha gli hobby che crede.
L’articolo, di per sé, non sarebbe una notizia, se non fosse per un apprarente refuso che ho trovato all’inizio della seconda colonna. Quando, dopo aver parlato di questi mostri che prendono la pillola, decide di prensentarci il suo ideale femminile, Ferrara si aggrappa a Alessandra Di Pietro e Paola Tavella e Eugenia Roccella, che sarebbero alcune tra le “...tante altre femminsite [SIC, leggete bene, non c'è scritto femministe] laiche e cattoliche insofferenti del maltrattamento reale, mascherato di idolatria, cui è sottoposto il corpo femminile”. Interessante, no? Non avevo mai letto un refuso sul foglio (a parte gli errori che mettevano a bella posta l’anno scorso, ma era un concorso e si vincevano premi). Ma questo sembra più di un refuso, sembra un lapsus calami. Se si è d’accordo con Ferrara e si è femmina, si è femminsita, crasi di “femmina ammansita” cui, guarda un po’, non serve neppure “insegnare la modestia”.

E mica uno ce l’ha con loro

Però Marina (Berlusconi) ha preso 15mila euro l’anno (tutto il mio stipendio di ricercatore universitario) per non presentarsi a nessuno degli otto CdA della Mediolanum tenutisi nel 2006, dove siede. Il fratello Piersilvio (Berlusconi) invece ne ha presi solo 10mila per non presentarsi a nessuno degli undici CdA della Mondadori. E dopo dicono che il padre è maschilista...

Parentele

Scopro oggi (grazie al Corriereconomia), in un articolo che parla del flop della Solari.com di Paolo Berlusconi (quella dei decoder, perde due milioni di euro al mese. A fronte di un capitale di 300mila euro ha accumulato un debito di oltre 63 milioni. Come se io, che ho in banca 5mila euro, avessi buffi per oltre un milione di euro: ve l'immaginate la mia banca che mi consente di arrivare a un simile buco? Nooo? Chiedetevi come mai), dicevo che scopro solo oggi che la prima moglie di Paolo, Mariella Bocciardo, è parlamentare di Forza Italia.
Così, tanto per ricordare ai miei studenti che si lamentano quando li costringo a studiare la parentela con molta cura nei miei corsi di Antropologia culturale.

martedì 17 aprile 2007

Altri sdegni

Però qualcuno me lo dovrà spiegare perché gli Americani no, e Colaninno (che già aveva massacrato la Telecom imbottendola di debiti per comprarsela) e Berlusconi (che così si troverebbe a far convergere tv e telecomunicazioni nel momento migliore solo per lui) invece andrebbero bene. Spero ci sia qualcuno “di sinistra” che mi spieghi queste alchimie decisamente al di là della mia capacità di comprendere.

E, già che ci siamo, se qualcuno mi sa spiegare cos’è rimasto di appassionante nella fanghiglia da basso impero detta Partito Democratico mi mandi un post. Io non votavo da dieci anni e avevo dato il mio assenso ai Radicali nella speranza che si aprisse lo spazio per un nuovo progetto veramente liberale e veramente democratico. Io, tanto per dirne una, all’agenda Giavazzi ci avevo creduto. Mi dite quelli come me che ci fanno di questa classe dirigente “progressista” e di questo Partito Democratico abortito per occupazione abusiva prima di essere anche lontanamente progettato?

Aggiornamenti

Ok, io aggiorno poco 'sto sito ma sono da solo e non è un servizio pubblico. Che dire delle Ferrovie dello Stato? Hanno aggiornato il sito (ora non è più trenitalia.com, si viene rimandati a un più patriottico http://www.ferroviedellostato.it/) ma per quanto riguarda i possessori di Cartaviaggio si sono premuniti di specificare che:

Il mio saldo punti
AVVISO – Informiamo i soci Cartaviaggio che, per un problema di carattere tecnico, alcuni servizi sono momentaneamente non disponibili. Altri potrebbero risultare di difficile fruizione. E’ comunque garantito il regolare accumulo dei Puntiviaggio. Le strutture aziendali preposte stanno lavorando per ripristinare pienamente il servizio al più presto possibile Ci scusiamo per l’inconveniente.

La cosa va avanti da prima di Pasqua. Vediamo quanto dura.
Intanto io ho perso la possibilità di farmi un viaggetto in Sicilia.

martedì 3 aprile 2007

Serietà del servizio pubblico

Il sito Trenitalia funziona perfettamente se volete prendere un biglietto pagando. Se però avete accumulato punti con la vostra Cartaviaggio e volete passare all'incasso, scordatevelo. Sicuramente da 24 ore (ma non so da quanto prima) non è possibile accedere al proprio conto Cartaviaggio e non è possibile richiedere i biglietti con i punti accumulati. Bel servizio, prima delle vacanze di Pasqua.

Ci sono riusciti!

Bene, le Ferrovie dello Stato sono riuscite a farmi incazzare. Avete presente quei personaggi un po' grevi un po' gretti, che durante uno sciopero, o se c'è un ritardo del bus, o se gli hanno smarrito il bagaglio all'aeroporto si vede che covano una rabbia secca e imbarazzante? Quei personaggi cui ci sforziamo di NON somigliare perché ci pare che consumino troppo energia per un tema troppo meschino? Eccomi: sono diventato uno di loro.
Viaggio regolarmente in treno, sia da Roma verso sud (Paola e poi Castiglione Cosentino) sia verso nord (Firenze e poi Prato, qualche volta Venezia). Visti i costi e visto che non ho alternative, ho fatto una cosa che non faccio mai, cioè la "carta punti". Per le FFSS si chiama Cartaviaggio e non dà particolari vantaggi tranne quello di poter usufruire di qualche biglietto omaggio dopo aver speso centinaia di euro in biglietti a prezzo pieno (finite a dicembre le offerte per chi si organizzava per tempo, solo per vostra informazione, nel mese di marzo ho speso 377 euro di abbonamento Firenze-Paola, più 20 euro di carnet di accesso eurostar, più 60 euro di due supplementi in cuccetta comfort, più 88 euro di altri due supplementi in carrozza letto, totale 545 euro in un mese...).
Ho quindi un certo numero di punti, che pensavo di investire per un viaggetto pasquale con la mia compagna. Quanti punti ho di preciso, non lo so. Sul sito Trenitalia.com entro nella sezione cartaviaggio e cerco di vedere il mio "saldo punti". Peccato che da ieri questa porzione del sito è inaccessibile. Non sapendo quanti punti ho, non posso sapere che tipo di biglietto posso richiedere (A/R, per uno o due, in carrozza letto o no, in prima o seconda...). Dato che ho fretta, stamattina cedo alla necessità di chiamare il call center (892021), con una telefonata che costa 15 cent alla risposta e 1,26 euro al minuto, praticamente un salasso. Chiamo e dopo un paio di minuti che sono in linea con una gentile operatrice viene fuori che neppure lei può dirmi quanti punti ho perché "il server è troppo lento" (certo, è lo stesso che uso io! E non ì lento, è completamente blocccato!!!). Morale, ho pagato almeno 2 euro per NON avere l'informazione che avevo richiesto e quasi sicuramente la situazione si ripristenerà quando sarà troppo tardi per fare il biglietto.
Sì, sono veramente incazzato.

lunedì 2 aprile 2007

Strumenti per la didattica...

Sì, mi ci diverto anche. Ma credo che possano essere utili per gli studenti del mio modulo. In questo caso si tratta dei materiali didattici (incluse le favolose registrazioni delle mie lezioni...) per il modulo di "Antropologia delle istituzioni" del ProSMArt di Prato (Università di Firenze). Se l'iniziativa ha successo la userò anche nei prossimi moduli. Non c'è ancora tutto, ma stiamo lavorando per voi.