2011/12: INFORMAZIONI PER CHI AVEVA 12 CFU E TUTTI GLI MP3 DELLE LEZIONI

martedì 29 maggio 2018

Lo sciacallo, il bufalo e il formichiere


La strada che univa la savana al villaggio era battuta e tenuta pulita dal formichiere. Lo sciacallo (famoso per la sua ferocia più che astuzia) e il bufalo (noto per la sua ottusità piena di livore) decisero che era ora di andare al villaggio e di prenderne possesso, e si accordarono per fare la strada assieme. Qualcuno diceva che non c’era nulla in comune tra i due, se non la meta finale, ma altri sostenevano che in realtà sciacallo e bufalo avessero un antenato comune. Altri, addirittura, prevedevano un’unione tra i due che avrebbe portato alla nascita di una nuova specie.
Durante la notte, lo sciacallo avanzò sul percorso e scavò una trappola, esattamente al centro del sentiero, proprio lì dove il formichiere sarebbe passato nel suo lavoro di battitura e di pulizia. Prima dell’alba, lo sciacallo tornò indietro portando un po’ di colazione al bufalo, che ancora dormiva della grossa.
Mettendosi all’opera di buon mattino, il formichiere teneva pulito il sentiero da pietre, arbusti e insetti, di modo che i viandanti diretti al villaggio potessero farlo nella maniera più agevole. Preso dalla cura con cui era solito fare il suo lavoro, precipitò rovinosamente nella trappola, scoprendo quindi la buca che ora rendeva di fatto il sentiero impraticabile.
Avvicinandosi al villaggio, lo sciacallo e il bufalo si videro la strada interrotta dalla buca in cui, ammaccato, giaceva il formichiere.
– Ma come facciamo, ora? Iniziarono a lamentarsi.
– Avevamo progettato con grande cura questo viaggio, il villaggio ormai era a portata di mano, è folle che tu, formichiere, ti intrometta impedendo la legittima realizzazione del nostro percorso.
Il formichiere, ammaccato, rimuginava sul suo zelo: se solo fosse stato meno scrupoloso, se avesse cercato con meno attenzione del solito di tenere la strada pulita, forse avrebbe evitato la buca e non avrebbe così ostacolato involontariamente lo sciacallo e il bufalo. Paradossi del potere, pensò: certe volte ti danno un incarico e lo persegui con tanto zelo da ottenere l’effetto opposto.
– Dai, togliti di mezzo o ti togliamo noi! Strepitò il bufalo, imbufalito ancor più di quanto non lo spingesse la sua naturale inclinazione.
La favola africana, come molte, si interrompe a questo punto, con un ultimo, incomprensibile dettaglio (è tipico dei racconti esotici essere in gran parte incomprensibili per noi, esseri superiori guidati dalla razionalità dell’azione causale e consequenziale). Gli abitanti del villaggio, saputa la storia, si divisero in due fazioni: quelli che biasimarono il formichiere per essersi frapposto al cammino dello sciacallo e del bufalo (impedendo così al villaggio il cambiamento auspicato), e quelli che lo lodarono con pubblici peana per lo stesso identico motivo (salvando il villaggio dalla devastazione).
Tutti lì a discettare se il formichiere fosse o meno caduto necessariamente nella buca, se l’avesse fatto apposta, se fosse stato calcolato, se avesse pensato alle conseguenze di quel gesto, e che cosa sarebbe successo allora.
Ben pochi, però, si chiesero come mai ci fosse quella buca, chi l’avesse messa proprio lì, al centro del sentiero dove il formichiere non poteva non passare, e quale ne fosse la finalità. L’ultimo a farsi la domanda fu ovviamente il bufalo. Ma dal bufalo nessuno si era mai aspettato un po’ di pensiero. Ci si accontentava del suo sbuffare, come era naturale per lui.

lunedì 28 maggio 2018

Sulla volontà popolare


Provo a sintetizzare quel che va detto, da fuori, rispetto alla questione Mattarella-Savona.
Era già successo che il Presidente della Repubblica in carica si rifiutasse di nominare un Ministro proposto dal Presidente del Consiglio incaricato. Quali che fossero le sue ragioni (vedi oltre), Mattarella ha esercitato una sua prerogativa legittimata dalla Costituzione e consolidata dalla prassi.
Non era mai successo, invece, che un Presidente del Consiglio incaricato si rifiutasse di proporre alternative, una volta esposto al rifiuto del Presidente della Repubblica. Questa è l’azione inusitata successa ieri, che cioè Conte non ha accettato le indicazioni di Mattarella di mettere un politico eletto come Ministro dell’economia.
Come mai Conte è stato inflessibile al punto di veder fallire il suo mandato? Delle due, l’una.
1. Savona era considerato indispensabile in quella posizione. Perché? L’unica lettura ragionevole è che il governo voleva veramente informare l’UE che considerava plausibile e perseguibile un’uscita dall’euro. Questo punto non era stato discusso in questi termini durante la campagna elettorale, né da Lega, né da M5S, che anzi si erano premuniti di garantire gli investitori e le istituzioni che la loro posizione, per quanto critica, sarebbe proseguita nell’alveo dell’unione monetaria. Visto che insomma il punto “uscire dall’euro” non era nei programmi, bene ha fatto Mattarella a stoppare una sua introduzione surrettizia con Savona.
2. L’impuntatura leghista su Savona è stata un bluff win/win per la Lega: se Mattarella avesse ceduto si sarebbe creata una ferita insanabile nel corpo dello Stato, con l’esecutivo che ribalta i rapporti di potere e di garanzia tra Presidente delle Repubblica e Presidente del Consiglio. A quel punto, il Governo avrebbe avuto carta bianca su tutto, segnando un cambio costituzionale de facto (altro che gomblotto, sarebbe stato un piccolo colpo di stato tutto a vantaggio del Governo in carica). La resistenza di Mattarella garantiva invece alla Lega un ottimo argomento per rompere con il moribondo Centrodestra di Berlusconi, raccoglierne i miseri resti e puntare alle prossime elezioni direttamente in alleanza/competizione con il M5S (con i 5S in posizione di vassallaggio, questa volta).
Qualcuno, soprattutto a sinistra (in quella sinistra a sinistra del PD renziano in cui, se esistesse, mi riconoscerei) ha sollevato questioni sulla sovranità popolare, che sarebbe stata schiacciata da Mattarella a favore della Capitale e della Finanza che, per mano teutonica, avrebbe sancito ancora una volta l’inutilità del voto nelle democrazie mediterranee (accomunandoci coi greci e i catalani).
Bene, a questi amici ricordo che, chiunque abbia vinto le elezioni del 4 marzo, non ha vinto un referendum per uscire dall’euro o per cambiare la Costituzione con un colpo di mano. A me non risulta che ci sia stato chiesto se volevamo o meno uscire di soppiatto dalla moneta unica, non ricordo il professor Savona indicato in quella posizione da Salvini o Di Maio (mentre ricordo le posizioni del professore su come uscire dall’euro nei weekend).
Se restiamo ancorati a questo feticcio del popolo che avrebbe espresso la sua volontà, guardiamoci negli occhi e parliamo schietto: non ho visto nessun popolo che abbia deciso di avere un ministro dell’economia pronto alla Brexit italiana. Nessun proprietario di casa, pagatore di mutuo, riscossore di pensione o possessore di qualche risparmio, nessuno di coloro che l’hanno sfangata in questi dieci anni tenendo duro ha veramente voglia del “tanto peggio tanto meglio”. E non a caso i marginali (carcerati, stranieri di ogni sorta, occupanti abusivi, irregolari di ogni sorta) sono stati l’obiettivo primo degli attacchi del Contratto di Governo. Chi comunque ha galleggiato, per quanto a fatica, non è così pazzo da volere lo sfascio totale in nome del mal di pancia al potere.
I Poteri Forti, semmai, sono quelli che vorrebbero proprio questo: l’uscita unilaterale dell’Italia dai trattati, vale a dire l’Italexit. Ma non parlatemi di volontà popolare, per cortesia, perché Savona Ministro dell’economia NON è la volontà popolare, dai.
Alla prossima campagna elettorale farò una sola domanda a tutti quelli che mi chiederanno il voto: avete nostalgia della lira? Volete uscire dall’euro? Volete porre dei dictat all’UE che corrispondono a un’uscita unilaterale dall’Unione?
Se siete i rappresentati del Popolo, se il Popolo siete voi, state molto attenti a rispondere chiaramente alle domande che il Popolo vi farà.

venerdì 18 maggio 2018

Un semplice conteggio


Punto 12. Immigrazione: rimpatri e stop al business
Occorre prevedere, contestualmente, l’individuazione di sedi di permanenza temporanea finalizzate al rimpatrio, con almeno uno per ogni regione, previo accordo con la Regione medesima, e con una capienza tale da garantire il trattenimento di tutti gli immigrati il cui ingresso o soggiorno sia irregolare, presenti e rintracciati sul territorio nazionale […]ad oggi sarebbero circa 500 mila i migranti irregolari presenti sul nostro territorio […]il trattenimento deve essere disposto per tutto il periodo necessario ad assicurare che l’allontanamento sia eseguito, fino ad un massimo complessivo di diciotto mesi
Quindi vanno individuati almeno 20 (uno per Regione) sedi di permanenza temporanea in grado, complessivamente, di trattenere 500mila persone fino a 18 mesi.
In pratica, devono essere individuate 20 sedi in grado di gestire ognuna 25mila (500mila irregolari diviso 20 regioni) persone per 18 mesi l’una.
In Italia, dati del Ministero della Giustizia, abbiamo circa 58mila persone detenute nelle carceri italiane.
Rebibbia Nuovo Complesso è il più grande carcere d’Italia e attualmente ospita oltre 1400 detenuti (circa 200 in più dei posti regolamentari)
Quindi il contratto di governo prevede che vengano individuate in Italia almeno 20 sedi grandi ciascuna come 20 volte Rebibbia (25000 diviso 1200 uguale più di 20). Oppure, se ci si volesse limitare alla capacità attuale di Rebibbia (1200 posti) sarà necessario individuare (500mila diviso 1200) almeno 416 sedi di permanenza temporanea grandi come Rebibbia su tutto il territorio nazionale, vale a dire una media di 20 Rebibbie per ogni regione italiana.
Calcolando che a Rebibbia sono previsti 992 effettivi della polizia penitenziaria, e 92 amministrativi per mandare avanti la baracca (non conto gli educatori del carcere, che agli immigrati irregolari ovviamente non serviranno), e stimando che, vista l’ipotizzabile ridotta pericolosità degli immigrati regolari rispetto alle persone attualmente detenute nelle carceri, con un numero dimezzato (500 poliziotti e 50 amministrativi per ogni sede di permanenza temporanea) di personale si possa gestire il tutto, ci sarà bisogno di
500 membri di polizia e 50 amministrativi per ognuna delle 416 sedi di permanenza temporanea, per un totale di
208mila effettivi di polizia (500 per 416)
20.800 amministrativi (50 per 416)
Vale a dire garantiti 228.800 posti pubblici assicurati.
Con 416 sedi (molte da costruire) e 230mila nuovi posti di lavoro nell'Amministrazione Pubblica il paese riparte.
Destinazione inferno.

lunedì 14 maggio 2018

VOTI FINALI per chi ha superato lo scritto del 21 aprile 2018

QUI trovate il file, che è nella solita cartella studenti.
Come specifico nel file, vale il principio del silenzio-assenso e tra due giorni chiudo il verbale elettronico.

mercoledì 9 maggio 2018

LE religionI di Roma

Con molto piacere partecipo mercoledì 9 maggio alla presentazione del libro Roma città plurale, curato da Alessandro Saggioro e Carmelo Russo.
Con Valeria Fabretti abbiamo scritto un capitolo in cui cerchiamo di riflettere sulla schizofrenia religiosa di questa città, che proprio grazie al capitale simbolico della Chiesa Cattolica attrae la diversità religiosa, che si sente potenzialmente accolta e degnamente rappresentata (se a Roma il Cattolicesimo è così importante, allora significa che lì l'appartenenza religiosa è presa sul serio) per vedersi poi respinta nella quotidianità delle pratiche, segregata spesso nei rimasugli spaziali di quel che appare in effetti un monopolio religioso inamovibile.
Ci vediamo al TMC, Torpignattara Muslim Center, alle ore 17:30, per parlarne con i curatori, con Alessandra Broccolini e con Stefania Ficacci.

lunedì 7 maggio 2018

esito percorso FIT

Finalmente pubblicati i giudizi della prima prova scritta del modulo A (6 cfu) di antropologia culturale del percorso FIT di Roma "Tor Vergata". Qui. A seguire commenti, riflessioni, considerazioni sul senso di insegnare antropologia a chi vuole diventare insegnante.