2011/12: INFORMAZIONI PER CHI AVEVA 12 CFU E TUTTI GLI MP3 DELLE LEZIONI

lunedì 27 novembre 2017

Domande orale Vite di Confine

27 novembre 2017.  Questo ovviamente risulterà tra i post più letti in assoluto nella mia decennale storia di blogger.
Come ho avuto modo di chiarire più volte, l'esame di Antropologia culturale NON è un esame facile, anche se le modalità di valutazione possono apparire inconsuete e perfino bizzarre. Io valuto la comprensione dei concetti di base del corso nei commenti al post, mentre valuto l'intensità dello studio nella verifica orale del mio libro sulla Macedonia. Ormai ho una lista più o meno stabile (ma non certo chiusa) di domande, che potete leggere per farvi un idea dell'idea di dettaglio che voglio nello studio. Quel che dovete raggiungere è il tipo di thick description che abbiamo sviluppato per capire la storia di Cohen. Cosa abbiamo fatto per far sì che una storia insulsa e poco chiara di un mercante straccione di inizio Novecento diventasse invece un quadro importante per capire il sistema coloniale francese? Abbiamo lavorato di fino, scoprendo dettagli, aggiungendo particolari, soprattutto costruendoci un quadro di senso più ampio, che ci consentisse di capire il significato di qualche episodio a prima vista astruso. Questo è fare antropologia, e non si esce dal mio corso fin quando non saranno chiare alcune cose a prima vista strampalate, del tipo: ma come è possibile che la madre di Leonidas, eroina della causa greca, muoia accusata di essere bulgara? Perché mai Leonidas non ci spiega cosa veramente è successo a suo padre? Cose così, analisi thick, che potete sviluppare solo se il libro lo studiate, vale a dire vi ci spaccate la testa fin quando vi diventa sensato (che è esattamente quel che fanno gli etnografi sul campo: si spaccano la testa su pratiche culturali strane fin quando non riescono a capirne il senso). Ecco la lista da cui potete partire, o almeno quella da cui partirò io:

  • Chi sono i Pondii?
  • Cosa pensa Leonidas dei Pondii?
  • Che cos’era l’Esarcato Bulgaro?
  • Quando è nato lo stato greco?
  • Quando nasce la Bulgaria?
  • Boundaries e frontiere
  • Quando si sviluppa il nazionalismo macedone “interno”?
  • Boundaries per sovrapposizione e per estinzione
  • Chi era Jovan Cvijic e quale idea ha comunicato dell'identità dei macedoni?
  • Chi sono le due Stravroule della vita di Leonidas?
  • Che cos’è un Domazet?
  • Che tipo di residenza era la zadruga?
  • Le accuse “inverse” di Leonidas ai Pondii
  • Chi sono i Rifugiati?
  • Quando c’è stato lo scambio obbligatorio delle popolazioni?
  • La questione dei doppi nomi
  • La mia ricerca sui matrimoni
  • Cosa sono i nomi barrati?
  • Boundaries, frontiere, confini
  • Quando è stato istituito il confine attuale in Macedonia?
  • Dov’è la Macedonia?
  • Perché Stavroula, la madre di Leonidas, morì accusata di essere bulgara? Non era un’eroina greca?
  • Che cos'è la Macedonia geografica?
  • Perché molte volte gli abitanti dell'attuale Macedonia greca erano sprezzantemente detti Bulgari?
  • Cos'è stato lo scambio di Neully del 1919?
  • Cos’è il Fyrom?
  • Quante persone vengono coinvolte nello scambio obbligatorio di popolazioni?
  • Quante persone scappano dalla parte greca e si rifugiano nella Jugoslavia durante la guerra civile?
  • Cosa succede al papà di Leonidas? Perché cercano di ucciderlo?
  • Chi sono le persone coinvolte nella “discendenza impossibile”?
  • Cosa era successo alla madre da piccola, di cosa è stata testimone?
  • Chi era Stefanos Tsiotios?
  • Cos’è la Diaforentità?
  • Cosa succede alla mamma di Leonidas quando era piccola?
  • Chi era il vojvoda Tane?
  • Qual è il punto di contatto tra Piccola storia e Grande storia nei quaderni di Leonidas?
  • Perché ho scritto l'ultimo capitolo? Cosa significa "Dopo l'identità"?
  • Che cos'era il "Fanari"?
  • Perché Leonidas ce l'ha così tanto coi Pondii?
  • Come chiama Leonidas gli attentatori del padre? Cosa vuol dire "rufianofrones"?
  • Dove muore il padre di Leonidas?
  • Cosa sono le cancellazioni dei nomi sulle Merides?
  • Compensazioni e insediamento dei profughi in Grecia
  • In che senso la politica statale greca “produce” una etnicizzazione del conflitto tra locali e profughi?
  • Modi in cui i Macedoni di Grecia definiscono/denominano sé stessi
  • Che lingua parlano i Macedoni di Grecia?
  • Che cos’è il piftì e in che modo è collegato alla memoria dell’identità locale?
  • Che cos’è il cambio del nome in una zadruga?
  • Come avveniva il pagamento matrimoniale tra i dopii?
  • Che età relativa c’era tra gli sposi dopii e perché?
  • Qual è il diverso sistema di scambio economico connesso al matrimonio che impedisce per decenni a dopii e pondii di sposarsi tra loro?





domenica 26 novembre 2017

Poeti al Fienile


La poesia è uno dei misteri della creatività umana. Etimologicamente, anzi, coincide con la presa di coscienza della creatività. Il primo poeta, o la prima poetessa, fu colui che si rese conto che con le parole non ci limitiamo ad ancorare pezzi del reale, ma siamo letteralmente (letteralmente) in grado dii crearne di imprevisti, di inauditi, di altrimenti inimmaginabili.
Poesia, religione e antropologia sono sorelle germane, figlie del linguaggio e del nostro bisogno di senso.
Io amo particolarmente quella poesia che non ha paura di far circolare il suo senso, che non si rintana nell'urgenza creativa dell'artista, ma si sente a suo agio nella fabrilità discreta dell'artigiano. Amo Billy Collins, e ho tradotto per qualche tempo alcune sue poesie su questo blog, anni fa.
I poeti, se non sono tutti presi da sé stessi (nel qual caso diventano insopportabili) ma si preoccupano di comunicare (non di esprimere) la loro visione  del mondo, aprono piste per nuove esplorazioni del vissuto, costituiscono letteralmente (letteralmente) nuovi mondi.
Allora al Fienile, quando un gruppetto di poetastri dei Castelli, il Castelli Poetry Slam,  è venuto a proporci una "gara di poesia" non potevamo non rimanere affascinati, incuriositi, interessati. E ci siamo organizzati grazie al sostegno sempre meraviglioso dei ragazzi dell'Errezero.
Ci vediamo giovedì 30 novembre, si parte alle 21, possiamo mangiare un boccone autoprodotto, e poi autoprodurre le nostre poesie, o autoascoltare quelle prodotte dal qualche autoamico presente. Venite a fare a gara di Mondo. Iscrivetevi come poeti per leggere in pubblico le vostre poesie, offrite la vostra visione, fatevene portavoce. Iscrivetevi mandando una mail a castellipoetryslam@gmail.com.

lunedì 20 novembre 2017

Anthropology of Globalization for Global Governance #12 & #13

13 & 15 November 2017. Two classes (here the first, there the second) on Cultural Dimensions of Globalization. We worked on reading Arjun Appadurai’s most famous article, namely, Disjuncture and Difference in the Global Cultural Economy.

We started from EXPERIENCE and REPRESENTATIONS as the two sources of our ACQUISITION of that ACQUIRED KNOWLEDGE we’ve termed CULTURE.

While our physical bodies has remained the same for the last 150 thousand years, thus living unchanged our sources of experience, some tremendous changes have occurred in the last 5 thousand years or so. WRITING has superseded the need for SYNCHRONICITY in communication, offering a brand new source of representation in form of EXTRA SOMATIC MEMORY. Then the PRESS popularized writing and reading and made it possible the commodification of books, giving sway to NATIONAL CULTURES. Steam power, Electric and Electronic revolution have set a further step in offering human beings entirely new sources of representations and here is where Appadurai devices his model.

We read the article well enough to became acquainted with ETHNOSCAPES, TECHNOSCAPES, FINANCESCAPES, MEDIASCAPES and IDEOSCAPES.
From a theoretical point of view, the most important fact is that these flows are DISJUNCTED, that is they are not automatically dependent one from the other on a deterministic line. Case by case, only empirical analysis can tell us what flow impinges on what, what is caused and what does cause.


Q1. Select any know social phenomenon of your interest (possibly something you already know about) and try an Appadurian reading by analysing it through the five -scapes.

mercoledì 15 novembre 2017

Ancora sui criteri di valutazione Antropologia culturale A 2017/18

2017 15 novembre. Oggi inizio il modulo B, di antropologia economica, che verrà non solo registrato in mp3 ma anche in video, e reso disponibile intanto per gli studenti del progetto di Teledidattica di Rebibbia. Non ho intenzione di rendere da subito disponibili le registrazioni, perché le aule questa volta dovrebbero essere sufficienti per consentire a tutte e tutti la frequenza. Se qualcuno ha esigenze specifiche di lavoro o sovrapposizione di orari con altre lezioni me lo faccia sapere via mail.
Ma scrivo questo post soprattutto per la necessità di chiarire ulteriormente il sistema di valutazione.
Come avete capito, si tratta di un metodo che sto calibrando mano a mano, che ha una sua natura sperimentale ma che sto cercando di consolidare a vantaggio della didattica (l'intento, dovrebbe essere chiaro a tutti, non è quello di trovare un modo purchessia di "fare gli esami", ma di trovare il modo migliore di verificare che quella strana forma di trasmissione del sapere culturale che chiamiamo "corso universitario" sia andata a buon fine, e che gli studenti e le studentesse abbiano beneficiato al massimo delle lezioni e dello studio condotto autonomamente).

Per chi non ha potuto o voluto commentare questo blog, il sistema resta quello tradizionale:
un esonero/esame scritto in aula, con dieci domande su tutti i testi del programma (ogni domanda dichiara a quale testo si riferisce); tre punti massimo per ogni domanda; il punteggio finale diventa un "voto" che fa media con la relazione finale di 6000-8000 caratteri inviata via mail e scritta secondo le indicazioni presentate nelle faq. In sostanza, per fare la tesina, si tratta di prendere tutto il materiale appreso come una sorta di cassetta degli attrezzi dell'analisi antropologica, e applicare alcuni di quegli strumenti/concetti a un oggetto esterno agli oggetti trattati nel corso. Come in un laboratorio artigianale si fa un pezzo finale, così nel mio corso di antropologia se si è fatto l'esonero o esame scritto, bisogna dimostrare che quel sapere teorico è convertibile in strumenti di analisi concreta. Prendete una cosa che già conoscete e analizzatela con i nuovi strumenti che avete appreso nel corso. L'obiettivo è dimostrare che l'antropologia culturale VI SERVE in senso letterale, che i suoi strumenti sono al vostro servizio per acquisire consapevolezza del mondo in cui vivete e delle regole che lo determinano.

Se invece avete seguito il blog e risposto alle domande, la questione è diversa. Quel che valuto è soprattutto la costanza del lavoro, il lento partecipare al laboratorio artigianale lezione dopo lezione. Alcuni post (col cavolo vi dico quali, ma sappiate che sono tre) vengono anche valutati nel merito, cioè per il loro effettivo contenuto, con un giudizio a tre livelli (A ottimo, B decente, C vabbe').
Se QUALCHE VOLTA non avete risposto questo ovviamente influirà sul punteggio che vi verrà assegnato per il blog. Se avete risposto a tutto e avete preso A in tutti e tre i post valutati, vi viene dato un punteggio di 27, da cui partite quando farete il mini-orale su Vite di Confine. L'orale come capite vale 3 punti massimo, da sommare al punteggio del blog. Non prevedo lodi, da quest'anno, se non per casi veramente eccezionali che valuterò di volta in volta.
Se non avete risposto integralmente sul blog, dunque, tenete conto che il vostro punteggio di partenza in vista dell'orale sarà necessariamente inferiore a 27 e non potrete arrivare a 30. Se ASPIRATE al 30 dovrete dunque venire il 18 novembre a rispondere alle domande sugli argomenti a cui non avete risposto tramite il blog. Sto programmando un ulteriore esonero il 22 dicembre ma non è per nulla certo che riuscirò a organizzarlo, per cui per ora puntate al 18 novembre (se non puntate al 18 sul libretto...).
Resta inteso che, come ogni docente universitario, alla fine  del percorso di valutazione io vi posso proporre un voto finale, che potete accettare o rifiutare. Dato che ho il cuore tenero, il rifiuto del voto non implica la perdita di tutto il lavoro di valutazione fatto: non si deve cioè pensare che se non si accetta il voto proposto si dovrà ricominciare da zero il percorso di valutazione  con l'esame canonico. Si può invece assieme discutere su quali sono i punti deboli che hanno provocato un abbassamento del voto finale, e concordare un'integrazione orale da sostenere negli orari di ricevimento.
Spero con questo di aver chiarito la cosa per tutte e tutti.

domenica 12 novembre 2017

Antropologia culturale #16 e #17

8 e 9 novembre 2017. Ultime due lezione del modulo A, quello introduttivo all'Antropologia culturale. Entrambe (prima e seconda) dedicate alla lettura di Vite di confine, sull'identità degli uomini e delle donne della Macedonia occidentale greca. Non mi metto certo in un post del blog a riassumere cosa sia la Macedonia, intesa come regione geografica che sottende sempre una questione politica, che viene da una lettura nazionalista e anacronistica della storia, che ha determinato un intrico etnico difficile non solo da comprendere, ma anche solo da raccontare.
Ma non è ovviamente il "mistero" o la "stranezza" della Macedonia, l'oggetto del libro, e piuttosto la sua banale confusione identitaria di fronte a troppi discorsi nazionali confliggenti.
La cosa strana, quel che va storicamente spiegato, è invece il lento distendersi delle compatte identità nazionali, fatte di individui omogenei, uguali a sé stessi nel tempo, armonicamente unificati. Visto che questo processo di costruzione nazionale non ha potuto avere luogo in Macedonia perché troppi rivali si urlavano culturalmente, politicamente e militarmente uno sulla testa dell'altro, gli abitanti della Macedonia hanno continuato a praticare il modo pre-nazionale dell'appartenenza, vale a dire un sistema contestuale e fluido di variazioni, compresenze, multi-disponibilità politiche. Solo che, a partire dall'ingresso dei discorsi nazionali, vale a dire dalla metà dell'Ottocento, quel discorso fluido di quella che ho chiamato diaforentità ingloba paradossalmente anche tutto l'armamentario della nazione moderna, di fatto irridendone le premesse naturaliste. Invece di assecondare il discorso nazionale, la diaforentità macedone ne svela la matrice politico-culturale, de-naturalizza la nostra (di tutti) appartenenza nazionale. Il risultato, lo sappiamo, è stato purtroppo l'opposto, e invece di criticare il discorso naturalizzante della nazione si è prodotta un'immagine (naturalizzata) dei Macedoni come "carenti di identità nazionale". Questa strategia è stata riapplicata decine di volte nel mondo della politica globale, ma forse in Macedonia ha raggiunto la sua perfezione teorica. Con conseguenze "balcaniche" che possiamo osservare ancor oggi.

Per queste due lezioni non c'è una domanda scritta, dato che lo studio del testo verrà verificato oralmente per tutti gli utenti del blog e con due domande scritte per chi non ha partecipato ai commenti del blog. Ricordo, a scanso di equivoci, che le due lezioni sono state solo una guida introduttiva generale, una mappatura di alcuni temi (soprattutto  storici) del testo, mentre la verifica orale verterà sui singoli dettagli (storici, etnografici, antropologici, filosofici) del libro. Insomma, tutti e tutte avvisati: il libro va studiato con cura, con attenzione, con precisione.Va incorporato con lo stesso metodo di analisi culturale con cui abbiamo visto deve lavorare l'antropologia come scienza sociale.

giovedì 9 novembre 2017

Anthropology of Globalization for Global Governance #10 & #11

 6 and 8 November 2017. Religion, culture and globalization, these the topics for this double class. First we visited the Sanctuary of the Divine Love, on the via Ardeatina. We wanted to see with our eyes what it means when a pilgrimage becomes a procession, and discover the huge moral distance between the old and the new sanctuary.
In class we discussed on a more theoretical level the impact of Catholic religion in shaping a city like Rome and the social consequences on the organization of space.
It was important to insist of the fact that locality is socially constructed and religion, through its RITUALS, offers one of the strongest tools for that construction. We saw how many replicas of the icon of the Divine Love there are in Rome, as signs of the need to anchor one’s life to some physical element in the space.
Then we analysed the second dimension of religion in the urban space, namely its capacity to project the city, like a brand, on a global scale of visibility, and we considered the role of John Paul II in globalizing Catholicism through his ability in creating MEDIA EVENTS.


Q1. After carefully reading the article on Homogeneity and Superdiversity in Rome, explain with an example of your choice how religion plays a role in creating the current shape of public space in Rome.x

domenica 5 novembre 2017

Antropologia culturale #14 e #15

2 e 3 11 2017. Due lezioni sulla parentela (prima e seconda). Non mi soffermerò qui sui tecnicismi che abbiamo affrontato, ma sulla ragione del perché è importante apprendere quei tecnicismi. Si tratta di comprendere che l’azione antropoietica della cultura si concretizza anche nel nostro sistema cognitivo e morale: la cultura ci modella non solo fisicamente, facendoci maschi, femmine e cantanti (come diceva De Andrè, in una canzone che si potrebbe ascoltare come l’ammissione del fallimento della parentela nel Novecento occidentale), non solo nell’organizzazione neuronale del nostro cervello (come abbiamo visto con l’esempio dei tassisti londinesi) ma entra nel modo in cui pensiamo e consideriamo normale o naturale qualunque cosa. È dentro l’ovvio che la cultura è più attiva, più produttiva. In quel che diamo per indiscutibile, che non ha bisogno di un confronto o di una studio, in quel che nessuno dovrebbe mai mettere in discussione perché è indiscutibile.
Per questo vale la pena di studiare la parentela, come l’ovvio delle relazioni sociali, l’imprescindibile di quel che diamo per scontato nel modo più assoluto. Tutti noi abbiamo chiara la distinzione tra parentela e amicizia come la distinzione tra relazione assegnate, ascritte, e invece relazioni scelte, volute. Bene, l’antropologia culturale ci dimostra che questa distinzione esiste in tutte le culture, perché tutte le culture vogliono avere a loro fondamento delle relazioni sentite come necessario e imprescindibile, ma dove si debba collocare quel confine tra necessario e voluto è una questione interamente culturale, non naturale. Se questo punto, con le due lezioni in oggetto, è chiaro, allora abbiamo fatto il salto e siamo entrati nella prospettiva dell’antropologia culturale.
Tutti i diversi tecnicismi analizzati stanno negli appunti disponibili, e ripeto che qui non sintetizzerò il perché della differenza tra cugini paralleli e cugini incrociati, o su come funziona lo scambio diretto o la residenza postmatrimoniale avuncolocale, ma tutto questo materiale di studio deve diventare oggetto di riflessione su questo tema:


Q1. Misurate lo scarto che esiste tra la vostra rete di parenti biologici e la vostra rete di relazioni simil-parentali sociali. Potete anche pensarlo in forma grafica con i simboli che abbiamo studiato in classe.

mercoledì 1 novembre 2017

Anthropology of Globalization for Global Governance #08 & #09

30 and 31 October 2017. Time to begin to read with this class, presented in two parts (part one, part two). So far, we have discussed three main dimensions of culture, its being acquired, shared and symbolic, but we didn’t touch yet the methodological question. How do we investigate this strange thing we name culture? We don’t have time to read a real methodological essay, so we subsume method from a theoretical reading, namely one of the most important essays of cultural anthropology of XX century, Thick Description: Toward an Interpretive Theory of Culture (1973), by Clifford Geertz.

We insisted a lot on the difference between thin and thick description, with the twitch/wink example (by Gilbert Ryle) and other fictive case studies (the alien ethnographer rematerialized in a Church during a Baptism ceremony). We came up to the point that a true thin description is impossible, and we humans wander among unintended descriptions void of their meaning for we are (culturally, not cognitively) unable to understand it because of a lack of interpretive work.
Another way to put it is that description is the wrong term for this type of game. Description should be replaced with interpretation, which is the real activity for an anthropologist on the field. If culture is a web of signs, we have no other tool than interpretation to understand it. This is what Geertz explains to us in his essay, the interpretive necessity. Pay attention now. He wants to explain us the necessity of using interpretation for understanding cultural reality (since culture is semiotic in its essence) and in order for us to achieve that point, he does practice in the essay and asks us to practice as readers the interpretive approach. If we want to understand what interpretation means according to Geertz, we have to follow him while he practises interpretation in understanding what his informant (an old Jewish merchant named Cohen) tells him. But “to follow him” means that we have to interpret his interpretations of what Cohen tells him, which indeed is a collection of interpretations of what Cohen remembers of the way he has experienced some strange events in his young life, some fifty years before recollecting those facts for the anthropologists. Yet, “if we want to understand” means in its turn that we have to interpret all this stuff for our didactic purposes (after all, we want to learn how to do ethnography, the real goal of this class). To sum it up, to learn what interpretation is, we have to interpret what an anthropologist writing an essay has interpreted of his own fieldnotes, taken while interpreting an old Jewish merchant who was interpreting the recollections of a strange sequence of good and bad interpretations by himself, some Berbers and some French soldiers. Bottom line? If we want to learn interpretation, we have to practise it.
Now, think of the further paradox, which is a university professor who wants to teach all this stuff. I have to add a further layer of interpretation, hoping you can grasp all that it entails (the interpretations of interpretations of interpretations…). Needless to say, “you can grasp” means that you can interpret my interpretation in the correct way…

This is the reason why most of class was devoted to interpret just a couple of pages, where Geertz reports his fieldnotes from the conversation with Cohen. If we read them as a thin description (without a real meaning), those pages are boring and useless, but if we spend the necessary time and study to interpret them in the right way, they are incredibly rich a source of information. Not only about a young Jewish merchant, but also about what it was to be a minority those years in that area, what was French colonialism, what was violence and honour and feud and oppression and irony and cultural sharing and cultural misunderstanding and lots of other Ochobo-like cultural things.
If you have understood why the French put the poor Cohen in prison when he came back with his ’ar I am the happiest professor in the world, because it means you have properly applied the interpretive method. And if you applied it, that means you know how to use it, and that means you know what it means. You have understood the ethnographic interpretive method because you have understood what an old Jewish merchant almost half a century ago told to an American anthropologist. Good point, you are on the verge of becoming a real ethnographer. Now you can apply the same method to other realities. Study carefully what Geertz explains about the interpretive method and its consequences and then come back here to answer this question.

Q1. Bring me a relevant example when you had to apply with care the interpretive method to escape from a thorny situation (as did Cohen with the French Captain, or the Berber rebels with the Marmushans, or the anthropologist with the merchant).