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lunedì 27 maggio 2019

Il doppio record del Municipio delle Torri


Guardando a queste europee dalla periferia romana, colpisce il doppio dato del VI municipio, detto delle Torri, quello dove si trova l’università per cui lavoro, Tor Vergata, e il polo culturale ex Fienile con cui lavoro sul territorio.

Il dato è il doppio record, di voti alla Lega (il massimo in città, 36,8%, mentre nel comune è al 26%) e di affluenza alle urne (in questo caso il minimo a Roma, 42,4, nettamente inferiore al 56,5 dell’intero comune). Allora, dalle mie parti si vota pochissimo, e si vota a destra alquanto arrabbiati, pare.
Non ho idea di come la prenderanno i locali amici 5S, convinti che la valanga che aveva eletto Virginia Raggi avesse un’impronta sanamente popolare, e non biecamente populista come altri temevano.

A me resta il senso di sgomento per le prospettive di questa città. Per prendere il 26 (e quasi il 37 in periferia) la Lega ha potuto pescare candidati ovunque nel paese, date le dimensioni ultraregionali dei collegi elettorali. Ma se spera di bissare il successo alle prossime comunali (come sembra aver puntato da mesi, da quando Salvini ha iniziato a stuzzicare la sindaca ad ogni occasione) la Lega dovrà trovare candidati nella città metropolitana, e su questo c’è veramente da temere.

Se il M5S poteva far conto su una marea sbriciolata di semplicioni un po’ bislacchi ma anche bonari e fondamentalmente innocui (ormai è evidente: si sono candidati e sono stati eletti quasi tutti “individui”, veri cani sciolti con pochissimi precedenti legami intermedi con il corpo sociale e politico della città, e senza veri contatti con l’associazionismo, che è invece la spina dorsale che ancora impedisce a Roma di collassare su sé stessa), la strategia di reclutamento della Lega dovrà essere ben altra. Per fare l’amministratore grillino bastava avere un po’ di buon cuore, tanto amore per il popolo e una dose di risentimento adeguata, ma per candidarti nella Lega a Roma devi proprio essere cattivo, di quelli duri, che gli viene la bavetta all’angolo della bocca a forza di parlare nel megafono; che parla male di papa Francesco e dei suoi cardinali comunisti; che strizza l’occhio agli ultrà più violenti e che pensa che la crisi abitativa (cronica in questa città) vada risolta una volta per tutte con gli sgomberi; che crede veramente che i rom non si meritino le case popolari in nessun caso (ma non meritino neppure di vivere nei campi, e vai di ruspa); che credono veramente che “Mussolini ha fatto anche cose buone”; che non hanno alcun ritegno nell’incazzarsi e nel mostrare i bicipiti; che amano indossare divise, possibilmente di Forze dell’ordine.

Dove li andrà a reclutare, tutti questi celoduristi in una città come Roma, da sempre attenta ad essere tollerante, molliccia fino al fastidioso, pigra fino al punto di essere pacifica pur di risparmiare energie? Io ho il timore che dovrà proprio raschiare il fondo del barile sociale della città, prendersi il peggio del peggio e consegnargli la città: tiè, fanne strame.

Per questo dobbiamo continuare a lavorare, a fare il nostro lavoro di formazione, di inclusione, di preparazione. Portare i tanti disillusi a partecipare, a votare, a far sentire la loro voce anche se non è un urlo incazzato, anche se è solo una storia di periferia, di vita quotidiana, di battaglia coi bus e con i servizi che mancano.
Per questo non molliamo, noi del fienile, con la nostra Scuola di politica, e domani ospitiamo Renato Curcio. Un nome condannato dalla sua condanna (scontata tutta), un sociologo che ha molte cose da insegnare (più ora, direi, di quante non ne avesse quando è stato messo in galera) e una testa che non ha mai smesso di pensare connettendosi al pensiero di altri. Vi aspettiamo, alle 18, a largo Mengaroni, a Torbellamonaca.