A parte che è stagione, ieri sera ho visto a spezzoni, Il popolo migratore, un film che vale la pena di guardare comunque. Mi sono reso conto che non ho la più pallida idea di cosa facciano gli uccelli “lì”. Qui, lo so: si corteggiano, nidificano, si accoppiano, allevano i loro pulcini. Insomma, lavorano. Ma cosa fanno quando se ne sono andati? Tutti i documentari che ho visto finiscono invariabilmente con la morte per sfiancamento o con l’arrivo alla felice e tiepida nuova destinazione. Da quel momento in avanti, buio.
Temo di aver soprapposto da anni il mio modello umano a quello aviario. Come io lavoro e poi parto in vacanza, così devo aver creduto che gli uccelli qui lavorino, e lì si riposino. Ma non mi sembra plausibile, a pensarci un poco.
Tanto per riflettere come anche sulle cose più incongrue tendo a imporre schemi di comprensione che me le rendano facili da digerire. Il mio modello lavoro/vacanza mi ha reso per anni del tutto inessenziale la questione di cosa facciano gli uccelli migratori durante quei cinque-sei mesi in cui non sono dalle mie parti.
Ho insegnato a Venezia, Lubiana, Roma, Napoli, Firenze, Cosenza e Teramo. Sono stato research assistant alla Queen's University of Belfast e prima ho vissuto per due anni in Grecia, per il mio dottorato. Ora insegno a Tor Vergata e nel campus romano del Trinity College di Hartford (CT). Penso che le scienze sociali servano a darci una mano, gli uni con gli altri, ad affrontare questa cosa complicata, tanto meravigliosa quanto terribile, che chiamano vita.