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sabato 10 febbraio 2007

Travagli

Marco Travaglio è una persona intelligente. Lo si capisce da quello che scrive, da come scrive, dalla capacità di argomentare le sue posizioni, anche quando non considivisibili.
Marco Travaglio sembra anche una persona a modo, un piemontese fedele al suo stereotipo etnico di persona "cortese". Lo si vede da come parla, sempre compito, senza bisogno di alzare la voce perché lui porta la forza degli argomenti.
Ecco, se Marco Travaglio è veramente intelligente e a modo, non capisco cosa lo trattenga dal leggere le carte dei processi in cui è stato coinvolto Adriano Sofri con la stessa cura e la stessa lucidità con cui ha letto le carte dei molti processi a Berlusconi e ad altri personaggi del suo entourage. Se lo facesse, proprio perché ha dimostrato in diverse occasioni di essere intelligente e compito, non potrebbe non rendersi conto che (indipendentemente dalle effettive responsabilità di Adriano Sofri nell'omicidio del commissario Calabresi) i processi che tengono in galera Sofri sono stati condotti in modo indecente.
Che Sofri abbia detto e scritto cose terribili quando era a capo di Lotta Continua non è una ragione sufficiente per essere condannato alla galera per omicidio senza la minima prova, tanto più se Sofri ha dimostrato da tempo, molto prima di essere arrestato, il suo totale ravvedimento rispetto a quelle parole.
Che la vedova D'Antona abbia da ridire se Sofri partecipa a un incontro in cui si discute delle sorti del Partito Democratico è una scelta che merita rispetto: chi si è visto sottrarre un proprio caro in quel modo barbaro e devastante ha il diritto al risentimento.
Ma Travaglio no, a meno che non ci sia qualcosa del suo passato che non sappiamo. Se è veramente quel che sembra, se il suo spirito coincide con l'immagine che dà di sé in pubblico, allora si legga le carte dei processi Calabresi, e la smetta di fare del male a un uomo mite in galera da troppi anni e alla sua stessa immagine di giornalista inflessibile ma non prevenuto.