Giuro che, da quando l’ho messo per iscritto su questo sito, ho smesso di comprarlo. Ora cedo solo, e non sempre, a quello rosa del lunedì, che in realtà è una compilation del meglio uscito in edicola nella settimana (si trova perfino roba di Repubblica!) e quindi non è, propriamente, il Foglio se non fosse per il fondo dell’immarcescibile direttore.
Giuliano Ferrara ‘sta settimana ci ha preparato un piatto dei suoi, succulenti. Ecco l’incipit: “L’abrogazione mediante pillola del ciclo mestruale è parte di un pacchetto della contemporaneità offerto in saldo commerciale alle donne in nome del primato universale del corpo desacralizzato...” e via sproloquiando. Non si capisce perchè un maschio di mezza età debba preoccuparsi delle femmine di età fertile, ma ognuno ha gli hobby che crede.
L’articolo, di per sé, non sarebbe una notizia, se non fosse per un apprarente refuso che ho trovato all’inizio della seconda colonna. Quando, dopo aver parlato di questi mostri che prendono la pillola, decide di prensentarci il suo ideale femminile, Ferrara si aggrappa a Alessandra Di Pietro e Paola Tavella e Eugenia Roccella, che sarebbero alcune tra le “...tante altre femminsite [SIC, leggete bene, non c'è scritto femministe] laiche e cattoliche insofferenti del maltrattamento reale, mascherato di idolatria, cui è sottoposto il corpo femminile”. Interessante, no? Non avevo mai letto un refuso sul foglio (a parte gli errori che mettevano a bella posta l’anno scorso, ma era un concorso e si vincevano premi). Ma questo sembra più di un refuso, sembra un lapsus calami. Se si è d’accordo con Ferrara e si è femmina, si è femminsita, crasi di “femmina ammansita” cui, guarda un po’, non serve neppure “insegnare la modestia”.
Ho insegnato a Venezia, Lubiana, Roma, Napoli, Firenze, Cosenza e Teramo. Sono stato research assistant alla Queen's University of Belfast e prima ho vissuto per due anni in Grecia, per il mio dottorato. Ora insegno a Tor Vergata e nel campus romano del Trinity College di Hartford (CT). Penso che le scienze sociali servano a darci una mano, gli uni con gli altri, ad affrontare questa cosa complicata, tanto meravigliosa quanto terribile, che chiamano vita.