Non mi ero reso conto che l’abolizione del limbo, lungi dall’essere un amorevole atto per i famosi parvulos (in consonanza con il datore di lavoro che era un tenerone vero, e lo dico con sincero rispetto), era invece una mossa strategica di marketing: come faccio a vendere i piccoli “uccisi dall’aborto” se poi da morti li piazzo in un magazzino di seconda scelta come il limbo? Non avevano alternativa, dovevano abolire il centro residenziale di serie B, e fare in modo che i mass media ne parlassero intensamente, cosa che si è verificata.
Se qualcuno pensa che il mio sia un retropensiero malevolo, si veda quel che hanno detto gli “esperti vaticani” al CdS del 21 aprile: “...spiegano che l’abolizione del limbo non è un fatto solo teorico, bensì un «problema pastorale urgente», dato che il numero di bambini morti senza battesimo è in aumento, sia perché molti genitori non sono cattolici, sia perché molti piccoli sono «vittime di aborti»”.
Dunque,
a) visto che la battaglia, ora, è contro l’aborto, e
b) visto che il limbo ostacola oggettivamente questa battaglia (dato che ci fa fare la figura degli ipocriti che difendono i feti ma negano alle loro anime la beatitudine eterna), allora
c) aboliamo definitivamente il limbo.
Con il che si dimostra (suppongo involontariamente) da parte degli stessi tenutari della Verità astorica che la verità è un prodotto della storia e della politica del presente.
Ho insegnato a Venezia, Lubiana, Roma, Napoli, Firenze, Cosenza e Teramo. Sono stato research assistant alla Queen's University of Belfast e prima ho vissuto per due anni in Grecia, per il mio dottorato. Ora insegno a Tor Vergata e nel campus romano del Trinity College di Hartford (CT). Penso che le scienze sociali servano a darci una mano, gli uni con gli altri, ad affrontare questa cosa complicata, tanto meravigliosa quanto terribile, che chiamano vita.