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mercoledì 25 luglio 2007

Cipresso nero

Μαύρο κυπαρίσσι.mp...

L'autore di questi versi è Mihàlis Gkanàs. Conosco altre sue canzoni o poesie, molte dallo stesso album sono belle, ma questa è maledettamente (il caso di dirlo) bella. Solitamente cerco di non indulgere in sentimenti di questo tipo, ma per una volta faccio eccezione. Se cliccate sul link potete ascoltare direttamente la canzone, cantata da Eleutherìa Arvanitàki, una delle voci più belle della musica greca attuale, e la trovate nell'album "Ta kormià kai ta mahaìria", che pronuncia circa "ta cormià che ta mahèria" e significa "I corpi e i coltelli", un album che da quando è uscito (1994) non si è mai spostato dalla top ten del mio lettore (cd e poi mp3). E' un disco credo sorprendente per chi crede che la musica greca sia tutto bouzoukia e "opa!", anche perché è scritto con le musiche di Ara Dinkjian. Ma ecco i versi, con il metodo ormai classico: prima l'originale poi la mia versione. PS: sto traslocando e non trovo il mio fidato dizionario di greco per verificare la traduzione, che è stata fatta quindi tutta "a braccio" e potrebbe contenere qualche imprecisione.

Μαύρο κυπαρίσσι

Ήταν μια φορά ένας άνθρωπος
ήσυχος πολύ και ξαρμάτωτος.
Είχε σπίτια και λιβάδια
και κοπάδια και σκυλιά
κι ένα δίχτυ που ‘πιανε πουλιά.

Είχε κρύα βρύση στον κήπο του
μαύρο κυπαρίσσι στον ύπνο του.

Μια γυναίκα αγαπούσε
που τραγούδαγε συχνά
και μιλούσε πάντα σιγανά.

Δεν κατάλαβε πώς την έσφαξε
κι ό,τι αγαπούσε το έκαψε,
τα λιβάδια, τα κοπάδια,
τα τραγούδια, τα φιλιά
και κανείς δεν έβγαλε μιλιά.

Στάθηκε μπροστά στα χαλάσματα
κι έβαλε Θεέ μου τα κλάμματα.
- Να ‘χα σπίτι και γυναίκα
και κοπάδια και σκυλιά
κι ύστερα τον πήραν τα πουλιά.

Il cipresso nero

C’era una volta un uomo
Molto tranquillo, e lavoratore
Aveva case, e campi,
e greggi, e cani
E una rete, per cacciare gli uccelli

Aveva una fonte fredda nel giardino
E un cipresso nero nel suo sonno

Amava una donna
che cantava di continuo
E che parlava sempre sottovoce

Non seppe dire come la sgozzò
Né come bruciò tutto quel che amava:
i campi, le greggi,
le canzoni, i baci
Ma nessuno osò dire una sola parola.

Fissò immobile quelle rovine
E – dio mio – iniziò a piangere:
– Se avessi una casa, una moglie,
e le greggi e i cani…
Poi gli uccelli se lo portarono via.