Forse una delle qualità migliori di BC, come poeta, è quella di costringermi ad accettare la bellezza di tante cose che non ritengo tali. Una piccola pedagogia dell'estetica ad ogni poesia, che viene sistematicamente presa a pugni dal mio perbenismo, dalle mie paure, dalle mie resistenze a "lasciar andare",come si dice.
Non sono un amante dei night club, o dei locali serali/notturni in generale. Troppa gente, troppo fumo, "too much to name, too much to think about", come dice proprio BC parlando di tutt'altro, in un'altra poesia.
Ma questa è così delicata nel portarci dentro, un'entreneuse stranamente contenuta, che non chiederà neppure un bicchiere a caro prezzo, in cambio, ma solo un po' di orecchio, per lei e la sua storia, e la sua musica.
Night Club
You are so beautiful and I am a fool
to be in love with you
is a theme that keeps coming up
in songs and poems.
There seems to be no room for variation.
I have never heard anyone sing
I am so beautiful
and you are a fool to be in love with me,
even though this notion has surely
crossed the minds of women and men alike.
You are so beautiful, too bad you are a fool
is another one you don't hear.
Or, you are a fool to consider me beautiful.
That one you will never hear, guaranteed.
For no particular reason this afternoon
I am listening to Johnny Hartman
whose dark voice can curl around
the concepts on love, beauty, and foolishness
like no one else's can.
It feels like smoke curling up from a cigarette
someone left burning on a baby grand piano
around three o'clock in the morning;
smoke that billows up into the bright lights
while out there in the darkness
some of the beautiful fools have gathered
around little tables to listen,
some with their eyes closed,
others leaning forward into the music
as if it were holding them up,
or twirling the loose ice in a glass,
slipping by degrees into a rhythmic dream.
Yes, there is all this foolish beauty,
borne beyond midnight,
that has no desire to go home,
especially now when everyone in the room
is watching the large man with the tenor sax
that hangs from his neck like a golden fish.
He moves forward to the edge of the stage
and hands the instrument down to me
and nods that I should play.
So I put the mouthpiece to my lips
and blow into it with all my living breath.
We are all so foolish,
my long bebop solo begins by saying,
so damn foolish
we have become beautiful without even knowing it.
(Billy Collins)
Night Club
Sei così bella, e io sono uno stupido
a essere innamorato di te
è un motivo che continua a presentarsi
nelle canzoni e nelle poesie.
Non sembra esserci spazio per alcuna variazione.
Non ho mai sentito uno cantare
sono così bello
e tu sei una stupida ad esserti innamorata di me,
anche se quest’idea ha senza dubbio
attraversato in egual misura la mente di uomini e donne.
Sei così bella, peccato tu sia stupida
è un’altra che non si sente proprio.
Oppure, sei uno stupido a considerarmi bella.
Questa non la sentirete mai, sicuro.
Senza un motivo particolare questa sera
sto ascoltando Johnny Hartman
la cui voce scura può arrotolarsi attorno
ai concetti di amore, bellezza e stupidità
come quella di nessun altro.
Sembra fumo che si arrotola da una sigaretta
che qualcuno ha lasciato a bruciare su di un piano a mezza coda
più o meno alle tre di mattina;
fumo che ondeggia verso le luci intense
mentre lì, in mezzo al buio
alcune stupide bellezze si sono raccolte
attorno a piccoli tavoli per ascoltare,
un po’ con gli occhi chiusi,
altre protese avanti verso la musica
come se le sostenesse,
o mentre ruotano il ghiaccio che si scioglie nel bicchiere,
scivolando poco a poco in un sogno ritmato.
Sì, c’è tutta questa stupida bellezza,
fiorita dopo mezzanotte,
che non ha voglia di tornare a casa,
soprattutto ora che tutti nella stanza
stanno guardando l’uomo imponente con il sax tenore
che gli pende dal collo come un pesce d’oro.
E viene avanti, al bordo del proscenio
e si china a porgermi lo strumento
e con un cenno mi fa capire che tocca a me suonare.
Così porto alle labbra l’imboccatura
e ci soffio dentro con tutto il fiato che mi è dato.
Siamo tutti così stupidi,
inizia a dire il mio lungo assolo bebop,
ma così assurdamente stupidi
che siamo diventati belli senza neppure rendercene conto.
(Traduzione di Piero Vereni)
Ho insegnato a Venezia, Lubiana, Roma, Napoli, Firenze, Cosenza e Teramo. Sono stato research assistant alla Queen's University of Belfast e prima ho vissuto per due anni in Grecia, per il mio dottorato. Ora insegno a Tor Vergata e nel campus romano del Trinity College di Hartford (CT). Penso che le scienze sociali servano a darci una mano, gli uni con gli altri, ad affrontare questa cosa complicata, tanto meravigliosa quanto terribile, che chiamano vita.