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domenica 22 aprile 2018

Islam italiano


2018 0422 Caro amico musulmano italiano, fratello mio, 
ho riflettuto a lungo sulle parole che ci siamo scambiati rapidamente ieri pomeriggio, alla fine della bella giornata organizzata alla Moschea di Centocelle, in via dei Frassini. Ti avevo detto che sono molto preoccupato per l’eventualità che un accordo politico ora (o, come la vedo io, in vista delle prossime elezioni, che salderanno in un’unica coalizione elettorale i vincitori di oggi, separati da ragioni allora contingenti e ora non più sussistenti) possa produrre seri problemi per tutti i cittadini anomali, vale a dire stranieri, riottosi, senza casa, senza passaporto, senza la giusta lingua o il giusto dio.
Ti ho detto, con franchezza, che a me, personalmente, la questione tocca molto poco: sono riconoscibile come italiano, bianco, con una solida istruzione cattolica (anche se non sono credente), per di più maschio, dipendente pubblico garantito, non pago neppure il mutuo perché io e mia moglie veniamo dalla media borghesia, ho il dottorato di ricerca, vale a dire il massimo titolo di studio, ho una famiglia che fatico a volte a mantenere solo perché gli standard che implicitamente ci siamo dati sono piuttosto elevati (almeno per le mie origini comunque provinciali e operaie, che mi hanno insegnato un’etica della morigeratezza). Insomma, per quel che riguarda me e i miei più stretti cari, chi governa, governa. Diversa invece sarà la situazione per molte delle persone con cui lavoro, le persone “che studio”: occupanti abusivi, immigrati irregolari o in condizioni lavorative complicate, mamme spesso straniere e sole, padri stranieri con le famiglie e migliaia di chilometri, persone detenute, musulmani e altri credenti di fedi minoritarie nella cattolicissima Italia.
Per tutti questi, pensavo, le condizioni di vita non potranno che peggiorare se il Governo che si prospetta terrà fede alle promesse elettorali, fatte di merito, giustizia senza sconti, rabbia finalmente sfogata, prima Noi, vale a dire noi italiani, bianchi, cattolici, legati ai sani valori di una volta.
Mi hai detto che non è detto. Che i musulmani si stanno già muovendo, che avete già dei contatti nelle sfere politiche che contano, e un interlocutore che partecipava al nostro scambio ha aggiunto che Salvini stesso era stato in Marocco a invitare gli imprenditori italiani, che il giuramento sul Vangelo era solo uno specchietto per le allodole. Ho fatto notare che la propaganda può non essere creduta da chi la mette in atto, ma certamente lo è da coloro cui si rivolge. Mi hai ribattuto che ci sarà posto per l’islam in Italia, che non è detto che sia poi così male.
Ho capito di colpo, guardando alle nostre spalle, nella moschea divenuta un centro culturale, quei ragazzi di seconda generazione, di famiglie bangladesi, marocchine, tunisine, pachistane, che tra loro parlano italiano ma ancora provano a ricordarsi il bengalese, l’arabo, l’urdu, e si sforzano di ricordarsi o di imparare come si scrivono, quelle lingue di un tempo, ora appannate nella voce dei genitori. Ho guardato quelle ragazze in jeans o con il velo indossato solo nello spazio di preghiera, e ho pensato che sono nella situazione peggiore: non sono abbastanza italiani, con quelle pelli olivastre, quei veli sul capo; e forse non sono abbastanza musulmani per gli adulti delle loro “comunità”, con quegli abiti troppo italiani, quelle preghiere recitate in arabo con accenti insoliti, quei gusti musicali inopportuni, quel loro connettersi, parlare troppo italiano, chattare.
Ho capito guardandoli e pensando alla loro condizione giuridica che con il Governo che si preannuncia un certo Islam verrà tollerato. Non certo l’Islam rigoglioso di differenze, pieno di contraddizioni, pasticcione, riottoso, produttivo, creativo, ribelle, fiero della propria forza razionale, grandioso nell’organizzare la vita quotidiana connettendola a quadri di senso più ampli, in grado di scrivere poesie inebrianti, musiche veramente divine, architetture commoventi, geometrie funamboliche, commistioni senza ritegno in nome dell'unicità della Divinità, che accetta e riconosce la pluralità delle sue creature.
No, quell’Islam, che gronderebbe dalle vite delle seconde generazioni (se solo li lasciassero fare e non li colpevolizzassero per il loro continuo non essere “abbastanza”), quell’Islam che ancora li attrae come attrae gli italiani che si convertono, che sentono il profumo di libertà dalle gerarchie e la gestione individuale della spiritualità e della fede, quell’Islam sarà spazzato via.
Ma ci sarà ben altro posto per l’Islam retrogrado, fallocratico, oscurantista, ignorante, strumento di controllo e di oppressione. Quell’Islam ligio al potere (maschile), ossequioso verso chi comanda (gli italiani cattolici) perché preoccupato di tenere sotto controllo poliziesco “i suoi”, la propria maledetta “comunità”. L’islam di destra, quello sempre pronto a stare dalla parte del più forte, che sia Erdogan o qualche partito neoislamico di moda, ma ci va bene anche Salvini, basta che ci lasci fare. Quell’Islam che controlla la verginità delle sue figlie, ossessionato dal culto arabo dell’onore e dalla fissazione mediterranea della vergogna. Quello sì, immagino, avrà spazio: tutto legge e ordine, si sa chi comanda e si sa chi deve obbedire.
Non vedo legittimazione per altri Islam, con il Governo che si prospetta. Vi aspetta una bella fila di barbuti oscurantisti, rispettosi con i padroni e pronti a fare i padroni con la loro “comunità”, che metteranno in riga i giovani irrequieti, i riottosi che credono che si possa stare in questo paese con velleità artistiche, con spirito libertario, con creatività e passione, e credono, poveri illusi, che l’Islam sia uno strumento di approfondimento spirituale del loro Sé, un pungolo alla loro umana curiosità. No, quei musulmani scomodi verranno rimandati “a casa loro” (anche se sono nati a Torpignattara o all’Esquilino o a Torre Angela) e sostituiti con una bella truppa di cittadini con la terza media, bene che vada con qualche diploma triennale da meccanico, a riempire i posti nelle bancarelle dei mercati, a fare lavoretti a basso costo, commercianti di cianfrusaglie e banane troppo mature. Le donne a casa, mi raccomando, a tirar su figli ancora più miseri e ignoranti, maldestri nell’uso della lingua italiana, sconfitti e feriti dagli spigoli delle periferie orrende. Ci serviranno, alla fine, questi musulmani sottomessi, così non avremo neppure più la scusa di dover accogliere nuovi stranieri per coprire i lavori più umili, che nessun italiano vuol fare più. Ce li tireremo su in casa questi italiani di seconda classe, che pregano in arabo, ma a parte questo sono sottoproletari buoni come quelli di una volta.
Per piacere, amico mio, fratello musulmano italiano, non lasciare che questo avvenga facendo di ogni erba un fascio, confondendo l’amico che riconosce la potenziale bellezza della tua diversità religiosa con la pacca sulla spalla di chi ha capito come sfruttarvi per i suoi schifosi interessi nazionali e “popolari”.