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domenica 10 maggio 2020

De consolatione anthropologiae

In questi mesi di emergenza sanitaria tutti e tutte abbiamo dovuto rimettere mano alla definizione di noi stessi. Io credo che l'antropologia sia, prima che un modo di conoscere, un modo di comunicare fatto di attenzione e cura, e in questi giorni forse potrebbe farci bene. Vorrei parlarne così, questa sera, con gli amici della "Scuola di politica popolare" di "Grande come una città".


MUCCHE IN CITTA'

Essere lavoratori, essere genitori
essere studenti, essere insegnanti
essere poveri, essere impiegati
essere innamorati, essere soldati
essere dottori, essere signori
essere solitari, essere precari
essere capaci, essere tenaci.

Ognuno ha fatto i conti con nuove forme dello spazio
come in quei film di fantascienza
dove Einstein viene preso sul serio
e ti ritrovi dentro un warp o un quark o chissaché
e succede che non sei più quel che eri
e neanche lei
e neanche l'appartamento.

Non è detto che durerà
io spero presto tornerà tutto come prima
e porteremo ancora i bambini al prescuola
per non fare tardi in ufficio
e rientremo per tempo
per portarli a danza e fare intanto un po' di spesa.

Ma sarebbe da idioti fare finta
che non stia succedendo adesso, solo adesso perdio
e a questo Tempo tocca dargli un nome
un come un dove, perfino un amen, forse.

Non pretendo il perché da nessuno
non voglio spiegazioni teorie complicazioni
voglio che ci raccontiamo quello che succede
che non facciamo finta di nulla
pensando che basta stare rincantucciati
a far seccare le piante sul terrazzino
fin quando il Sacro Graal del vaccino
o un Nuova Teoria a tutto tondo
metterà a posto l'ordine del mondo
compresa la fila  di pianticelle
allora finalmente tutte morte.

Oppure coglionare in giro sputacchiando
come mucche sfuggite di colpo alla fattoria
pretendendo che l'erba lì fuori sia più verde
della fanghiglia che invece c'era prima.

Ché tanto lì fuori non ci sono malghe
non ci sono alpeggi, non ci sono altopiani
come non ci sono tregende, né per tanti cose tremende
non ci sono macellari sanguinari a inseguirci
a sgozzarci a noi con tutti i vitelli e la cornuta progenie.

Una cosa di mezzo, insomma, mucche cittadine
che al massimo le mette sotto
una macchina a caso che passa distratta
e non verranno sbranate dal Lupo Naturale
guadenti nel cupio dissolvi di un nirvana di provincia
ma neanche macellate sul nastro trasportatore
imposto dall'ennesimo Stato d'Eccezione.

Mucche che provano a capire
come funziona un semaforo pedonale
e con lo zoccolo si sforzan di pigiare
il bottone  della prenotazione
verso una sicurezza, o almeno un po' meno incertezza.

Mucche con lo sguardo decisamente bovino
il massimo che si possono permettere
ma quando si incrociano a debita distanza
non si buttano le zampe al collo come reduci
e neppure si guardano in cagnesco mucchesco
come se l'altra mucca fosse il Male svelato

Ma chiedono come va, come è andata, come è andato
questo tempo sfiancante e sfiancato
me la son cavata
te la sei cavata
ma hai saputo di coso, e cosa e tizio e caio
hanno avuto quello zio del nord
andato senza un saluto, senza un bacio
senza una preghiera un rito una bestemmia
hanno avuto quella nonna in provincia
hanno perduto quell'amico vicino di casa
nel silenzio, come la neve quando si posa.

E poi c'è anche Achille che è guarito
e suo figlio è tornato dall'estero
e non ci si capisce più niente
signora mucca mia
e così sia.

Ricucire un tessuto in cui ognuno
si senta almeno un piccolo nodo
non un atomo sperduto da solo
non un terrore scampato a sé stesso.

Guardarsi con cura cercarsi negli occhi
riconoscere il suono di quel campanaccio
brucare qualcosa con molta attenzione
sperando che i prati non si siano seccati.